Capitolo trentuno.

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Il giorno dopo andare a scuola fu inevitabile purtroppo.
Avrei tanto voluto scavare una fossa di almeno tre metri e sotterrarmici dentro per non dover affrontare tutto il casino che avevo nella testa.
Quella mattina mi ero svegliata con la luna storta, abbastanza storta da mandare a fanculo anche qualche professore.
E non era una novità, il malumore persisteva.
Entrai in classe con Sara e Mery al mio fianco, stavo per raggiungere il mio banco quando Kate mi bloccò la strada per arrivarci.
Dietro di lei si schierarono le sue fedelissime cagne da guardia. Poco dopo ci raggiunsero Francis e Cloe.
Non ero proprio dell'umore adatto per affrontare una litigata, ma se Kate voleva davvero discutere con me avrebbe avuto pane per i suoi denti e qualche arto rotto.
Detestavo dover fare quelle cose, avere quelle conversazioni sciocche e prive di significato con persone che avevano il cervello simile a quello di una gallina. Mi era stata proposta una borsa di studio in un'università prestigiosa anche per il mio eccellente comportamento. Non ero mai stata espulsa, mai sospesa, mai cacciata dalla classe e mai mandata in presidenza.
Tranne quella volta in cui presi una pallonata in pieno volto durante l'ora di educazione fisica.. ma quella è un'altra storia.
Non volevo mettere a repentaglio la mia futura carriera a Los Angeles per una stupida puttanella come lei.
"Mi faai passare?" chiesi con tono calmo e neutrale.
"Non ho capito.. Voi avete capito qualcosa ragazze?" guardò le sue amiche e loro risero come se la cosa le stesse divertendo da morire.
"Ho detto: mi fai passare?" replicai infastidita.
"Non ti sei lavata le orecchie stamattina Kate, oppure ti è scaduto il contratto per l'apparecchio acustico?" risi amaramente.
Se voleva giocare duro sapevo farlo anche io.
Non mi intimoriva più.
"Davvero non ti capisco, puta. Dovresti parlare la mia lingua o almeno quella che parliamo qui in America.." mi prese in giro.
Da quando per lei le mie origini contavano?
"Perfetto.. perchè so parlare anche lo stronzese.." sbottai.
Stavo per oltrepassarla quando mi si pose di nuovo davanti.
"Ma che hai stamattina Kate? Ti sei svegliata con la vagina al contrario?" abbaiò Sara infastidita.
"Puta dì alla tua amica di chiudere il becco.." la indicò con un dito. "Vaffanculo Kate, sei una stronza razzista. Se mi offendi di nuovo giuro che ti faccio ingoiare quella lingua velenosa" urlai e incominciai a spintonarla.
Ultimamente non sapevo controllare perfettamente i miei scatti d'ira.
Sara mi prese per un braccio e incominciò a tirarmi all'indietro.
"Brutta puttana.. non osare mai più minacciarmi" Kate mi si avventò contro e mi prese per la maglia.
Riuscì a liberarmi dalla sua presa.
"Non chiamarmi mai più puttana.." abbaiai furiosamente e la spinsi quel tanto da farla cadere con il sedere a terra.
In quello stesso istante entrò la professoressa di calcolo.
Cazzo, tempismo perfetto.
"Che diavolo sta succedendo qui?" urlò e sbattè i libri e il registro di classe sulla cattedra.
Ansimavo furiosamente per la rabbia mente Kate si alzò con l'aiuto della sua amica Jessica.
"Te la faccio pagare" mi intimò in tono minacciatorio mentre si lisciava le pieghe della gonna.
Gli feci il dito medio.
"Tu non la fai pagare proprio a nessuno" disse infuriata la professoressa O'Brien.
Si infilò gli occhiali da vista e aprì il registro.
Oh cazzo, erano guai.
"Non so cosa diavolo vi stia succedendo, questa è la seconda volta che vi becco in una zuffa. Siete delle ragazze e vi comportate come maschiacci. Avete bisogno di disciplina" borbottò e prese una penna dalla sua borsa.
Le altre erano tutte intente a guardare la scena, ma nessuna fiatava. Notai Cloe che mi lanciava uno sguardo da 'ti sei messa nei guai, ma non posso salvarti il culo.'
"Professoressa O'Brien.. per favore mi ascolti, è stata Kate a incominciare ad insultare Carrie. L'ha deliberatamente offesa dicendo che è una di razza inferiore solo perché è originaria del Messico. Lei si è soltanto difesa" si intromise Sara.
Apprezzai quello che fece Sara, difendermi era quello che sapeva fare meglio ma la professoressa era un osso duro, lo sapevamo tutti.
