Capitolo quattordici.

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Ero tipo impalata a fissare la vetrina, le mie mani sudate stringevano i manici di pelle dello zaino. Feci alcuni passi e mi decisi ad entrare. Il mio corpo ebbe un fremito di sollievo grazie all'aria fresca che il condizionatore regalava. Mi tolsi gli occhiali per scrutare meglio, c'erano alcune persone che facevano la fila per essere servite al bancone, altre invece erano sedute ai tavolini gustandosi un buon caffè o un gelato. Così mi venne un illuminazione. Il mio sguardo saettava a destra e sinistra ma non lo vidi. Per non insospettire il personale andai dritta alla cassa e pagai per un gelato confezionato. Mentre aspettavo per fare la fila al bancone e per essere servita mi guardavo attorno e speravo che da un momento all'altro Nathan sbucasse da qualche parte. Ma evidentemente Nathan aveva la giornata libera. Scelsi di affogare la mia delusione nel gelato al cioccolato con nocciole. Un ragazzo sulla trentina rasato e pieno di tatuaggi mi servì, presi il mio gelato e decisi di uscire fuori a mangiarlo. Mi sentivo troppo osservata e non mi andava proprio di rimanere lì dentro ancora per molto. Aprì la porta e ebbi subito l'impatto dell'aria calda contro la mia faccia. Una volta fuori, trovai uno sgabello vuoto e mi sedetti per gustarmi almeno il gelato.

Guardavo la gente passare, anziani, bambini e mi soffermai a guardare una mamma con una bambina al suo fianco. Aveva si è no tre anni ed emanava una dolcezza incredibile. Aveva la bocca ricoperta del gelato che gli colava dal cono, chiamava la mamma e gli tirava la gonna per attirare la sua attenzione. Per un attimo mi identificai in quella bambina, aveva lo stesso colore dei miei capelli e suoi occhi erano come i miei. Ero persa nei miei pensieri e lo sguardo fisso verso quella bambina.
"È buono?" mi interrupe una voce familiare strappandomi dai miei pensieri. Sobbalzai d'istinto e mi trovai Nathan di fronte che mi fissava con fare divertito..
Oh mio Dio, era proprio di fronte a me. Il mio cuore perse un battito.
"C-certo" balbettai.
Che stupida.
Lo guardavo con la bocca spalancata. Aveva addosso una maglia bianca a mezze maniche, un paio di jeans stropicciati da lavoro e le sue sneakers. Gli feci una radiografia completa in pochi secondi. Poteva anche indossare un sacco dell'immondizia, era sempre fottutamente bello.
"Ne sono felice" disse reprimendo una risatina. Mi trovava buffa, come dargli torto. Ero lì seduta su uno sgabello, in una mano avevo un cono gelato che si stava praticamente sciogliendo come me davanti alla sua bellezza. Dovevo darmi una regolata.
I suoi occhi erano fissi su di me, seguiva attentamente tutti i miei movimenti. Cosa stavo facendo di tanto strano? Da quando mangiare un gelato era diventato così buffo? Ad un tratto si avvicinò a me ancora di più. E il mio corpo sentiva il calore della sua presenza, sentivo il suo profumo. Sentivo lui così vicino.
Pericolosamente vicino.
I miei sensi erano tutti in allerta. Mi fissava il volto con un sorriso strano. Quasi divertito.
"Aspetta.." sussurrò facendomi uno di quegli sguardi maliziosi. Oddio, nel mio stomaco scoppiarono i fuochi d'artificio.
La sua mano si avvicinò al mio viso e con il pollice mi pulì l'angolo della bocca. Quel contatto mi mandò in combustione. Il cuore mi batteva così forte che mi faceva male il petto. Nello stesso momento lui mi guardava con malizia, come se io fossi la preda e il predatore esperto.
Quel piccolo contatto mi si riverberò nell'intestino. Aveva un'aria così sicura di sé.
Nei suoi occhi un luccichio osceno mentre io non riuscivo a distogliere gli occhi dalla sua bocca.
Tolse la mano e si portò il pollice in bocca, succhiandolo. I miei occhi non ci potevano credere. Ero morta e quello era il paradiso.
"Mmh" mugugnò in apprezzamento.
"Cioccolato, ottima scelta" sussurrò dopo essersi sfilato il dito dalla bocca mentre io ero ancora decisa a fissare le sue labbra piene. Mi venne una voglia incredibile di baciarlo, per sapere che gusto aveva la sua bocca. Ma decisi di deporre i miei istinti e gli sorrisi flebilmente. Forse per lui era normalissimo comportarsi in quel modo e poi subito dopo fare finta di nulla. O me lo toglievo dalla testa o mi adattavo al suo modo di essere.
"Che fai qui?" mi chiese, sfilando una sigaretta dal pacchetto di Marlboro. Improvvisamente mi fece quella domanda come se gli desse fastidio la mia presenza. Era forse bipolare?
Oh, non sapete quanto.
"Sono qui per la mia amica" quasi mi giustificai.
Decisi di buttare il resto del gelato e mi accesi anche io una sigaretta.
"Siete amiche da tanto?" mi chiese facendo un tiro lungo dalla sua sigaretta.
Perché improvvisamente gli importava del legame che avevo con Dan?
"È la mia migliore amica" ribattei.
Infatti la mia migliore amica se sapesse che sto parlando con te mi ucciderebbe a mani nude. Lo sai cosa sto rischiando per te?
"Capisco.." mormorò con fare indifferente. Decisi di estorcergli qualche informazione.
"Lavori da molto tempo qui?"
"Non da molto. È un lavoro come un altro.." disse con espressione neutra.
"E oltre a questo cosa fai?" chiesi conoscendo già la risposta.
"Gioco a calcio" sorrise.
Improvvisamente l'immagine di Nathan in uniforme mi balenò per il cervello e mi morsi il labbro inferiore.
"In che ruolo?" chiesi sorridendogli.
"Attaccante. Io gioco per vincere" aveva uno sguardo serio come se quello che mi aveva appena detto fosse un messaggio in codice. Gli piaceva vincere? Quello l'avevo capito.
"A chi non piace vincere?" domandai con tono civettuolo mentre lo sfidai con gli occhi.
"Suppongo che piaccia anche a te, o sbaglio Carrie?" ricalcò con la lingua il mio nome. Il modo in cui lo pronunciava mi mandò in paradiso senza ali.
"Giusto" sussurrai guardandolo negli occhi incessantemente.
"E tu invece?" mi chiese.
Si appoggiò allo stipite della porta.
"Mi diplomerò quest'anno" dissi portandomi una ciocca di capelli dietro ad un orecchio. Sono una normale ragazza.
Una normale ragazza che non vede l'ora di saltarti addosso, pensai.
"Vai spesso in quel locale a Long Beach?" chiese con aria curiosa.
"Non sempre" dissi. Perché voleva sapere se io frequentavo spesso quel posto?

"Mi piace come locale" ammiccò con voce era provocante. Pura sensualità. A me piaci tu.
"Anche a me" sussurrai.
"E devo dire che balli piuttosto bene con il tuo ragazzo" disse ricordandomi improvvisamente Mr Ingessatissimo. Ma che cazzo, Carter non era il mio ragazzo.
"Oh, no. Non è il mio ragazzo. È un amico" mi giustificai.
"Pensavo lo fosse.. ci avrei scommesso" disse istigandomi ancora e ancora. Voleva provocarmi e ci stava riuscendo.

"Avresti perso.."

"C'è una prima volta a tutto" disse parlando direttamente con le mie parti basse.
Si, ero più che d'accordo con lui. Mi morsi istantaneamente il labbro, ero tesa e mi mandava in confusione.

"Non posso che essere d'accordo con te" lo risposi timidamente. Mi guardò con quegli occhi blu che mi devastavano completamente. Mi immobbilizzavano e mi leggevano dentro. D'un tratto sentimmo una voce che gridava incessantemente, era l'uomo della cassa che mi detestavo.

"Nathan" urlò richiamando l'attenzione di entrambi.
"Scusa, devo entrare. Attacco il turno. Ci vediamo.." disse entrando nel Crave non lasciandomi nemmeno il tempo di risponderlo. E come sapeva fare solo lui mi lasciava sulla punta di un coltello affilato.

"Ciao anche a te" sussurrai con delusione.

Me ne andai e decisi di fare a piedi il percorso verso casa, la camminata mi schiarì abbastanza le idee.



Forte come due ma sei solo una. (WATTYS2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora