'Forse dovrei abbandonare la scuola' rifletté ad alta voce, mentre mise in moto il veicolo.
Sapevo che, prima o poi, avrebbe tirato fuori quell'argomento.
'Perché?' Chiesi, anche se conoscevo già il motivo.
Infatti, il mio tono non fu nemmeno tanto stupito della sua decisione.
'Ogni verifica che facciamo, prendo sempre sotto la sufficienza' rispose, inventando la scusa peggiore che potesse dire.
Risi, mentre mi guardò per qualche secondo, prima di concentrarsi sulla strada.
'Va bene, adesso dimmi il vero motivo' dissi, sapendo che mi stava mentendo, e lo stava facendo scherzando.
'Te lo giuro, poi quella di italiano non la sopporto' continuò, cercando di convincermi, ma fallendo.
'Stefano' continuai, facendogli capire che non ero da sottovalutare.
Sbuffò, non riuscendo ad inventare altre scuse plausibili.
'Alice, ho troppe cose a cui pensare' mi rivelò finalmente, acquisendo un tono serio.
'La scuola è un pensiero di troppo, ci sono altre cose che hanno più importanza' concluse.
Non volevo andare oltre, non ne trovavo l'esigenza. La scelta era sua, non potevo costringerlo a fare cose che non voleva, dato che nemmeno io avevo intenzione di continuare con il mio percorso scolastico. Il problema era che rimandavo sempre quella scelta e, se avessi continuato in quella maniera, sarebbe accaduto qualcosa di molto più grave di un semplice rapimento.
Non potei far altro che annuire. Ero d'accordo con lui, solo che era ancora indeciso. Forse, una parte di lui, ci teneva ad andare a scuola e a laurearsi, anche se quella parte era minuscola e nascosta in un angolo.
Non potevo nemmeno dirgli di andare avanti con lo studio, di dimenticare tutta quella storia, perché era impossibile. Nonostante lo aiutassi, non riuscivo a farcela da sola e, quello che volevano Giuseppe e il suo gruppo era Stefano, e non si sarebbero fermati finché non avessero fatto qualcosa di molto grave, come la sua uccisione.
Se fosse morto, non sapevo che cosa avrebbero pensato le persone. Forse, in giro, sentirei dire tante di quelle cazzate che avrei potuto picchiare chiunque. Tutti lo riterrebbero sempre un assassino e che la sua morte sarebbe stata un dono sceso dal cielo.
Eppure, non riuscivo a vedere il mio futuro senza la sua presenza.
Il moro faceva parte della mia quotidianità: senza di lui, non sarei riuscita ad andare avanti, non sarei riuscita a voltare pagina e iniziare nuovamente la mia vita. Questa cominciò da quando lo conobbi, l'unica persona che aveva dato un senso alla mia esistenza, nonostante non lo sopportarsi in precedenza.
Mi aveva sconvolto tutto, ed ero contenta di ciò. Almeno, fu lui a farlo e non qualcun'altro, e non potevo desiderare di meglio.

Ad un certo punto, parcheggiò l'auto davanti l'entrata di un posto, che rare volte ebbi l'occasione di vedere.
Mi aveva, davvero, portato in un parco?
Cosa c'è di così strano? È un fottuto parco.
Scesi dall'auto, come fece Stefano.
Una domanda mi sembrava d'obbligo.
Fai troppe domande, dovresti smetterla.
'Perché siamo qui?' Domandai, mentre entrammo nel parco.
E, ovviamente, non c'era anima viva.
Ah beh certo, chi è così intelligente da andare in giro con il freddo dell'autunno?
'Dobbiamo incontrare una persona' disse, circondami le spalle con il suo braccio.
Il suo caldo e confortante braccio.
Ma da dove ti esce tutta questa dolcezza?
'Immagino che non mi dirai di chi stai parlando' ipotizzai ad alta voce, seguita dal suo sguardo che mi faceva intuire che avevo ragione.
'Guarda' rispose, indicando con il capo una panchina, dove si trovava una persona con uno strano cappotto che copriva ogni centimetro del suo corpo.
La distanza tra lo sconosciuto e noi si riduceva sempre di più, fino a quando non ci ritrovammo accanto a lui.
Stefano si accomodò accanto alla persona misteriosa, mentre mi sedetti sulle gambe del moro, che poggiò le sue dannate mani sui miei fianchi.
Andiamo, so che ti piace di più ogni singola volta che ti tocca.
'Vedo che vi siete avvicinati di più' disse la persona e, finalmente, capii di chi si trattava.
Quella voce non potevo non riconoscerla, quella voce che avevo sempre odiato ma che avevo sempre ascoltato, durante il mio periodo di crescita.
'Salvatore' sospirai, appoggiando una mano sulla sua spalla.
Mi sorrise, anche se forse desiderava più di quel semplice tocco. Probabilmente, sperava in un abbraccio, ma non lo avrebbe ricevuto. Dopotutto, aveva deciso di andare a vivere, come aveva scritto lui mentendomi, da solo; voleva abbandonarmi e, se non mi avesse salvato, non sapevo come sarebbe continuato il nostro rapporto.
Ricordati: è pur sempre tuo fratello.
'Ciao Alice' disse, mantenendo un tono di voce piuttosto basso.
Non capivo perché facesse così, anzi, non comprendevo ancora il motivo di quell'incontro. Coprirsi in quel modo, non era una cosa normale, ma non era importante sapere perché si fosse conciato in quel modo.
'Siamo venuti, quindi spiegaci' disse Stefano, alquanto irritato.
Non mi infastidiva quel tono che aveva assunto, perché ero più concentrata su quello che aveva detto. Ripetei la frase nella mia mente, ed ero stupita dal fatto che avesse usato un verbo per indicare entrambi, e non solo se stesso.
Accidenti, quanto lo amavo.
Aspetta. Hai appena ammesso i tuoi sentimenti. Per una volta, sono fiera di te, Alice.
Lo avevo davvero pensato?
Si, lo hai fatto, e presto glielo dirai.
Sul dirglielo, aspetterei, anche se sapevo cosa provasse per me.
Vuoi aspettare il momento sbagliato?
Dannazione, il mio subconscio aveva ragione.
Però, dovevo ascoltare Salvatore, in quel momento. Dovevo capire le sue intenzioni, come sapeva che ci avrebbero presi e tutto il resto.
Era quello che aspettavamo io e Stefano.

My All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora