Il mio sguardo era rivolto verso il cielo, mentre le mie orecchie erano concentrare sul fruscio dell'acqua del fiume, che continuava a scorrere ininterrottamente. Quel silenzio era, come al solito, sempre più rilassante, anche se avrei preferito che fosse interrotto da qualcuno e, forse, non doveva essere per forza Stefano a romperlo.
Avevo intenzione di fare qualcosa. Mi misi seduta, in modo da concentrare anche la vista sul fiume. Dovevo smetterla di rimpiangermi addosso per quello che avevo fatto e dovevo assolutamente rimediare. In un modo o nell'altro ci sarei riuscita e, magari, avrei recuperato la fiducia del moro.
Incrociai le gambe e vi appoggiai sopra i gomiti, posando la testa fra le mie mani. Pensare a cosa fare era complicato, non avevo mai cercato di farmi perdonare da una persona, specialmente se si trattava di un ragazzo. Di solito, le ragazze pensavano che i ragazzi erano tutti uguali, tutti pronti ad usarle e poi a mollarle. Lo avrei pensato anche io, se Stefano non fosse diverso da tutti.
Chiusi gli occhi, per concentrarmi su tutta quella tranquillità che poteva dar frutto a molte idee. La mia mente, però, era soltanto concentrata sulla scena in cui Stefano mi rivelava di essere inutile. Era deluso da me, e anche io ero delusa di me stessa, ma quello non era una novità.
'Posso soltanto immaginare da quanto tempo sei qui' disse una voce, quella voce che speravo rompesse l'equilibrio di quel posto.
L'unico suono che volevo sentire era nascosto in quella voce. Mi voltai, notando che era ancora più alto del solito, data la posizione in cui mi trovavo.
'Non da molto' risposi distaccata.
Diamine, non riuscivo ad assumere un tono migliore di quello, neanche con lui.
'Da giorni, sicuro' disse, raggiungendo la mia altezza, ma mantenendo la distanza tra noi.
Beh, alla fine, aveva ragione.
'Ti serve aiuto?' Andai subito al sodo, dato che ero curiosa del motivo per cui era venuto.
'Dopo tutto quello che hai fatto per me, ti devo qualcosa' rispose, anche se non capivo se lo dicesse in tono ironico o no.
'Stai scherzando?' Chiesi, ovviamente confusa.
Non avevo fatto nulla per lui, perché mai avrebbe dovuto aiutarmi? Ero un disastro, non dovevo minimamente far parte della sua vita, ma fui così sciocca da intraprendere quella strada.
Scosse il capo, continuando a parlare.
'Giuseppe e gli altri ti daranno la caccia e, beh, avrai bisogno di questa per difenderti' disse e tirò fuori, dalla cintura dei suoi pantaloni, una pistola.
La stavo per prendere, ma se la mise sull'altra mano, rendendo difficile la presa.
'Credi che puoi averla così facilmente?' Chiese, facendo un sorrisetto che mi mancava vedere sulle sue labbra.
Inoltre, mi mancava quello sguardo che mi stava rivolgendo. Non capivo perché, dopo quello che avevo fatto, era ritornato da me. Non pensavo che lo avrebbe fatto, non voleva più vedermi ed eccolo, pronto ad aiutarmi per la solita situazione.
'Perché sei qui?' Domandai, come se fosse d'obbligo.
Non mi importava minimamente della pistola, di Giuseppe e di tutti quelli che ci volevano morti, ma ero concentrata su di lui e sul motivo per cui si trovava in quel posto, con l'intento di fare del bene per me. Concentrò il suo sguardo sulla pistola, probabilmente pensando a cosa dire.
Davvero credeva che non glielo avrei chiesto?
Sembrava che avesse capito tutto su di me, ma mi sbagliavo, come sempre.
'Sei finita in questo casino, e devi saperti difender-' lo interruppi, dato che non potevo sopportare più quella sua affermazione.
'Da Giuseppe e dagli altri, non riesci a dire altro?' Continuai al suo posto.
Notavo che si stava innervosendo parecchio e, anche se doveva importarmi, non era così, perché non poteva condizionare la sua vita sempre e solo su quelle persone. Non riusciva mai a pensare a se stesso, a noi, ed era una cosa che non accettavo.
Cosa avrei dovuto fare per farlo ragionare?
'Cos'altro dovrei fare? Dirti che mi dispiace delle parole dell'altro giorno? Perché dovrei dirtelo? Mi sono sentito escluso dalla tua vita, Alice, te ne rendi conto?' Disse, quasi urlando.
'Ci tieni così tanto a sapere tutto di me, tutto quello che faccio e tutto quello che subisco? Perché Stefano, perché?' Continuai, alzandomi in piedi.
Sapevo benissimo il motivo per cui lo faceva, ma volevo sentirglielo dire perché, se la sua voce non avesse detto quelle parole che tanto speravo di sentire, potevo rinunciare al nostro rapporto. Fece il mio stesso gesto, ritrovandosi a pochi centimetri da me, avvicinandosi di più a me rispetto a qualche istante prima.
Nei suoi occhi, notavo una fiamma piena di rabbia, incolmabile e inesauribile. Quella fiamma ero io.
Stava trattenendo le parole, non voleva che vincessi, voleva soltanto lasciarmi nel dubbio, anche se avevo le idee chiare. Ormai avevamo acquisito lo stesso tono duro e freddo, accompagnato dalla nostra tonalità di voce alta. Anche se non era il modo migliore per attraversare quella conversazione, era l'unico modo per poter ragionare insieme. Mi infastidiva trattarlo in quel modo, avrei potuto saltargli addosso e baciarlo, ma nulla andava secondo le mie aspettative.
'Vuoi averla sempre vinta, non è così?' Chiese, sorridendo irritato.
Annuii, dato che era esattamente quello che volevo. Volevo avere la stessa conferma che avevo io.
'E va bene, okkei. Ti amo Alice, contenta? Sono fottutamente pazzo di te, e nulla mi farà cambiare idea, ma sono ancora incazzato. Adesso me ne vado e, se mi seguirai, ti insegnerò ad usare la pistola, altrimenti ti salverai da sola' concluse, dirigendosi verso la sua auto e sbattendo la portiera, cercando di calmarsi.
Ti amo. Lo aveva detto davvero. Non mi aspettavo che sarebbe mai uscito dalla sua bocca, come non mi aspettavo che fossero vere. Era frustato, e sembrava che lo avesse detto soltanto per farmi contenta.
Ma, inoltre, cosa volevo aspettarmi?
Ero quello il trattamento che mi meritavo e, anche se non volevo accettarlo, dovevo essere trattata così, almeno finché non gli sarebbe passato. Non potevo perdere definitivamente anche lui, non lui.
Decisi di seguirlo, andando verso la sua auto e sedendomi nel sedile accanto. Era concentrato su ogni mio singolo movimento e, quando incontrai nuovamente i suoi occhi, non volevo far altro che guardarli all'infinito. Da questi, capii che veramente pensava quello che aveva detto, credevo. Era già tanto se mi aveva rivolto di nuovo la parola e, quello, era soltanto un piccolo passo e, prima o poi, si sarebbe di nuovo fidato di me.

My All. ||Stefano Lepri||Where stories live. Discover now