Non si sarebbe lasciata convincere tanto facilmente.
"Signorina Abrams questo non è affare suo. Stia zitta o punirò anche lei.." la ammonì.
Ah, benissimo. Il mio sesto senso non falliva mai. Sapevo che quella mattina avrei avuto qualche grana e tutto per colpa di Miss Troietta di Long Beach.
"Senta Mrs O'Brien so che ha a cuore la disciplina e la serietà ma mi creda Sara non c'entra niente in questa situazione chi dovrebbe punire qui è Kate non io. Mi sono soltanto difesa, non vedo come io avrei potuto stare zitta quando ha offeso le mie origini.." soutai.
"Cosa? Io? Ha cominciato lei" urlò Kate puntandomi un dito contro.
"Mi ha messo le mani addosso e mi ha buttata anche per terra, ha visto lei stessa Professoressa O'Brien" aggiunse Kate con tono innocente.
"Io non ho fatto proprio niente, sei tu che mi sei venuta addosso e loro possono confermare" urlai furiosa in sua direzione.
Gli occhi quasi mi uscivano dalle orbite.
"Basta" urlò la professoressa.
"Ne ho abbastanza. Johnson si accomodi in presidenza" mi guardò fuoriosa.
"Ma io..." non mi lasciò terminare.
"Ho detto fuori.." puntò con il dito l'uscita.
Vaffanculo. Vaffanculo con il cuore.
Grazie tante fottuta Kate.
Presi la mia borsa e guardai in cagnesco la mia acerrima nemica e furiosamente uscii dall'aula sbattendo forte la porta dietro di me. Avevo bisogno disperatamente di rompere qualcosa ma mi trattenni.
Un'ora dopo aver aspettato come una cogliona fuori al corridoio, uscì Mrs O'Brien e mi guardò con aria glaciale.
"Seguimi" mi ordinò.
C'era davvero bisogno di trattarmi come una criminale che stava per essere condannata al patibolo?
Arrivammo davanti alla porta della presidenza e pensai al guaio in cui mi ero cacciata, due giorni prima ero stata convocata in quel posto per una proposta di lavoro per il mio futuro e ora l'idea di dover deludere la preside Lincoln mi angosciava tremendamente.
La stronza della mia professoressa di calcolo al mio fianco bussò la porta ed entrò, poi mi fece segno di entrare dopo di lei.
Entrai e come al solito vidi la preside affaccendata a sistemare carte e a rispondere telefonate.
Posò la cornetta del telefono e ci guardò attentamente.
"Qualche problema?" chiese guardando prima la professoressa e poi me.
"Preside Lincoln.. buongiorno. Stamani ho trovato la signorina Johnson che litigava animatamente con un alunna.." disse con tono altezzoso.
Cosa? E Kate dov'era andata a finire in tutta quella storia? Aveva incominciato lei e poi la colpa dovevo averla soltanto io?
Che bastarda, pensai tra me e me.
Odiavo calcolo, odiavo lei e l'avrei odiata per il resto dei miei giorni in quel fottuto istituto del cazzo.
"E io cosa dovrei fare?" rispose semplicemente la preside.
"Questa è la seconda volta che le sorprendo in una rissa, sono arrivate anche alle mani e credo che debbano meritare una punizione esemplare.." esclamò.
Cosa? Punizone esemplare? Era impazzita per caso?
"Chi è l'altra ragazza?" domandò quasi senza interesse.
"Kate Delgrago" sospirò.
Kate barra satana barra Delgrado.
Sbuffai impaziente.
"Ah, Delgrado. Ecco spiegate molte cose.." disse quasi leggendomi nel pensiero.
"Ho pensato ad una punizione.." incominciò a blaterare Mrs O'Brien quando la preside la fermò.
"Apprezzo il suo interessamento ma credo che spetti a me decidere le punizioni. Posso chiederle di lasciarmi chiacchierare per due minuti con la signorina Johnson?" domandò con aria divertita la preside.
Chiacchierare? Le mie orecchie avevano sentito bene?
"Certo, aspetto fuori" farfugliò e prima di uscire mi lanciò un occhiataccia.
Ecco, beccati questa stronza dei miei stivali, pensai.
"Accomodati Carrie.." fece segno con la mano mentre mi scrutava con la punta degli occhi.
"Allora cosa è successo?" domandò.
"Senta.. Preside Lincoln mi trovo in grande imbarazzo di fronte a questa spiacevole situazione, tutto questo non si addice alla mia personalità. Io sono una ragazza educata e rispettosa fin quando non mi offendono. Stamattina Kate aveva tutta l'intenzione di farmi arrabbiare e mi ha insultata facendo commenti razzisti riguardo le mie origini. Ho cercato di evitare ma lei sa sempre come cavarsela e la situazione mi è leggermente sfuggita di mano. Ma i-io..." balbettai nervosamente.
