«Ci penso io a lui» mormoro piano a mio padre così da non far svegliare Tyler.
«Sei sicura?» chiedo dubbioso, ma io non esito ad annuirgli. «Sì» e rispondo decisa rivolgendo uno sguardo al mio non più tanto piccolo, ma sempre piccolo, fratellino. «L'ho sempre fatto».

Quando pensi di aver rimosso un ricordo dalla tua vita, di poter andare avanti senza più guardarti indietro, ecco che questo ritorna prepotentemente, facendo crollare quel muro che ti sei costruito intorno, svelando che in realtà quello che credevi fosse un muro di pietra è fatto di carta e basta solo un soffio di vento per farlo crollare.

Mi addormento in preda a pensieri ed angosce; chiudendo gli occhi più o meno per un paio di ore.
Il risveglio, inoltre, non è certo meno traumatico: un forte mal di schiena mi prende, dovuto all'ingombrante corpo di Tyler che occupa l'intera superficie del materasso, riservandone a me solo una parte minuscola. Sul suo volto addormentato però, traspare serenità e questo mi solleva l'umore, facendomi dimenticare pure del dolore. Vinta dall'istinto materno che fin da piccola nutro nei suoi confronti, ho pensato che fosse meglio dormire insieme a lui questa notte, per assicurarmi che stesse bene e che i ricordi non tornassero a fargli visita tanto presto.

Cautamente, mi libero dal suo braccio destro, saldamente avvinghiato al mio corpo, uscendo dalla sua stanza e dirigendomi in cucina, al piano inferiore, dove trovo mio padre intento a preparare quella che suppongo sia la colazione.

«Ciao» mormora l'uomo non appena mi vede.
«Ciao» rispondo con lo stesso tono neutrale, stropicciandomi gli occhi ancora assonnata.
«È sveglio?» domanda con una vena di preoccupazione.
Scuoto la testa, appoggiandomi al bancone. «No, dorme come un bambino» sorrido per tentare di tranquillizzarlo.

Lui annuisce silenziosamente, senza guardarmi in faccia e sapere che altro dire; l'evento della scorsa notte deve averlo turbato o, meglio, il non essere riuscito a fare niente deve averlo turbato; probabilmente si sentirà ancora più un estraneo nei confronti dei suoi stessi figli adesso.

In fin dei conti non è colpa sua, lui non c'era e non sa cosa abbiamo vissuto, cosa Tyler abbia vissuto.
Rammento ancora il giorno in cui fummo costretti a lasciare la nostra casa, a lasciare lui: ci aveva detto di prenderci cura l'uno dell'altra e noi lo avevamo fatto.
Nonostante la mia giovane età le mie preoccupazioni più che a me sono sempre state rivolte a lui, farei di tutto per proteggerlo, anche se a volte mi fa arrabbiare e vorrei strozzarlo.

«Starà bene» rispondo alla domanda che non ha il coraggio di pormi, la stessa che ho visto stampata sul suo volto ieri notte.

Papà sussulta un istante, rivolgendomi un sorriso dai tratti insicuri, per poi tornare a concentrarsi su quella che sta facendo: rovinare i pancakes.

Un odore di bruciato arriva alle mie narici e storco il naso per il fastidio, senza, però, farmi vedere. «Papà posso... Posso farti una domanda?» chiedo d'un tratto, cogliendo l'occasione per sfruttare quella sua apparente tranquillità.
«Quello che vuoi» risponde, ignaro del quesito che voglio porgli.
Mi schiarisco la voce un po' agitata e facendomi coraggio dico: «Perchè non ti sei rifatto una vita dopo il divorzio?»

Può sembrare stupido, ma è una cosa che mi tormenta da otto anni. Insomma, è ancora giovane e di bell'aspetto; trovarsi un'altra donna dovrebbe essere un gioco da ragazzi per lui.

L'uomo mi guarda stupito; è evidente che non si aspettasse tale domanda e che l'abbia preso in contropiede. Dall'espressione che trapela sul suo viso pare che nemmeno lui conosca la risposta. «Non so, forse perchè non ho trovato la persona giusta» dice con una scrollata di spalle.
«La ami ancora?» indago «La mamma». È la prima volta che la nomino da quando sono qui e fa uno strano effetto, mi provoca un retrogusto amaro sul palato parlare di lei. Allora vedo il vuoto attraversare i suoi occhi azzurri e sempre vivi. «Mi dispiace, non volevo...» capisco che non sia il caso di toccare l'argomento e cerco in tutti i modi di ritirare quello che ho detto per cambiare discorso, ma vengo interrotta bruscamente. «No, è tutto okay, io...» sospira lui, un sorriso amaro sul suo volto. «Io ho amato tua madre, molto. E amo il suo ricordo; la donna che era e che ho sposato, non quella che è diventata», confessa e le sue parole mi spiazzano. Qualcosa mi dice che in cuor suo lui speri ancora di ritrovare quella ragazza che lo aveva fatto innamorare al liceo, là, sepolta sotto la rabbia ed i fiumi di alcolici ingeriti; io, invece, penso che quella persona sia scomparsa anni fa e che non ci sia alcuna speranza di un suo ritorno.

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