Capitolo novantuno.

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Un po’ di tempo fa mi sono posta una domanda: di cosa è in cerca la maggior parte di noi?
Temo che la maggior parte di noi cerchi la gratificazione, la pienezza.
Dopo tutto, se si cerca la pace, la si può trovare molto facilmente. Ci si può dedicare ciecamente ad una causa, a un ideale, e trovare in esso rifugio.
Certamente questo non risolve il problema.
Rinchiudersi e isolarsi all’interno di un ideale non ci libera dal nostro conflitto interiore.
Per questo dobbiamo scoprire cos’è che ciascuno di noi desidera, sia nel proprio intimo che nel mondo esterno.
Ed è quello che ci rende davvero felici, la realizzazione di qualcosa.
La felicità si trova in qualsiasi cosa, basta guardarsi attorno.
Io ad esempio, in questo momento sono la ragazza più felice dell’intero sistema solare.
Non credevo fosse possibile che una creatura così piccola, così minuscola potesse donare tanta felicità.
A volte lo guardo dormire beato e lo invidio perché è ignaro di tutta la cattiveria che esiste al mondo.
Il suo cuore è puro, innocente.
Ma non è un bambino come tutti gli altri, no.. non lo è.
Mio figlio ha lottato per venire al mondo.
Ha sofferto. Ho sofferto.
Abbiamo entrambi patito delle pene che non augurerei a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico.
Se potessi, passerei le intere giornate a guardarlo mentre riposa tranquillo nella sua culla, circondato dai suoi pupazzi e dal suo sonaglio preferito.
Sono passati tre giorni da quando ho lasciato quella camera. Ancora mi porto dentro il senso di disagio.
Sono iperprotettiva nei confronti di Jamie, non riesco a staccarmi da lui.
Ho paura che possa succedergli qualcosa.
Ricapitolando, Nathan dorme nella stanza di mio fratello da giorni ormai. Si sta dando parecchio da fare con Jamie, devo ammetterlo.
A volte quando sono stremata dalla privazione del sonno si offre volontario per farlo addormentare.
Cambia persino i pannolini. Scherzo.
Il lavoro sporco spetta sempre a me. A parte questo sono soddisfatta. Quando li vedo insieme il mio cuore scoppia di felicità pura.
Ho iniziato questo percorso pensando che Nathan mi avrebbe abbandonata, che non avrebbe voluto conoscere mai suo figlio.. eppure eccoci qui.
Nathan impazzisce per Jamie e io impazzisco per loro.
Sono la mia massima felicità.
Le cose tra di noi sono rimaste in stand-by.
Dopo l’episodio avvenuto in camera mia è diventato più freddo, più scostante. Mi sono fatta un milione di domande e mi sono detta che, forse, anche se abbiamo avuto il bambino, tra di noi non potrà mai esserci nulla.
Francamente, l’unica cosa che mi importa in questo momento è mio figlio. Assicurarmi che stia bene e che cresca forte e sano. Ecco, adesso piange fino a farmi sanguinare le orecchie.
Lo prendo in braccio e metto su un po’ di musica.
La sua canzone preferita è Stars di Simply Red.
Non chiedetemi perché, ma ogni volta che l’ascolta riesce a calmarsi.
Ecco fatto, mi avvicino alla finestra per guardare il sole tramontare.
Colpetto delicato al sedere e lo accarezzo.
Colpetto al sedere e lo accarezzo.
Sempre la stessa procedura fin quando non crolla addormentato sulla mia spalla. Lo rimetto nella culla e spengo tutte le luci affinché riposi. Chiudo la porta e mi avvio in cucina.
Mentre sto prendendo un bicchiere di succo il campanello bussa. Una volta, due volte. Nessuno va ad aprire.
Come al solito.
“Ma che cazzo..” dico tra me e me.
Mia madre sbuca dal salone e per poco non mi viene un infarto.
“Cazzo” impreco.
“Hey.. cuidadito con esa boca..” mi ammonisce puntandomi il dito contro.
“E va ad aprire la porta prima che Jamie si svegli” aggiunge.
“Okay capo” alzo le mani in segno di resa.
Controvoglia percorro il lungo corridoio, apro la porta e mi ritrovo davanti il mio grande problema con gli occhi blu.
Sempre strafigo da farmi sciogliere, non come me che sembro la protagonista di Ugly Betty.
“Hey” mi saluta.
“Dovresti dormire un po’..” dice guardandomi in faccia.
“Grazie lo so anche io che sembro una drogata all’ultimo stadio..” ribatto innervosita mentre mi sposto per farlo passare.
Lo seguo mentre guardo cosa indossa.
Una tuta e una felpa. Sicuramente è andato ad allenarsi.
Oh Dio, l’immagine di lui che fa i pesi mi si addentra nel cervello.
“Jamie?” domanda mentre sbatte il borsone a terra.
“Si è addormentato” lo informo.
“Credo che abbia pianto fino a svenire” aggiungo mentre raccolgo alcune cose sul divano.
“Allora?” chiede buttandosi sulla poltrona di mio padre.
“Che hai fatto tutta la giornata?” mi chiede alzando le sopracciglia.
Mi prende per il culo?
“Oh, due.. tre cosette..” fingo improvvisando una vocina.
“Cioè?” chiede.
“Cambiare tuo figlio, allattare tuo figlio e far addormentare tuo figlio..” gli elenco sulle dita della mano.
Mia madre ci raggiunge nel salone con un cesto di panni sotto al braccio.
“Perché non ti rilassi?” scrolla le spalle.
“Perché non vi fate gli affari vostri?” ribatto con tono ovvio.
“Carrie, mi amor. Ti capisco, ci sono passata. È tutto amplificato. Sembra che tutto ti irriti o ti dia fastidio. Si chiama depressione post-partum” spiega.
“Non soffro di depressione post-partum” sbotto.
“Non soffro” incrocio le braccia al petto.
“E che mi sono resa conto che sono brutta, che sono stanca, che ho le occhiaie e che sono completamente esausta..” brontolo.
“A maggior ragione dovresti uscire. Respirare aria pulita, vedere il sole..” mormora mia madre.
Avere un figlio è stupendo, è bellissimo.. dico sul serio.
Ma la verità è che ti succhia via la linfa vitale.
A poco a poco impazzisci sperando che il giorno successivo non sia come quello precedente.
“Ha ragione tua madre” si intromette.
“Dovresti cambiare espressione, sorridere di tanto in tanto” aggiunge.
“Forse anche tu dovresti seguire il tuo stesso consiglio..” sbotto. “Cioè?” arcua un sopracciglio.
“Dovresti cambiare questa faccia da vino invecchiato da anni” borbotto.
“Okay” sussurra mia madre.
“Mi arrendo. Vado a fare il bucato” esclama, gira sui tacchi e se ne va.
Io davvero ce la sto mettendo tutta per non diventare una persona detestabile. Ce la sto mettendo tutta a non lasciare le redini in mano ai miei ormoni in subbuglio.
È solo che qualche volta vorrei piangere a dirotto per mesi interi e altre volte mi viene da ridere fino a farmi male lo stomaco.
Sono pazza? Forse sto impazzendo.
Detto ciò, Nathan nel suo bel completino da palestra non mi aiuta affatto a superare questa cosa.
Se mi guardo allo specchio mi trovo orribile.
Sgraziata, senza una forma.
Mentre lui invece è perfetto.
È perché tutto questo? Perché ho dovuto tenerlo io nel ventre per otto mesi e perché sono sempre io quella che lo nutre, lo cambia e lo fa addormentare.
È solo l’inizio e mi sembra un incubo senza via d’uscita.
Okay, forse ha ragione.. sono un po’ troppo acida.
Questo non mi aiuta per niente. Fa solo in modo che lui si allontani ulteriormente da me.
E questa è l’ultima cosa che voglio.
“Scusami” farfuglio avvicinandomi a lui.
“Hai sentito?” sussurra mentre si guarda intorno.
Come non detto. Jamie si è svegliato.
“È Jamie. Si è svegliato” sussurro mentre mi avvio in camera mia. Lui mi segue e sento il suo sguardo scorrermi addosso.
Apro la porta e accendo la luce. Effettivamente sta piangendo.
“Mi chiquito.. mi amor” sussurro mentre lo prendo dalla culla. Appoggia la testolina sulla mia spalla mentre gli do piccoli colpetti sul sedere. Nathan si avvicina a me e riesco a sentire il suo odore misto al sudore.
Una cosa inebriante.
Ma per pochi attimi mi dimentico che non siamo soli.
“Hey astronauta” sussurra mentre gli dà dei piccoli baci sulla fronte.
“Mi sei mancato oggi, lo sai?” ridacchia.
