Fratelli

114 10 2
                                    

La mattina dopo, quando Luca si svegliò, Alice non era più accanto a lui. Guardò l'ora sul suo orologio da polso ed erano le dieci, l'amica sicuramente aveva attaccato da almeno due ore ed aveva già accompagnato Clelia a scuola. Si alzò e si diresse nella cucina ad angolo cottura per sgraffignare qualcosa prima di recarsi da Giorgio. Trovò mezzo cornetto alla crema e lo finì in due morsi. Stirò con le mani i vestiti che indossava - la sera prima non li aveva tolti - e indossò le scarpe per poi andare verso la porta. Le banconote erano ancora sul mobile e i fiori ancora sul pavimento, leggermente più schiacciati. L'uomo alzò gli occhi al cielo e sorrise quasi, per poi uscire di casa e chiudere con la chiave che si trovava sotto al tappeto. Fece uno squillo ad Alice per poi attaccare per farle capire che era sveglio ed era uscito e poi chiamò Giorgio, che rispose alla seconda chiamata. "Sono in studio." Rispose a bassa voce, quasi scocciato.
"Fra dieci minuti sono da te." gli disse gentilmente.
Salì in macchina e subito dopo si ritrovò imbottigliato nel traffico romano. Suonò il clacson a lungo per poi sbuffare rumorosamente, erano passati cinque minuti da quando aveva lasciato casa Belfiore e si trovava poco distante da lì, ancora doveva percorrere cinque chilometri prima di arrivare in studio da Giorgio.
Quest'ultimo, a differenza di Alice, era riuscito a finire gli studi e a divenire un avvocato, ciò a cui lui (otto anni prima) aspirava. La donna invece dovette abbandonare la facoltà di legge al sesto mese di gravidanza, la pancia era troppo evidente, le voci cominciavano a correre un po' troppo e non riusciva più a stare al passo con lo studio.
Mezz'ora più tardi era sotto l'edificio in cerca di parcheggio, nel frattempo Giorgio lo chiamava senza sosta. "Che cazzo vuoi?!" Rispose alla ventesima chiamata Luca, perdendo tutta la sua pazienza.
"Sei in ritardo!"
"C'era traffico e adesso sto finalmente parcheggiando, non rompere i coglioni!" Sbottò per poi attaccargli in faccia.
Una volta nello studio del suo migliore amico, Luca si sedette sulla poltrona di fronte alla scrivania e poggiò i piedi su di essa con un modo di fare che non gli apparteneva. "Questo sorrisino? Chi ti sei scopato ieri sera?"
Nemmeno si era accorto di star sorridendo. "Nessuno. Sei tu il porco che sorride solo quando scopa."
Giorgio fece spallucce. "Vabbè, che è successo?"
"Ieri Clelia mi ha chiamato papà," cominciò. "ed ho dormito con Alice."
Il biondo strinse i pugni e non seppe se gli desse più fastidio la prima frase o la seconda. "Non ha detto niente riguardo la mia visita improvvisa?" Si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli un po'.
"Sì."
"E..?"
"Non ti far più vedere." Disse trattenendo una risata.
Giorgio lo guardò di sbieco per poi portare i suoi splendidi occhi sul pavimento. "Io la amo, Luca."
"Sei proprio un avvocato, eh. Sei bravo solo ad usare le parole." Disse l'amico con una punta di fastidio nella voce. "Dici di amarla ma hai messo incinta la sua migliore amica per poi sposarla e nel frattempo ti scopi la tua segretaria ventenne."
"La conosco da sempre, mi appartiene ed io appartengo a lei. Sempre, in qualsiasi situazione, in qualsiasi cosa io faccia, c'è lei nei miei gesti ed io sono nei suoi. Non puoi capire." Si sedette di peso sulla sua poltrona ed alzò il viso verso il soffitto. "Comunque non sono l'unico a fare cose strane. Lei dopo essere scappata da casa nostra è andata ad abitare da te ed è rimasta incinta di chissà chi, per poi scappare anche da te ed andare a vivere da sola con Clelia."
Luca rimase in silenzio ad ascoltare il suo sfogo e volle quasi sbattergli in faccia tutta la verità. "Non ti ho mai chiesto una cosa, che in realtà è sempre stato un mio dubbio.." Giorgio interruppe i suoi pensieri.
"Dimmi."
"L'hai messa incinta tu Alice?"
"No, ma forse sarebbe stato meglio se l'avessi fatto io."
L'uomo dagli occhi smeraldo sbuffò. "L'idea che qualcun altro l'abbia toccata mi tormenta da otto anni. Sai chi è il padre?"
L'altro scosse la testa silenziosamente per poi chiedere: "Ma Nat?"
"Torna il mese prossimo."
"Con qualche soldo?"
"Lo spero per lui. Ci deve offrire da bere!"

Alice stava pulendo le scale di un palazzo come tanti altri. Era solamente il secondo quella mattina. Dopo aver spazzato stava passando il mocio, quando una porta si aprì lasciando intravedere le figure di due anziani che stavano battibeccando. Si stopparono improvvisamente quando si accorsero della giovane, la guardarono e lei si sentì lievemente a disagio. "Potete passare, ancora non ho pulito." Disse cordialmente sorridendo alla coppia. Il signore scese borbottando qualcosa riguardo il litigio di prima, mentre la signora continuava a stare sul pianerottolo. "Cosa c'è, signora?"
"Oh, niente tesoro! Mi ricordi solamente una persona a me molto cara.." Chiuse la porta dietro di sé e con calma inserì la chiave nella toppa, girandola due volte. "Quanti anni hai? Sembri molto giovane."
"Ventotto." Disse in un sospiro.
"Hai ancora una vita davanti! Cosa fai qui? Vai a studiare, vai a scoprire il mondo! Io alla tua età avevo già un figlio."
Alice si trattenne dal dire che anche lei aveva una figlia e le sorrise. "Se ne avessi la possibilità, me ne andrei volentieri alla riscoperta del mondo."
"E cosa dovrai mai fare di così importante? Lascia stare tutto, senti a me, hai ancora il tempo di fare qualche sbaglio." La signora le fece un occhiolino e poi scese lentamente le scale.
Quando finì di lavorare erano all'incirca le due e mezza e alle quattro avrebbe dovuto prendere Clelia da scuola. Con calma si diresse a casa e una volta dentro l'appartamento si chiuse la porta alle spalle, per poi scivolarci contro. Cento euro sul mobile, i fiori sul pavimento pestati numerose volte, la porta-finestra che dava sul balcone lasciata aperta.. era tutto al suo posto, ma qualcosa le sembrava estranea. Quei fiori, ad esempio. Non poteva credere che Giorgio l'avesse cercata per portarle dei banali e semplici fiori. Si tirò su e prese il bouquet per poi avvicinarlo al viso; ancora profumavano nonostante tutte le volte in cui lei li aveva pestati con cattiveria, senza accorgersi del fatto che fossero i suoi fiori preferiti. Li gettò nella pattumiera con un sospiro dispiaciuto.

A scuola era ora di pranzo. Clelia si sedette in fondo al tavolo riservato alla sua classe ed aspettò che le inservienti le portassero il pasto. Nonostante avesse passato ben tre anni con quei bambini, non aveva legato con nessuno. Non ne era dispiaciuta, però, si divertiva anche a stare sola. Una signora le consegnò il primo, sorridendo, e Clelia le sorrise raggiante "Grazie Federica." Le disse. Dopodiché, Federica posò un piatto davanti a lei dove non sedeva nessuno. "Guarda che qui non c'è nessuno." La informò.
"Sì, c'è quel bambino." Lo indicò velocemente per poi concentrarsi nuovamente sul suo lavoro. La bimba però non vide nessuno e cominciò a mangiare non dando più peso alla vicenda.
"Ciao Belfiorellino." Alzò il viso nel sentire quelle parole. Paolo, seduto davanti a lei, le sorrideva divertito dalla sua espressione scocciata.
"Ma cos'avete tu e tuo padre contro il mio cognome?"
"Mio padre?" Aggrottò le sopracciglia.
Annuì. "Ieri è venuto a casa nostra."
"A fare cosa?" Chiese perdendo il suo sorriso e tutta la sua arroganza.
Clelia cominciò a giocare con la pasta nel suo piatto che era diventata fredda ed alzò le spalle, facendo finta di non sapere. Però lei era una bambina sveglia ed aveva notato come i loro genitori si guardavano; sua madre era troppo arrabbiata con il padre di Paolo e di certo non era un motivo stupido, e Giorgio guardava Alice come se fosse la cosa più incredibile del mondo. Si accorse anche dello sguardo di Paolo, che era diventato più silenzioso e sulle sue da quando gli aveva accennato l'episodio. Fece finta di non sapere, non le costava nulla farlo.
"Cosa ha detto mio padre a tua madre?"
"Niente."
"Dimmelo."
"Mia madre l'ha cacciato quasi subito, adesso la smetti di darmi fastidio?" Si alzò stizzita dal comportamento di Paolo ed era diretta verso un altro posto, ma il bimbo richiamò la sua attenzione.
"Clelia."
"Eh, dimmi."
"Perché non finisci di mangiare?" Indicò il piatto di fronte a lui.
"Non ho fame." Si voltò per andarsene nuovamente e Paolo si alzò in piedi chiamandola nuovamente.
"Perché non resti qua?"
"A fare cosa?"
"Stai con me, ci facciamo compagnia..." la pregò con lo sguardo; aveva bisogno di capire cosa ci facesse il padre a casa sua e cosa fosse successo precisamente.
"Preferisco stare sola." Si diresse velocemente dalla maestra per poi chiederle se potesse andare in bagno, una volta che quest'ultima acconsentì camminò a grandi passi fuori dalla mensa.
Quel bambino non le aveva mai parlato in quel modo, l'aveva messa quasi a disagio.
"Ti rifugi nel bagno?" Le chiese.
Clelia si trovava seduta sul pavimento, nascosta dietro una porta di un box aperta.
"È il bagno delle femmine questo." Ignorò l'affermazione della bambina e si sedette accanto a lei.
"So una cosa." L'altra stette zitta, in silenzio, pronta ad ascoltare ogni parola uscita dalle sue labbra. "Mio padre tradisce mia madre."
"Mi dispiace."
Giorgio si strinse nelle spalle, poi voltò il viso verso Clelia e la guardò negli occhi. La bimba sostenne il suo sguardo finché lui non disse: "Sei mia sorella."







(Quella in foto è Clelia)

Eravamo ReМесто, где живут истории. Откройте их для себя