"Non è la prima volta che qualche alunno viene a lamentarsi di Kate, so perfettamente che è una ragazza attacca brighe.." disse.
"La prego, la prego non mi dia l'espulsione" la supplicai.
"Carrie, calmati sei una delle mie migliori alunne, non mi verrebbe mai in mente di cacciarti dalla scuola" sospirò.
"Ma devo prendere provvedimenti.. avrai una punizione. Un programma extra scolastico. Farai parte di un associazione della scuola che ha in programma l'assistenza di alcuni anziani. Qui a Santa Ana le persone che si affidano a questi programmi sono davvero poche, quindi farò in modo che tu venga assegnata ad una brava persona. Sarai impegnata dopo la scuola tre volte a settimana per tutto il pomeriggio" spiegò e abbozzò un sorriso per indolarmi la pillola.
"E io cosa dovrei fare esattamente? Cambiare pannoloni e dare le medicine? E dove lo prenderò il tempo per studiare nei mesi prossimi? Si stanno avvicinando gli esami" esclamai.
Perché avevo come la sensazione di voler sparire?
"Non preoccuparti, questo è un programma che durerà due mesi all'incirca. E poi non dovrai fargli da infermiera. Più che altro queste sono persone che hanno bisogno di affetto e di una persona con carità cristiana come te, che le faccia un po' di compagnia. Tipo leggere un libro, prendere un thè, fare una passeggiata" spiegò nuovamente.
"Quindi dovrei fare da baby-sitter a qualche anziano signore? Posso pensarci prima di accettare?" domandai sarcasticamente.
"Non devi accettare, lo devi fare e basta. In più se alla fine del programma avrai svolto un buon lavoro, avrai dei punti extra per il tuo diploma.." mi informò.
Ottimo, dovevo passare il resto dei miei pomeriggi a fare da balia a qualche vecchio rincretinito.
"Okay, ma Kate verrà punita come me, giusto?" domandai.
"Mi assicurerò personalmente che la signorina Delgrado svolga una punizione che non rientra sicuramente nel suo stile di vita" sorrise ironicamente.
Colsi la metafora, avrei tanto sperato che mandassero Kate a lavare gabbinetti o peggio ancora a lavorare in qualche cucina disgustosa.
"Fuori troverai la professoressa O'Brien che ti darà l'indirizzo e i connotati della persona che assisterai.." disse mentre mi stavo alzando per dirigermi alla porta.
"Ah, e Carrie inizi oggi. Buona fortuna e buon lavoro.." mi fece l'occhiolino.
Perfetto, una sessantenne mi aveva appena strizzato l'occhio e per di più per il resto dei due mesi dovevo passare del tempo con un pensionato.
Dopo le lezioni la professoressa O'Brien mi diede un foglio dove c'era scritto l'indirizzo della persona che dovevo assistere quel pomeriggio. Era una signora, fortunatamente. Mercedes Lopez, era questo il suo nome.
Era davvero un nome carino e avrei tanto voluto che lo fosse anche lei. Durante il pranzo spiegai a mia madre di quel nuovo incarico ma gli nascosi che era una punizione. Gli dissi che se avessi svolto per bene quel lavoro avrei avuto dei punti in più per il diploma. Lei mi sembrò davvero entusiasta.
Poi nominò nonna Enriqueta e la malinconia si impossessò di me. La mia nonna vive a Santa Fe dove è nata e cresciuta mia madre. Avevo tanta voglia di vederla e di abbracciarla.
Più tardi nel pomeriggio indossai un abbigliamento sportivo e informale, un paio di jeans strappati a vita alta, una shirt bianca e le mie Stan Smith.
Decisi di camminare per schiarirmi la mente, pregai in venti lingue diverse affinché quella signora non fosse antipatica o sgorbutica. Se fosse stata una brava persona avrei seguito i consigli della preside Lincoln, l'avrei portata a fare una passeggiata, avremmo bevuto the e magari letto qualche romanzo rosa.
La mia fantasia non aveva limiti ma andai in panico non appena mi accorsi che l'indirizzo era una strada vicinissima al Crave. Volevo tornare indietro.
Non avevo per niente voglia di vedere Nathan De Luca.
Mi irritava solo il pensiero.
Avrei fatto l'impossibile affinché non lo incontrassi. Mi sarei nascosta dietro cassonetti o addirittura mi sarei camuffata.
Presi di nuovo il foglio che indicava 18h St. di Main Street e mi ritrovai a fissare la porta della merceria con l'insegna verde.
Non poteva essere vero.
