Always Hope - QUATTRO

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Non ci fu bisogno di dirgli altro. Kate non sapeva cosa Rick stesse facendo, se stava solo passando del tempo fuori o se era a qualche riunione per la serie tv su Nikki Heat che sarebbe andata in onda quella primavera o a pranzo con qualche suo sponsor, lui le disse solo che stava per arrivare e Kate sapeva esattamente che quello voleva dire che il tempo che avrebbe impiegato per arrivare al loft era quello effettivo per coprire la distanza dal punto nel quale si trovava a lì. Non era un modo di dire, era effettivamente quello il senso: stava arrivando da lei.

Castle tornò ed appena aprì la porta del loft la chiamò, ma non ottenne risposta. Andò subito nella loro stanza e la trovò adagiata su un fianco tra i cuscini. Pensava stesse dormendo. Si sdraiò dietro di lei e quando la abbracciò sentì la mano di Kate prendere con forza la sua e stringerla per qualche secondo, per poi rilasciarla.
- Kate, cosa c'è?
- Solo un po' di dolori Castle, vedrai che passeranno presto. Rimani qui?
- Certo che rimango...
Si strinse a lei ed anche Kate sembrò rilassarsi con la sua presenza.
- Non dovevo chiederti di rimanere sola - gli disse portando la mano di lui sul suo petto.
- Non ti preoccupare, stai tranquilla. - Ma Rick sentì che strinse nuovamente la sua mano, non le chiese nulla, lei avrebbe negato, ma era evidente per lui che quei dolori non smettevano. Rimasero così per un po' e Castle aveva cominciato a calcolare, guardando l'orologio se quei dolori si presentavano in maniera costante. Era così. Nell'ora successiva aveva calcolato che si erano ripetuti ad una distanza di circa 15 minuti. Stava per chiederle se quella mattina avesse avuto altri casi di dolori simili, quando lei si alzò dicendo che doveva andare in bagno. Pochi minuti dopo Rick si sentì chiamare e si precipitò da lei. Kate era pallida e con i lineamenti tesi.
- Credo di avere delle perdite - gli disse con un filo di voce
- Hai pensato che quei dolori possono essere delle contrazioni? - Rick fece questa domanda a Kate e la vide irrigidirsi ancora di più. Le si avvicinò prendendole la mano. - Credo che dovremmo andare in ospedale.
Rick le sorrise era emozionato e preoccupato allo stesso tempo, ma non vide in Kate la sua stessa gioia, si era anzi incupita.
- No, non può essere...
- Sì, Kate, può... Hai dei dolori ad intervalli regolari, può essere. - Sembrava che le stesse ribadendo l'ovvio. Uscì dal bagno, rimettendosi velocemente le scarpe e prendendo la borsa che avevano preparato qualche giorno prima per quando avessero dovuto andare in ospedale. Kate era uscita dal bagno e vedendolo con la borsa in mano lo fermò.
- Non può essere oggi, Castle, non mi serve quella. Andiamo solo per farmi controllare, ok?
- Va bene, la porto solo in macchina, così rimane lì, va bene? Prometto che non la faccio uscire dal portabagagli!

Uscirono di casa mentre Kate stava avendo quella che per Castle era chiaro fosse un'altra contrazione.
- Stamattina ne hai avute altre? - Le chiese appena il dolore fu passato ed erano in ascensore.
- Solo qualche fastidio e Lily un po' più agitata. - Kate sembrava essere tornata lucida e serena. - Non può nascere oggi Rick.
Le ripeteva quella frase come un mantra e lui non aveva più il coraggio di replicare. Gli mancavano le parole. Le cercava nella sua mente, sarebbe andata bene anche una banale frase fatta, una di quelle che avrebbero fatto arrabbiare tantissimo Kate, almeno si sarebbe distratta, invece la sua mente era una pagina bianca, una schermata vuota dove nemmeno il cursore lampeggiava più.
Kate si sedette faticando più di quanto aveva immaginato nell'auto e Castle la guardava così agitato e preoccupato che non sapeva cosa fare. Si era immobilizzato davanti il suo sportello aperto mentre lei lo guardava in attesa che decidesse cosa fare.
- Castle? Concentrati! Andiamo? - Gli disse decisa cercando di ridestarlo. Lui chiuse meccanicamente la portiera dalla parte di Kate, butto la valigia che ancora teneva in mano nel portabagagli e si andò a sedere al posto di guida. Fece un gran respiro prima di accendere il motore e poi partì. Non proprio quello che aveva immaginato per la sua corsa veloce in ospedale, ma quel giorno e quella reazione di Kate avevano fatto andare in cortocircuito le sue sinapsi e doveva ancora riuscire a metabolizzare quello che lui sapeva stava per accadere, dividendo in parti uguali la gioia, l'euforia, la preoccupazione per l'evento e per Kate. Soprattutto per Kate. Come sempre. Perché ora Castle era invaso dal nervosismo per lo stato di sua moglie, non quello fisico, aveva letto abbastanza per sapere che stava bene e che la cosa ancora non era così impellente. Rick era preoccupato che lei stesse negando che stava per partorire, perché non voleva farlo. Non quel giorno. Guardò l'orologio ed era ancora primo pomeriggio.
Kate guardava fuori la pioggia che non aveva smesso un minuto di scendere da quando si era svegliata, ora più forte, ora più leggera, ma era costante. Vedeva la gente correre sui marciapiedi ed ombrelli che si alternavano scivolando uno tra gli altri e le sembravano le uniche note colorate di quella giornata.
Non ci aveva mai voluto pensare, inconsciamente aveva sempre rifiutato quell'idea a tal punto di non prenderla nemmeno in considerazione, perché era l'ultima cosa che voleva. Sua figlia non poteva nascere in quel giorno. Ed ora, benchè lo negasse a se stessa, sapeva che stava per accadere. Lo sentiva. Ed era totalmente impreparata. Non solo al fatto che tutti quei bei pensieri che aveva fatto negli ultimi mesi sarebbero diventati realtà, che da lì a qualche ora sarebbe stata non più solo una proiezione della sua mente e una presenza scalciante dentro di se, ma una nuova vita tra le sue braccia. Era impreparata al fatto che nascesse proprio quel giorno. Non ne aveva parlato con nessuno e nessuno aveva mai accennato a quell'idea. Non credeva al fatto che nessuno ci avesse pensato, semplicemente che nessuno glielo avesse voluto dire. Chi erano gli altri, in fondo, per paventarle un'idea simile e giocare con le sue emozioni. Doveva pensarci, doveva analizzare quella situazione, valutare quella possibilità, fare chiarezza con se stessa e cercare di capire cosa avrebbe voluto dire per lei.
Invece ora si ritrovava catapultata dentro quella situazione. Sua figlia che sarebbe nata nel giorno che odiava di più, nel giorno che più di ogni altro le provocava dolore, che solo pensare che si avvicinava o leggerlo sul calendario erano fitte tremende, pugnalate come quelle che le avevano strappato sua madre. Ora quel giorno sarebbe dovuto diventare il più bello della sua vita. Come era possibile? Come poteva fare una cosa del genere? Si sentiva come se ad essere felice per quello che stava accadendo stesse tradendo sua madre, il suo ricordo ed il suo stesso dolore accumulato negli anni, ma allo stesso tempo si sentiva in colpa per non riuscire ad essere totalmente felice per la nascita di sua figlia, per rovinare questo momento con pensieri tristi e non dedicare a lei ogni sua emozione.
Castle maledì quel semaforo rosso che gli sembrava stesse durando un'eternità: si voltò a guardare Kate ma vide solo il suo volto riflesso nel vetro, ma, poteva giurarci, stava piangendo in silenzio. Appoggiò una mano sulla sua gamba prima di ripartire e lei portò la sua su quella di lui. Comunicavano a modo loro, in silenzio.
Rick aveva chiamato durante il tragitto il dottor Yedlin che aveva immediatamente allertato l'ostetrica del reparto e quando arrivarono in ospedale Kate fu subito accompagnata in una stanza in reparto per dei controlli. Castle aspettò fuori fino a quando non lo invitarono ad entrare.
Kate era sdraiata sul letto, monitorata e con una flebo. Sembrava tranquilla, almeno in apparenza, con lo sguardo rivolto verso il muro. Aveva parlato brevemente con l'ostetrica prima di raggiungerla. Kate stava bene, la bambina anche. Ora tutto dipendeva da quanto sarebbe stato lungo il suo travaglio.
- Hey... - Castle le accarezzò la mano e Kate si voltò a guardarlo abbozzandogli un sorriso.
- Credo che quella valigia mi servirà Castle.
- Uh! Allora dovrò convincere il portabagagli a darmela. Gli avevo detto di tenerla e non farmela prendere assolutamente perchè non era il momento! Lotterò contro la mia macchina per te! - Kare sorrise mentre lui rimaneva serio nel ruolo del cavaliere senza macchia e senza paura.
- Grazie Castle.
- Tornerò vincitore!
Le diede un bacio e andò velocemente a recuperare la borsa di Kate. Si appoggiò contro la parete dell'ascensore, respirando a lentamente e profondamente cercando di razionalizzare che stava per accadere. Ricordava la spensierata incoscienza con la quale aveva atteso la nascita di Alexis passeggiando per il corridoio dell'ospedale in attesa che lo chiamassero per vedere sua figlia. Ora era tutto diverso. Aveva un'attesa da vivere insieme a Kate. Mentre tornava verso la camera pensò di chiamare Jim. Sperava fosse in città, era l'unico che poteva tranquillizzare Kate. Fortunatamente gli rispose, la voce dell'uomo era palesemente provata, non era facile nemmeno per lui. Rick non sapeva da dove cominciare così gli disse semplicemente il fatto: Kate sta per partorire. Jim non ci mise molto a capire cosa volesse dire per sua figlia e così quando Rick gli chiese se potesse raggiungerli perché lei aveva bisogno di parlare con lui, l'uomo non se lo fece ripetere e rispose che sarebbe stato lì il prima possibile.
Trovò di nuovo delle infermiere vicino a Kate che controllavano i suoi parametri. Le ultime contrazioni erano state ogni 10 minuti e più intense. Rick entrò in stanza e la aiutò a cambiarsi. Le si erano rotte le acque, ora avevano la certezza che non era un falso allarme, avrebbe partorito realmente e lo sapeva anche lei.
- Ehy Beckett! Puoi sempre sperare di farti 9/10 ore di travaglio così Lily nascerà domani! - Rick aveva detto la cosa più stupida che gli era passata per la mente ma voleva farla reagire in qualche modo, anche se lo avesse minacciato di sparargli.
- Castle! - urlò a denti stretti stringendogli il polso con forza.
- Era più forte questa eh? - chiese lui e Kate annuì solamente.
- Hai chiamato tua madre? Ti aspettava per questa sera alla prima...
- Kate, mia madre sapeva che non sarei andato in ogni caso. Non ti avrei lasciata sola, nemmeno a casa.
- Ci teneva...
- Capirà, ora più che mai.
- Alexis...
- Aveva il telefono staccato. Le ho lasciato un messaggio ed ho chiamato tuo padre... Verrà qui tra poco.
- Perché Rick?
- È giusto che parli con lui un po', non credi?
- Forse sì...
Rick rimase con Kate tutto il tempo, fino a quando Jim non bussò alla porta, circa un'ora dopo dal loro arrivo. Kate, nel vedere la faccia del padre visibilmente commossa, lo salutò con uno dei suoi sorrisi più belli. Castle li lasciò soli a parlarsi, andando fuori a cercare di contattare di nuovo Alexis e sua madre.

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