Suicidio

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L'alba che videro Alice e Bea quel giorno fu la più bella per le due. L'autobus che avevano preso le aveva portate in un posto magico. O meglio, vicino ad un posto magico. Le aveva lasciate qualche traversa più in là ma era quasi mattina e le macchine cominciavano a circolare, le persone andavano già di fretta e la freschezza nell'aria che aveva sentito la rossa una volta arrivata sotto casa Maffei era stata sostituita dall'odore di smog (non tutti lo hanno presente, ma è qualcosa che fa venire i conati di vomito). Perciò, siccome nessuna delle due aveva intenzione di tornare a casa, erano andate alla ricerca di un luogo più appartato e si ritrovarono in mezzo a dei palazzi, a della gente e a delle macchine completamente diversi.
Non sembrava nemmeno di stare a Roma.
Scavalcarono un recinto arrugginito e si ritrovarono in un immenso campo da calcio. Camminarono verso il centro di esso e poi si sdraiarono sull'erba, constatando con piacere che non era sintetica. Era leggermente bagnata dalla rugiada ed Alice cominciò a muovere le dita e le mani fra i fili verdi.
"Tu a Giorgio non lo hai mai detto, vero?" Le chiese all'improvviso Bea.
"Cosa?"
"Di Clelia."
"No, mai detto. Non ho nemmeno intenzione di dirglielo."
"Perché no?"
"Perché non me lo perdonerei mai. Tu non lo conosci, Bea. Lui è un verme."
"E tu lo ami ugualmente."
Sospirò. "Purtroppo." Tirò fuori il cellulare e vide dei messaggi da parte di Luca.
"Vengo da voi" 22:30
"Sto qua sotto" 22:47
"Sto suonando da venti minuti, mi apri?!" 23:16
"Alice mi ha aperto Clelia e dice di non sapere dove stai, sta piangendo" 23:49
"Accendi sto cazzo di telefono" 00:05
"Ti ho chiamato almeno 20 volte, mi spieghi che fine hai fatto?" 00:32
"Clelia piange ancora" 00:33
"Ho chiamato Giorgio, se ti troviamo ti becchi una doppia ramanzina" 00:38
"Adesso porto Clelia a casa sua" 00:46
Con quel messaggio sperava di smuoverla un po', ma la donna non si era accorta delle numerose chiamate e dei messaggi.
"È sparita pure Bea, state insieme?" 01:01
"Siamo preoccupati" 01:10
"Non sappiamo come calmare i bambini" 01:12
Stava leggendo i messaggi ad alta voce, così da rendere consapevole anche l'altra del casino che avevano creato.
"Bea, una domanda." Smise per un momento di leggere. "Io ti sono passata a prendere verso le quattro, non prima. Perché a l'una già non eri a casa?"
"Potrei farti la stessa domanda."
"Ho fatto un giro. Sono arrivata al centro, ho visto il Colosseo, piazza Venezia, piazza Spagna, mi sono fatta tutta via dei fori imperiali. Ho preso la metro e mi sono fatta un giro a San Pietro... E poi non so."
"Passeggiata vicino al Tevere."
"Ogni tanto serve staccare." Giustificò entrambe.
"Porca puttana, non vi siete regolate questa volta! Avete ventott'anni!" 01:20
"Abbiamo portato i bambini dai genitori di Luca" 01:51
Aggrottarono entrambe le sopracciglia. "Alessandra e Flavio" 01:52
"Non sappiamo dove cercarvi" 02:00
"Non siete in nessuna discoteca" 03:32
"Non siete al Colosseo" 03:48
"Dove cazzo state" 04:00
"Non siete nemmeno a Tevi" 05:07
"Non potete esser sparite" 05:08
"Vi aspettiamo a casa.." 05:37
"Tornate." 05:52
Guardò l'ora ed in quel momento erano le 06:30, valutò per un momento la situazione e poi decise di scrivere a Luca: "Scusami, so di aver sbagliato a sparire in questo modo. Non volevo spaventarti, ma mi sentivo oppressa da tutto, mi sentivo di nuovo come quando avevo vent'anni e sentivo Clelia scalciare dentro di me: confusa, in gabbia, senza speranza.
Mi sono fatta un giro e poi sono andata a prendere Bea, saremmo tornate in tempo per fare di nuovo le mamme, te lo giuro. Non dovevate scoprire nulla. Ad ogni modo, adesso torniamo." inviò senza rileggere e poi si alzò dal prato morbido su cui si era stesa un po' di tempo prima.
"Scrivi a Giorgio che stiamo tornando."
"No, Alice."
"Non lo devi fare per lui, ma per Paolo." Si passò le mani sui vestiti cercando di rimuovere le tracce d'erba da essi.
Sentì un singhiozzo ed alzò lo sguardo allarmata. "Perché nessuno mi capisce?" L'amica era in lacrime, in ginocchio davanti a lei. "Nessuno capisce."
"Cosa stai dicendo?"
"Sto parlando di questo!" Tirò fuori dalla tasca una pistola e la puntò prima in aria e poi sulla sua tempia.
La rossa rimase senza parole. "Dove l'hai presa?" Chiese in un sussurro. In realtà non voleva saperlo veramente, stava cercando di prendere tempo. A poco a poco mosse la mano verso la tasca nel tentativo di prendere il telefono e chiamare la Polizia.
"Provaci e ammazzo prima te e poi me." Le puntò l'arma contro.
"Bea togli la pistola."
"Io voglio morire."
"Fatti aiutare."
"Non hai mai capito un cazzo tu! Io dovevo sempre capirti, devo sempre capirti e invece tu non mi capisci mai! Nemmeno ti sforzi!"
"Spiegami che succede."
"Io Paolo non lo volevo! Non volevo fare sesso con Giorgio per rimanere incastrata a venti fottuti anni. Sai che cazzo significa?!" Urlò disperata.
"Sì che so che significa! Anche io ho una figlia!"
La donna in ginocchio rise amaramente mentre delle lacrime ancora le rigavano il viso. "Lo vedi che non capisci?"
"Spiegami!" si alterò.
"Paolo non l'ho mai voluto perché sapevo che Giorgio non mi avrebbe mai amata, non mi avrebbe mai dato un matrimonio stabile, delle certezze, gioia e felicità." Cominciò a tremare. "Io ho sempre sognato di diventare importante per mio marito. Non è mai stato possibile, perché per Giorgio sei importante solo tu."
"Tu quindi lo ami?"
"È il padre di mio figlio.. Come potrei non farlo?" Pianse e si vergognò di quella rivelazione.
"Niente è perduto."
"Io lo sono, Alice." si mise la pistola in bocca e sparò.
L'altra donna non fece in tempo ad evitarlo, non riuscì a farle cambiare idea, non riuscì a farla ragionare. Si udì, fra quelle vie tranquille, l'eco dello sparo e poi le sue urla squarciare il silenzio.
Si chinò sul cadavere della sua compagna di vita e si chiese perché.
Forse aveva ragione lei, forse non riusciva a capirla.
La Polizia arrivò verso le sette, avvisata da una signora che abitava nelle vicinanze del campo da calcio e che aveva assistito a tutta la scena.
Due poliziotti, uno giovane ed uno anziano, si recarono sulla scena e puntarono le pistole contro Alice. "Mani bene in vista!" Urlò il più giovane.
La rossa non fece come le disse e lui ripeté la frase. L'anziano si mise davanti alla donna facendo cenno al collega di abbassare l'arma. "Signora, cosa è successo?"
Non rispose. Le lacrime le scendevano ancora sulle guance lentigginose e nessun singhiozzo le lasciò le labbra. Piangeva in silenzio, mentre teneva la testa di Bea schiacciata contro il suo petto facendo così in modo che il cappotto si intrise di sangue. Non era esattamente come facevano vedere nei film, quella che stavano vivendo i due poliziotti era una scena raccapricciante: una giovane ragazza che teneva fra le braccia ciò che restava della testa dell'amica, sul prato un sacco di sangue e dei piccoli pezzi di cervello e cranio sparsi.
Alice cominciò ad accarezzare il braccio a Bea ed urlò fortissimo, in modo agghiacciante, per poi dondolare e cullare sia se stessa che la sua migliore amica.
Il telefono della rossa squillò per attimi interminabili, poi smise e ricominciò.
Così per tre o quattro volte.
Alla quinta il poliziotto più giovane prese in mano la situazione e mise le mani nelle tasche della donna per poi prendere ciò che gli interessava. "Alice! Finalmente!"
"Sono Giuliano Andrea, agente di polizia."
Ci fu un attimo di silenzio. "Cos'è successo?" Chiese Luca.
"È un parente?"
"Sono il fidanzato."
"La sua ragazza si trova con il cadavere di una persona fra le braccia."
"È uno scherzo?"
"Non mi sveglierei alle sette del mattino per fare scherzi del genere. Ci raggiunga." Gli diede l'indirizzo ed attaccò.
"Alice." la richiamò Andrea e quest'ultima alzò lo sguardo. "Puoi dirci cosa è successo?"
"Bea aveva... aveva... una pistola." Balbettò. "Dovevamo tornare a casa. Eravamo uscite e dovevamo tornare. Abbiamo fatto preoccupare un sacco di persone."
"Sta venendo qui il tuo ragazzo."
La rossa annuì, senza dire più niente e continuando ad accarezzare il corpo dell'amica.

Giorgio e Luca si ritrovarono imbottigliati nel traffico, ma dopo mezz'ora (o forse poco più) si ritrovarono nel luogo dell'accaduto. Si fiondarono all'interno del campo e corsero verso i due agenti. "Cosa è successo?"
"Un suicidio." Rispose il più anziano, Bonarroti Enrico.
Entrambi gli uomini si voltarono verso la scena e videro Alice china sul cadavere di Beatrice.
Giorgio sentì una morsa stringergli il cuore e delle mani attorcigliargli gli altri organi. Boccheggiò due o tre volte e poi una lacrima gli solcò il viso.

Eravamo ReWhere stories live. Discover now