Pincio

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Aveva ventotto anni appena compiuti, i capelli rossi, gli occhi color caramello, il fisico asciutto. Aveva un nome: Alice.
Ed era la sua condanna.
O forse era lui stesso ad essere la sua condanna? In fondo Alice non aveva mai fatto nulla, in fondo era stato lui a mettersi in mezzo ad un'amicizia che durava dai tempi del liceo. Ma lui cosa ne poteva sapere che Bea quella sera sarebbe entrata nel suo letto? Non l'aveva programmato, era successo e basta: una battuta, uno sguardo di troppo e lei gli pendeva letteralmente dalle labbra. E dal cazzo.
La notte era il momento che più detestava, perché si ritrovava solo con i suoi pensieri a fissare il soffitto e a disegnare la vita che avrebbe voluto.
Quella vita che disegnava sul soffitto bianco con colori accesi includeva Alice.
Quella volta però era tutto diverso, perché i suoi due figli stavano dormendo nella stanza di Paolo e Alice stava dormendo sul divano. Si alzò e si diresse in soggiorno, per inginocchiarsi davanti alla ragazza e guardarla finché ne avesse avuto voglia. Si poggiò con la schiena al tavolino da caffè e, semplicemente, l'ammirava. Il che poteva risultare leggermente strano, ma non lo era per lui che non aveva il privilegio di averla così vicina ormai da anni. Era cresciuta rispetto alla ventenne con cui aveva fatto l'amore otto anni prima, aveva i lineamenti più da donna ma sempre quell'aria da ragazzina saccente che mai aveva sopportato. Le lentiggini erano le ancora presenti sul ponte del naso e sulle guance, e non poté far altro che lasciare che un sorriso nostalgico apparisse sul suo volto stanco ricordando quelle sere in cui avevano i visi così vicini che lui avrebbe potuto contarle quelle maledette lentiggini che lo facevano impazzire, se non fosse per il fatto che i suoi occhi venivano sempre catturati dalle sue labbra rosee. Infatti, spostò la sua attenzione su quelle labbra soffici e leggermente carnose anche in quel momento. Si accorse di come le cose fossero cambiate e di come, nonostante tutto, rimanessero invariate.
Lui l'amava ancora.
E lei?
E lei dormiva sul suo divano, perché nel suo letto neanche morta sarebbe entrata. Le sembrava irrispettoso nei confronti dell'amica e, come se non bastasse, odiava quell'uomo con tutta se stessa.
Senza accorgersene aveva cominciato ad accarezzarle i capelli lunghi e morbidi, facendo così in modo che la ragazza mugolò cominciandosi a svegliare. Lui però se ne accorse troppo tardi, quando aveva già aperto gli occhi ed un'espressione confusa era disegnata sul suo volto. "Giorgio?" Sussurrò. "Che diamine fai?" Chiese con un cipiglio a rovinarle il bel viso.
"Non riesco a dormire." Disse. Come se fosse lecito stare svegli alle 4:19 del mattino, fissare e toccare l'ex fidanzata da cui si ha avuto una figlia.
"Fatti una camomilla." Chiuse gli occhi per cercare di dormire quando Giorgio sussurrò: "Avevo altro in mente."
"Fatti una camomilla e fila a letto." Gli disse senza neanche aprire gli occhi.
"Dormi con me."
"No."
"Perché?" Aveva anche il coraggio di chiederglielo?
Aprì un occhio per vedere se fosse serio ed effettivamente lo era, sospirò: "Perché mai dovresti prendere sonno con me?" evitò di rispondere alla domanda.
"Perché mi rilassi più di una qualsiasi camomilla."
"Non dormo con te."
"Non faccio niente di male, Alice, te lo giuro. Poi, sono in lutto e non ne ho proprio voglia." Spiegò il biondo con naturalezza.
"Non so a cosa tu stia alludendo. In ogni caso, non verrò a dormire nel tuo letto perché mi mette a disagio."
"Allora posso rimanere qua?"
"A fissarmi e toccarmi?"
"A dormire." Alzò gli occhi al cielo.
"Il divano non è abbastanza grande per noi due."
"Ci facciamo piccoli."
"Prevedo già un brutto mal di schiena. Poi me li paghi te i giorni che passo a casa?"
"Sì, ma adesso fatti un po' più in là." Alice si schiacciò contro lo schienale del divano, facendo posto a Giorgio che si incastrò perfettamente in quello spazio. "Dai, cretina, mica ti mangio. Vieni qua." La prese per un avambraccio e la posizionò in modo che anche lei dormisse comoda (testa sul suo petto, per metà sul suo corpo e con un suo braccio a tenerla stretta). Non aveva cattive intenzioni, non c'era malizia in quell'abbraccio (forse un pizzico di imbarazzo da parte della rossa, che non aveva più toccato un uomo fatta eccezione di Luca), erano due amici di vecchia data che dormivano insieme. Nulla di più, nulla di meno.
Anche se, forse forse, quei due amici di vecchia data stavano nascondendo un sentimento troppo grande, che non si ricordavano di poter provare.
Gli uccelli cominciarono a cinguettare e creare una melodia dolce e rilassante, mentre il respiro di Giorgio si faceva regolare - segno che si era addormentato - ed Alice si stringeva a lui, felice di sentire il suo profumo ed il suo corpo stretto al suo dopo tutto quel tempo.

Eravamo ReWhere stories live. Discover now