Scossi il capo. La signora della merceria era la signora che io avrei dovuto assistere per due mesi?
L'idea non mi dispiaceva, quella tenera signora aveva avuto un dolce impatto nei miei confronti quell'unica volta dove avevo comprato da lei del materiale. Entrai e mi chiusi la porta alle spalle. Si sentiva l'odore acre della fuliggine. La polvere era la cosa che dominava di più oltre alle balle di tessuto sparse un po' dappertutto. Il bancone era ricoperto di bottoni, forbici, metri e spilli di tutte le dimensioni. Sul retro c'erano manichini di tutte le forme ingialliti ormai dal tempo.
Era sempre molto buio e aleggiava in quella grande stanza solo la fioca luce delle lampade.
"C'è nessuno?" chiesi.
Mi guardai ancora in giro e mi soffermai su una cornice di legno. La presi in mano e vidi una foto in bianco e nero di una coppia. Una coppia di innamorati davvero molto belli, dovevano avere entrambi la mia età.
Erano felici e sorridenti come se niente al modo potesse interferire con la loro gioia.
Per un secondo li invidiai.
"Quelli siamo io e mio marito al nostro primo appuntamento" sussurrò l'anziana signora alle mie spalle.
Sobbalzai di colpo e posai la foto sul bancone.
"È davvero molto bella.." gli sorrisi.
"Grazie cara, ti stavo aspettando. Ma dimmi, hai trovato la strada con molta facilità?" chiese aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso.
La trovai terribilmente dolce a quel gesto.
"Ma lei si ricorda di me?" chiesi facendo un sorriso.
"Certo che mi ricordo di te, cara Carrie. Mi hanno parlato davvero bene di te quelli dell'associazione. Sono grata della tua compagnia.. Dalla prima volta che ti ho vista ti ho trovata subito molto dolce" sussurrò.
"Spero che a te non dispiaccia passare un po' di tempo con una vecchia signora come me" aggiunse ridendo.
"Per niente, sono più che lieta di darle un mano e di fare qualsiasi cosa lei abbia voglia. Per qualsiasi cosa faccia affidamento su di me, sono qui per questo" sussurai dolcemente.
"Okay, allora voglio che vai di sopra e ti metti comoda. Magari togli la giacca e posi la borsa. Così ti sentirai più a tuo agio. Sai qui non vengono molte persone da tanto, quindi fai come se stessi a casa tua" aggiunse indicandomi la porticina che portava al piano superiore, quella che doveva essere la sua casa.
"Grazie Signora Lopez."
"Ti prego chiamami Mercedes" mi pregò.
"Va bene.." risposi e mi avviai al piano di sopra.
Percorsi una scalinata e mi domandai come faceva la povera signora a salire e scendere tutta da sola. Dovevano essere una ventina di gradini. Appena li salii tutti mi trovai in un ampia stanza, decorata in modo antico.
Un divano al centro con due poltrone sui lati, un tavolino da caffè nel mezzo, di fronte ad un camino. A terra c'erano vari tappeti e ai muri erano appesi quadri antichi, qualche foto di lei e del marito, poi c'era un orologio a cucù e delle statuette di legno e di bronzo. Ai lati della stanza c'era una credenza con una serie di collezioni di porcellana, altri gingilli e calici di cristallo. C'erano piante e lampade antiche che davano calore alla stanza. Presa dalla curiosità mi permisi di sbirciare un po' nelle altre stanze. La stanza adiacente era la camera da letto, ma non entrai perché la vidi come una mancanza di rispetto.
Al contrario vidi la cucina che era in stile antico, con pentole di ceramica e di bronzo. Davvero molto bella per chi amava quel genere di cose. L'altra stanza era un bagno piuttosto grande con piastrelle bianche e una vasca grandissima. In più c'era una stanza che doveva essere un ripostiglio, dove c'erano le balle di stoffa e tutto il resto del materiale in vendita. Era davvero una bella casa, accogliente e molto confortevole. Avevo capito che alla signora Mercedes e suo marito piaceva molto l'arte, cosa che mi affascinò molto.
Mi tolsi la giacca e la poggiai su una poltrona insieme alla borsa, presi il telefono dalla tasca della giacca quando un rumore attirò la mia attenzione. Udii delle voci provenire dal piano di sotto, pensai subito ad un cliente così mi affrettai a scendere i gradini saltellando per offrire il mio aiuto.
Saltellai l'ultimo gradino.
"Signora Mercedes" la chiamai sorridendo.
"Le serve aiuto?" domandai e non appena alzai lo sguardo mi ritrovai davanti il mio grande problema con gli occhi blu.

Forte come due ma sei solo una. (WATTYS2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora