Serata fra donne

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Le fece uno squillo e poi attaccò il telefono, tirò fuori dalle enormi tasche del suo giubbotto il tabacco ed i filtri e si girò una sigaretta con le mani intorpidite dal freddo. Se la mise fra le labbra colorate di un rosso acceso e stava per accenderla quando udì dei passi farsi sempre più vicini. "Andiamo."
Alzò lo sguardo verso quella voce e la guardò dritta negli occhi, ancora la sigaretta spenta in bocca e l'accendino in mano. "Andiamo." Ripeté per poi scostare lo sguardo dalla figura slanciata della bionda ed accendersi la sigaretta. "Vuoi che te ne giro una?"
"Non fumo più."
Ci fu un attimo di silenzio fra le due, erano all'incirca le quattro del mattino e le strade erano quasi deserte, se non fosse stato per qualche macchina e per qualche gruppetto di ragazzi appena ritornati dalla discoteca. "Ti ricordi quando anche noi eravamo così?"
"Non siamo mai state così."
"Non siamo mai state delle fighette del cazzo che andavano in giro a tirarsela, ma siamo state anche noi delle ragazzine."
"Hai ragione." La guardò con la coda dell'occhio fumare e poi sospirò. "Giramene una anche a me."
La rossa sorrise per poi tirare fuori il necessario e ripetere gli stessi movimenti di qualche attimo prima. "Tieni." Gliela allungò e la bionda la tenne per qualche minuto fra le dita, ancora spenta.
"Alla loro età tu e Giorgio vi menavate sotto casa mia." sorrise malinconicamente e poi accese la sigaretta, facendo il primo tiro tossì.
L'altra non disse nulla, si perse nei meandri della sua mente ricordando la sua infanzia. "Che coglioni." Poi si espresse.
"Già, siete rimasti tali e quali."
"Non ci parlo da otto anni, ma che diamine dici." Affermò per niente infastidita.
"Perché sei vestita così?" La squadrò e notò che non era esattamente un abbigliamento da passeggiata, indossava dei jeans stretti, una bella maglietta e i tacchi.
"Ci andiamo a bere qualcosa."
Entrarono in un pub a caso, si sedettero ed ordinarono due mojito. Il barman ammiccò ad entrambe ma nessuna delle due gli diede corda. Erano troppo grandi per giochetti del genere.
Dopo il mojito si presero due shottini di vodka a testa e dopo ancora un angelo azzurro.
La tensione si sciolse, cominciarono a parlare dei vecchi tempi, dei figli, di Giorgio e di Luca. Poi dissero che non vedevano Nat da un bel po' di tempo e che, entrambe, avrebbero voluto un cane. Cose così, di questo genere, argomenti dettati dal caso, da una canzone che passava alla radio, da una parola detta da una delle tante persone che erano lì dentro. Non erano ubriache, avevano solamente ritrovato il loro equilibrio.
"Perché proprio adesso? Perché a quest'ora della notte?"
"Non lo so, ho sentito di doverlo fare. Mi mancavi, non ti sentivo da troppo ed avevo bisogno di darti delle risposte. Adesso che ce le ho ne approfitto."
"Allora dammele."
"Fammi delle domande."
Ci pensò su ed intanto ordinò del whisky. Si leccò le labbra e poi puntò i suoi occhi in quelli della rossa seduta davanti a lei. "Perché sei sparita di punto in bianco?"
"Sono rimasta incinta."
"Anche io lo ero ed avevo bisogno di te."
"Tu avevi Giorgio ed io non volevo nessuno."
"Metti che io però volevo te e non Giorgio."
"L'ho spinto io ad andare da te."
Schioccò la lingua sul palato e fece i conti con la realtà. Sapeva che i fatti erano realmente andati così, ma si cullava nell'illusione che Giorgio si fosse innamorato di quel bambino che portava in grembo. "Quando ci siamo sentite quella mattina e ti ho detto che Giorgio era il padre, tu ci eri già andata a letto, giusto?"
"Giusto."
"Quante volte?" Assottigliò gli occhi color cioccolato mentre cercava di celare la rabbia dietro un'espressione neutra.
"Una." Ammise ed un senso di nausea la pervase. Ci era stata solo una volta ed era bastata quella per legarla ancora di più a quell'(ormai) uomo.
L'altra annuì soprappensiero e poi disse: "Clelia è davvero bellissima."
"Lo so, è fantastica."
"Ha preso da te o dal padre?"
"Ha qualcosa di tutti e due."
"Quindi sai chi è."
"Sì."
"Allora dimmi... com'è Luca a letto?" Si affrettò a chiedere, pensando che dopo essersi rifugiata da lui per un bel po' fosse scattato qualcosa fra i due.
"Non ci sono mai stata a letto."
"E allora il padre chi è?" Chiese sospettosa, pensando già al peggio. "Non ti sei mai prostituita, vero?"
"No, per carità!" Un brivido le percorse la schiena e le morse la nuca.
"E allora mi vuoi dire chi è il padre? Avevi detto di avere le risposte."
"Questa ancora non sono pronta a dartela."
"È Giorgio." Affermò dopo neanche due secondi; la rossa trattenne il respiro e volle sparire. Non poteva mentirle, non poteva dirle la verità.
Invece di piangere, invece di mandarla al diavolo, invece di chiedere un immediato divorzio, rise.
Rise di cuore per momenti che parvero infiniti, poi si fece seria. "È uguale a lui, pensavi che non me ne sarei mai accorta?"
"Ci speravo."
"Se me l'avessi detto io avrei abortito."
"Come fai a parlare in questo modo? Paolo è un bambino formidabile."
Alzò le spalle. "È brutto da dire, ma non l'ho mai voluto."
"Allora perché non l'hai fatto?"
"Perché Giorgio lo voleva."
"Non mi hai mai spiegato com'è successo."
"Era molto bello quella sera, con quella camicia nera che gli metteva in risalto tutto. Io indossavo un vestito stretto e corto senza calze, non c'era nessuno di interessante a quella festa ed eravamo entrambi un po' ubriachi."
"Ah."
"Mi dispiace."
"Non fa niente."
"Tanto lui voleva te."
"Lui vuole sempre qualcuna con cui trascorrere del tempo a scopare."
"Sì ma... lui voleva sempre te. Tu eri diversa e lo sei ancora. Se avesse potuto scegliere avrebbe scelto te, se non lo avessi spinto in quel modo tra le mie braccia starebbe ancora con te."
"Però non è andata così e lui ti ha sposato."
"Capirai quanto vale per lui."
"Pure se per lui non vale niente, questa è la realtà."
"Mi tradisce."
"Sì?"
"Con Margot, la sua segretaria."
"Ha una segretaria?"
"Sì."
"Deve essere importante." Prese la cannuccia dell'angelo azzurro fra le dita e cominciò a girarla nel bicchiere, spostando il ghiaccio da una parte all'altra della circonferenza.
"Cosa?"
"Lui. Quello che fa."
"Tu non sai il suo lavoro." Sorrise leggermente, irritando la rossa.
"Te l'ho detto, non lo sento da otto anni."
"Fa l'avvocato."
"Scusi, mi può portare un vodka lemon?" Quasi urlato al cameriere che le annuì sorridente e le portò il drink dopo qualche minuto. "Il suo sogno." Rivolse le sue attenzioni alla donna seduta davanti a lei e poi bevve due sorsi abbondanti dal bicchiere.
"Già. Ha sempre amato difendere le persone sbagliate."
"Come sai che ti tradisce?"
"Sono bionda ma non sono stupida." Ridacchiò leggermente e poi si alzò. "Sono stufa di questo posto, andiamo da qualche parte." L'amica abbassò la voce. "Sai quanto ci verrà a costare il tutto?"
"Una cifra esorbitante."
"Non ho nemmeno il portafoglio." Le fece cenno di sedersi. "Però ho un piano." Strizzò l'occhio nella sua direzione e si guardò intorno per controllare quanta gente ci fosse. Ce n'era abbastanza per tenere occupati il barman e l'unico cameriere per tutta la mattina. Dopo che si fu accertata di questo, girò due sigarette e si avvicinò al bancone. Poggiò i gomiti su di esso spingendo il petto leggermente in fuori, si leccò le labbra quando ottenne l'attenzione del ragazzo intento a preparare qualche cocktail. "Io e la mia amica andiamo a fumare, possiamo pagare dopo?"
Le sorrise e lei seppe subito di aver vinto. "Certamente."
Sorrise di rimando e poi sorrise anche alla bionda, che la guardava quasi sbalordita, però c'era da aspettarselo da una come lei.
Una volta fuori le due si accesero la sigaretta e si guardarono negli occhi per poi guardare all'interno del locale. Il cameriere stava raccogliendo i cocci di una bottiglia di birra da terra e il ragazzo dietro al bancone stava di spalle rispetto a loro, alla ricerca di qualche bottiglia di liquore.
La rossa fece un tiro dalla sigaretta e poi cominciò a camminare tranquillamente, mentre la donna al suo fianco aveva voglia di correre e di urlare. "Quante volte l'hai fatto?" Chiese la bionda.
"Un paio." Alzò le spalle e vide un autobus accostare a qualche metro da loro, gettò a terra il mozzicone e ci salì al volo facendosi seguire a ruota dall'altra.
"Dove porta?"
"Non lo so."
Erano ormai le 5:37 del mattino, erano solo loro due (fatta eccezione dell'autista) su quell'autobus. Ma sarebbero state loro due pure se fossero state in mezzo ad una folla.
Sempre loro due.
La bionda e la rossa.
La rossa e la bionda.
Alice e Bea.










(Quella in foto è Beatrice)

Eravamo ReWhere stories live. Discover now