“Hai fatto arrabbiare la mamma oggi, eh?” sussurra mentre pian piano si calma.
Che bello, io sto ore ad agitarlo e a sballottolarlo ovunque poi arriva lui e con la sua voce si calma, ma dai.
Sembra proprio che Jamie sia innamorato del suo papà.
Questa è una congiura.
“Credo che Jamie abbia fatto qualcosa di sgradevole..” faccio una risata nervosa.
“Si, hai ragione” mormora allontanandosi.
Non ci posso credere, è questo che fa ogni dannata volta.
Scappa. Quello che sa fare meglio nella vita.
“È questo che mi rispondi? Si, hai ragione” sbotto imitando la sua voce.
“Potresti anche consultare il tuo vocabolario di tanto in tanto..” dico irritata.
“Hey.. non ti infiammare peperoncino” mi ammonisce.
“È del tutto normale che io mi infiammi. Mi infiammo perché ogni volta sono sempre io a cambiargli il pannolino” borbotto mentre lo stendo sul fasciatoio.
Gli sbottono la tutina mentre lui si avvicina mettendosi le mani sui fianchi.
“Perché devo farlo io? Insomma è una cosa da donne..” balbetta. “Gran bella risposta del cazzo. Sei un maschilista..” scuoto la testa. “Che c’è Jamie? Papà ha paura di cambiarti il pannolino..” mormoro imitando una strana vocina.
Abbastanza inquietante anche per me.
“Io non ho paura” fa una faccia buffa.
Lo guardo in risposta, come a dirgli ‘ma davvero?’.
“Eh va bene” dice con tono sconfitto.
“Lo faccio, che sarà mai..” aggiunge strofinandosi le mani.
“Ecco, bravo” ridacchio facendomi da parte.
“Spuntalo dalla lista dei tuoi tabù..” indico il pannolino. “Divertente” mormora mentre si abbassa a dare un bacio al bambino.
“Okay, Jamie. C’è papà qui..” sussurra come rincretinito.
Okay, adesso ho la conferma di non essere l’unica ad essere impazzita.
Cerca di tirare giù il pannolino mentre lo sgrido.
“Ma che fai?” mormoro.
“Non so come fare” ansima.
“Non sto sfilando il reggiseno ad una donna” mormora.
“Sto togliendo il pannolino ad un neonato” aggiunge.
“Non menzionare le tue sudice storie di sesso quando sei davanti a tuo figlio” lo ammonisco.
“Okay, okay” alza le mani.
“Era per dire. Sta calma..” bofonchia.
“Devi tirare le linguette” gli indico i bordi del pannolino.
“Ecco, bravo” sussurro mentre fa quello che gli viene detto, almeno per una volta nella sua vita.
Apre il pannolino e wow.
Per poco non collasso.
“Oh Gesù” impreca mentre tiene aperto il pannolino.
“Non ha mangiato tanto da produrne così..” balbetta.
“Oh mio Dio” mormoro tappandomi il naso.
“Mi bruciano gli occhi” sogghigno.
“Okay, forza e coraggio” lo incoraggio mentre tolgo il pannolino sporco da sotto.
“Adesso prendiamo una salvietta profumata, ci mettiamo su un po’ di detergente e lo puliamo per benino..” spiego mentre gli passo la salvietta unta.
“Così?” chiede mentre inizia a pulirgli il sederino.
“Esattamente..” commento.
“Non è poi così difficile..” ridacchia nervoso.
“Ecco. Bravo. D’ora in avanti lo farai sempre tu” faccio un sorrisetto e gli do una pacca sulla spalla.
Osservo attentamente mentre lo pulisce, devo dire che non scherza.
È perfetto.
“Okay.. adesso?” domanda.
“Adesso prendiamo un pannolino pulito e lo posizioniamo sotto al culetto..” sussurro mentre gli faccio vedere.
Si schiarisce la voce mentre inizia a ridere.
“Ma perché ridi?” lo guardo seria.
“Niente.. è solo che… è proprio mio figlio..” ridacchia mentre gli indica il pisellino.
Già, è proprio tuo figlio.
Come dimenticarlo.
“Quanto sei profondo..” sussurro stringendo gli occhi a due fessure.
“Adesso che faccio?” mi chiede di nuovo.
“Adesso chiudi le linguette..” gli faccio vedere.
“Ora faccio io..” mormoro mentre si sposta al mio fianco.
Jamie tuo padre non è un completo fallimento.
Missione compiuta. Mi do il cinque mentalmente mentre gli chiudo la tutina. Nathan prende Jamie in braccio e lo culla dolcemente.
“Dove sei stato?” chiedo mentre metto a posto nella stanza.
“Ho avuto il turno al Crave e poi sono andato in palestra, poi ho portato la macchina all’autolavaggio..” mi informa.
Tutto è tornato alla normalità insomma. Molto probabilmente avrà già messo gli occhi su qualche gatta in calore.
“E tu?” chiede.
“Solite cose..” biascico.
“Scusami per prima..” mormoro guardandomi le mani.
“È solo che davvero ci sto provando a far funzionare tutto.. ma sono così nervosa, suscettibile. E ho paura..” rivelo.
“Di cosa?” alza un sopracciglio.
“Ho paura che possa succedere qualcosa a Jamie. Ho il terrore che io possa svegliarmi e non trovarlo al mio fianco..” rivelo mordendomi il labbro.
Mi guarda come se volesse soppesare le mie parole, poi guarda Jamie e decide di sistemarlo nella sua culla.
Mi si avvicina e si mette le mani sui fianchi.
“Hai ragione..” sussurra passandosi una mano sul volto.
“Non ne abbiamo mai parlato da quando sei uscita dalla clinica..” mormora.
Mi siedo e lui si inginocchia davanti a me con i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
“Io so che è stata lei..” farfuglio.
“Ma è come se il mio cervello avesse resettato tutto. Sono ancora scioccata per quello che mi ha fatto. Mi ha spinto per le scale fregandosene del fatto che io fossi incinta. Per colpa sua ho subito due operazioni, ho avuto una commozione cerebrale. Ho dovuto partorire Jamie non in modo naturale ma tramite un'operazione, dopodiché stavo per morire dissanguata. E come se non bastasse, dopo tutto quanto ha rapito mio figlio. Nostro figlio e l’ha portato con sé in uno squallido appartamento dove molto probabilmente faceva l’escort a pagamento…” butto fuori tutto d’un fiato.
“Hai ragione.. quello che ha fatto.. è ingiustificabile. Merita di essere punita” sospira.
“Lo sai vero, che l’FBI sta facendo di tutto per rintracciarla..” mi conforta.
“Si, ma sembra che lei sia sempre un passo avanti a noi..” ribatto.
“Hey.. hey..” sussurra prendendomi il volto tra le mani.
“Guardami” mi ordina e io faccio come dice.
“Non devi più avere paura. Ci sono io a proteggervi. Farò del male a chiunque si permetta di toccarvi..” mi rassicura.
Le sue parole mi scaldano il cuore, mi confortano.
Ma non è da lui che dipende la mia serenità mentale ma da me stessa. Devo imparare a non essere paranoica.
Devo imparare a vivere come se fosse l’ultimo giorno, apprezzando ogni singolo istante della vita.
Insomma, sono forte abbastanza per superare anche questa.
“Grazie.”
“Non devi ringraziarmi. Non devi mai farlo..” mormora e poi mi abbraccia.
Il luogo più bello al mondo, il mio posto felice.
Il punto felice.
La mia meta perfetta.
Perché devono esserci così tanti ostacoli tra di noi Nathan? Perché deve essere sempre così tutto complicato? Si stacca lentamente da me e mi guarda le labbra.
Non posso, non ci riesco.
Mi alzo di scatto e lui fa lo stesso.
“Vado a fare una doccia..” mormora mentre mi lascia sola nella stanza.
Lo so, sono complicata.
Ma per quale motivo devo sempre essere io a rivelare ciò che provo? Perché per una volta non può essere sincero e dirmi in faccia cosa pensa di me?
È vero, non ho mai smesso di amarlo.
E quando non c’è mi manca. Disperatamente.
Mi manca ma so già come funziona. Ormai sono abituata. Mi manca ma continuo la mia vita tranquillamente.
Spesso lo penso, concedetemelo.
Eravamo perfetti nella mia mente.
Ero già felice.
Lo sentivo già nella pelle, il cambiamento.
E poi, come sempre, il castello in aria ha cominciato a crollare, e dopo pochi secondi non c’erano che resti. Resti di un ipotetico “noi”, resti delle mie speranze, delle mie illusioni, dei miei “questa volta tocca a me essere felice."
Resti di un sogno, fin troppo bello per essere vero.

Forte come due ma sei solo una. (WATTYS2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora