Nessun padre

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Aveva otto anni, i lineamenti dolci come quelli della madre ma gli occhi erano di un verde brillante ed i capelli erano chiari, tendenti al biondo, come quelli del padre. Lei però il padre non l'aveva mai visto.
Erano le quattro del pomeriggio, era mano per mano con una sua compagna di classe quando la maestra la richiamò per avvertirla della presenza di Alice, sua madre. "Mamma!" Disse entusiasta e corse verso di lei saltandole poi addosso senza far caso alla faccia stanca di lei, o all'uomo che le guardava insistentemente.
Alice, con pazienza, la mise giù e la prese per mano sotto lo sguardo attento di quell'uomo biondo in giacca e cravatta che indossava un'espressione seria che faceva contrasto con quegli occhi così giovani ed ardenti. Poco dopo, un bambino che era tale e quale a lui (tranne per gli occhi) in modo composto lo salutò e si allontanarono.
"Conosci quel bambino, amore?" Le chiese a bassa voce la donna indicando con un cenno quel bizzarro duo.
"Sì," Clelia storse il naso. "è troppo antipatico. Adesso che c'è il papà fa il bravo, ma a scuola è una peste! Oggi non ha fatto altro che prendermi in giro." Si tolse lo zaino dalla spalla e lo porse ad Alice che, riluttante, lo prese.
Tornarono a casa a piedi perché i soldi per una macchina non ce li avevano, bastavano giusti giusti per le bollette, l'affitto e le spese per la bambina. Alice non aveva mai chiesto un centesimo a Giorgio, neanche gli aveva mai detto che quella bambina stupenda era la sua.
Ad aspettarle non c'era nessuno. Serviva una figura maschile ad entrambe, ma la madre di Clelia non sapeva cosa inventarsi, non sapeva come trovarle un padre. Forse avrebbe dovuto pensarci prima, ma non era nel suo stile incastrare qualcuno in quel modo.
Le squillò il cellulare e lei andò a rispondere sul piccolo balcone di quella piccola casa. "Luca, dimmi." La voce spenta e stanca. Era da otto anni che non parlava con Giorgio e rivederlo tutti i giorni la feriva a morte, perché lei gli aveva lasciato un pezzo di sé e lui le aveva lasciato una bambina da accudire. Era dura, sì, ma mai dura come all'inizio, quando aveva vent'anni e faceva la spogliarellista per pagarsi gli studi. Aveva dovuto cambiare tutto. Aveva dovuto cambiare se stessa.
Luca le era stato sempre accanto e lei lo apprezzava, ma non avrebbe mai rimpiazzato Giorgio. "Sto venendo a portare della pizza e qualche battuta a cui riderete come delle pazze." Si sentì dal tono della voce che stava sorridendo ed Alice alzò gli occhi al cielo.
"A dir la verità, io volevo dormire. Poi sono le quattro del pomeriggio, non è ora né di pranzo né di cena."
"So che non dormiresti neanche se fossi a pezzi e comunque non mi interessa l'ora, ho detto che porto la pizza e basta. Non discutere con me, signorinella!" Affermò velocemente e allegramente Luca.
"Magari essere una signorinella.." Sospirò piano la donna.
"Che hai detto?"
"Che ti sto aspettando. Dai, vieni." Attaccò senza salutare, ma l'uomo non si offese.
Clelia la andò a disturbare poggiando il mento sulla sua spalla. "Paolo oggi mi ha preso in giro e mi chiamava Belfiorellino." Ad Alice si strinse il cuore.
"E tu cosa gli hai detto?"
"Non sapevo che dirgli e gli ho fatto la linguaccia."
Rimasero in silenzio.
"Mamma," la chiamò Clelia.
"Eh, dimmi."
La bimba guardò per un po' il cielo come se stesse riflettendo su cosa dire e poi sussurrò un "No, niente".
Suonarono il campanello e Clelia andò ad aprire, ritrovando Luca con dei cartoni di pizza in mano ed un sorriso in volto. La bambina lo abbracciò di slancio per poi dirgli "Che bello che sei tornato, papà."
Luca sorrise tristemente e le disse: "Tesoro, non sai quanto mi piacerebbe averti come figlia." e poi, abbattuto: "Ma non è così".

"Clelia mi ha chiamato di nuovo papà." Se ne uscì Luca, dopo, mentre stava fumando una sigaretta in compagnia di Alice.
"È da quando ha cominciato a parlare che ti chiama papà. Anzi, a dirla tutta, "papà" è stata la prima parola che ha detto." Si passò il dorso della mano con cui teneva la sigaretta sugli occhi.
"Hai mai pensato a come sarebbe andata se tu fossi rimasta con Giorgio o se fossi stato io il padre di Clelia?" Chiese di getto Luca, mentre guardava le stelle che illuminavano il viso della donna più bella che avesse mai visto.
"No, non volevo e non voglio illudermi."
"Forse dovresti parlarci," Luca non voleva altro che la felicità di Alice, gli piaceva vederla sorridere e non gli sarebbe importato se quel sorriso fosse stato rivolto ad altri. In fondo, loro due non erano niente.
"Per dirgli cosa? "Quella mattina sono scappata perché mi sono sentita usata, perché tu avevi messo incinta la mia unica e più grande amica ed io l'avevo scoperto solo allora. Mi sono sentita tradita da tutti e due e sono andata via, ma in realtà io sarei rimasta perché ti amavo e... ti amo. Ah, e per la cronaca, mi hai messo incinta e Clelia è tua figlia"?"
"Beh, sarebbe un inizio. Non trovi?" Sorrise nervoso ma la donna non fece lo stesso.
Alice lo guardò ed aggrottò le sopracciglia mentre assottigliava gli occhi, studiandolo. "Perché tutto questo interesse nei confronti di quel verme? Tu sei stato il primo a dirmi di non pensarlo, ad appoggiarmi quando non volevo dirgli che ero incinta, a dire che ce l'avrei fatta benissimo senza di lui perché sono forte. Ora che ti prende? L'hai sempre odiato da quando ha fatto quello che ha fatto."
Luca non fece in tempo a rispondere che suonarono alla porta. Dei piccoli passi si udirono calpestare il pavimento e poi Clelia chiedere "Chi è?" come le aveva insegnato la madre.
Quest'ultima guardò l'ora, erano le dieci di sera. Chi avrebbe mai potuto essere? Non sentì la risposta, sentì la bambina girare la chiave nella toppa ed un paio di piedi adulti posarsi sul pavimento di casa loro. Le faceva strano perché solo lei, Clelia e Luca avevano calpestato quel parquet.
"Chi è, amore?" Alice entrò dentro casa e camminò scalza fino all'entrata, dove trovò la figlia parata davanti ad un bellissimo uomo che teneva un mazzo di fiori in mano.
"È il papà di Paolo." Disse Clelia imbronciata.
Di riflesso la madre prese la figlia per le spalle e la mise dietro di lei, come se avesse paura che Giorgio le potesse fare del male.
"Ciao." Disse l'uomo con un sorriso.
La rossa lo guardò di sbieco senza rispondergli. "Clelia, vai da Luca." Disse e solo dopo aver sentito i passi della figlia lontani, rispose: "Che cazzo vuoi?!"
"Ti ho portato dei fiori!"
"Sei sposato, Maffei! Da otto anni!" Cercò di tenere la voce bassa ma la casa era talmente piccola che si sarebbe sentito tutto a prescindere.
"Sono solo dei fiori, mica ti voglio portare a letto..." ridacchiò.
"Non mi farei incastrare una seconda volta."
"Resti troppo ancorata al passato, Belfiore."
"Mi piacerebbe, ma non posso permettermelo. Come al solito tu non sai niente di me."
Giorgio rimase in silenzio, ferito da quelle parole e da quel tono così affilato ed ostile. Sospirò. "Alice, per favore. Non sono venuto qui con un doppio fine, sono cambiato; ti prego di credermi. Avrei voluto esserci quando eri nei guai, quando sei rimasta incinta, avrei voluto esserti vicino nel travaglio e durante il parto-"
"No!" Urlò. "Tu non avevi e non hai il diritto di starmi vicino!"
"Alice, ascoltami, io-"
"Sei un pezzo di merda! Ti sembra normale venirmi a parlare dopo otto lunghissimi e durissimi anni e dirmi che avresti voluto starmi vicino?! Se lo avessi veramente voluto, l'avresti fatto! Ma ovviamente eri troppo preso dal tuo primo figlio."
"Da come parli pare che io ne abbia più di uno." Rise.
Alice era sull'orlo del pianto, sarebbe crollata di lì a poco. "Vai via, Maffei."
"Alice, per favore,"
"Vai via." Scandì. Giorgio guardò oltre le spalle della donna ed incontrò gli occhi del suo amico, Luca, e gli occhi di quella bellissima bambina che gli sembravano sempre più familiari.
"Va bene." Le porse i fiori, che lei prese facendolo sorridere, e poi si avvicinò alla porta.
"Ciao Luca, ciao Clelia, e ciao anche a te Belfiorellino." Aprì la porta ed uscì, per poi sentir risuonare un urlo stridulo: "È Belfiore, non Belfiorellino!" Pronunciato da quell'adorabile bambina con gli occhi in fiamme che gli ricordava tremendamente qualcuno.

Alice gettò i fiori per terra, poi si voltò e guardò Luca negli occhi. "Tu lo sapevi." Lo accusò e gli occhi scuri dell'uomo si velarono di vergogna.
"Ali, pensavo ti avrebbe fatto bene.."
"Come può un individuo del genere farmi del bene?" Il labbro inferiore cominciò a tremarle ed una lacrima le solcò il viso; Luca non la vedeva piangere da molti anni e ne rimase molto sorpreso, così tanto che non si mosse e non disse nulla che la potesse consolare. Clelia si mosse sui piedi e poi andò dalla madre titubante, le chiese il motivo delle sue lacrime e Alice non seppe risponderle.
"Cosa ti ha fatto il papà di Paolo?" Chiese.
"Sono vecchie storie, Clelia." Si asciugò le lacrime e prese un bel respiro per poi rivolgersi a Luca: "Non sai quanto ti vorrei buttare fuori in questo momento, ma non ne ho il coraggio".

La donna mise la figlia a letto e le rimboccò le coperte, le stette accanto finché non chiuse gli occhi e solo allora si alzò per andare a parlare con Luca, ma quando stette per uscire la bimba richiamò la sua attenzione. "Mi dispiace per quello che ti ha fatto il papà di Paolo, mamma. A volte i maschi sono proprio cattivi."
Una volta sul balcone, i due stettero in silenzio. "Avresti potuto cacciarmi."
"Ma non l'ho fatto."
"Avresti potuto mandarmi a quel paese."
"Ma non l'ho fatto."
"Perché?"
"Ti devo troppo."
Luca alzò le sopracciglia. "Solo per questo?"
Alice sorrise. "Ti voglio bene, ed anche Clelia. Abbiamo bisogno di te."
Ancora silenzio. "Ne vuoi parlare?"
"Neanche sotto tortura." Una risata amara le raschiò la gola e le braccia accoglienti di Luca la strinsero in un abbraccio.
Quando iniziò a farsi tardi, l'uomo dagli occhi scuri si recò all'ingresso con una mano in tasca e salutò con un cenno la donna. Prese due banconote da cinquanta e le posò su un mobile vicino alla porta. Alice guardò la scena in disaccordo e raggiunse Luca, passando con i piedi sopra i fiori che le aveva portato Giorgio e che si trovavano ancora a terra, prese le banconote con cattiveria e gliele spinse contro il petto. "Non ho bisogno dei tuoi soldi."
"Invece sì, Ali.."
"Anche tu però ne hai bisogno."
"Prendilo come un regalo." Aprì la porta e stava per uscire, quando Alice si sentì risucchiata da ciò che era e lo fermò mettendogli una mano sulla spalla e pregandolo con gli occhi di restare, perché le parole le morirono in gola.
"Va bene," le rispose alla domanda implicita. "dormirò sul divano."
In quel momento la donna riacquisì l'uso della parola e gli disse: "Dormi con me". Non c'era malizia, perversione, non c'era voglia di amarlo sotto quelle lenzuola; c'era solo tanta stanchezza e tanto dolore in quella camera minuscola con il letto ad una piazza e mezzo che confermava ancora di più la sua solitudine.
"Non troverò più nessuno." Erano sdraiati su quel letto minuscolo per loro due, faccia a faccia.
"Non dire così, sei una bellissima donna. Una delle più belle che io abbia mai visto."
"C'è Clelia."
"Lei è la più bella in assoluto." Le disse facendola ridacchiare sommessamente.
"C'è anche il fatto che io sono segnata dentro, Luca. C'è anche questo fatto da non sottovalutare, perché le persone come me, quelle che funzionano male e che portano ancora i segni delle esperienze che hanno vissuto non piacciono a nessuno."
"A me piaci." Disse Luca in un sussurro con un velo di imbarazzo a colorargli le guance. "Bisogna imparare a conoscerti e sapere come prenderti."
"Alcuni non si impareranno mai." Si avvicinò di più al corpo dell'amico e posò la testa sul suo petto, lui la strinse automaticamente e cominciò ad accarezzarle i capelli rossi con leggerezza e dolcezza. Mai nessuno l'aveva toccata con così tanta accortezza ed avrebbe voluto davvero innamorarsi di Luca così da poter avere finalmente un uomo che la meritasse ed un padre per Clelia. Purtroppo però al cuor non si comanda, quindi lei si ritrovava sola e senza alcun padre per la figlia.








(Quello in foto è Luca)

Eravamo ReWhere stories live. Discover now