Capitolo quarantaquattro.

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Non posso ancora crederci.
L'ha fatto per davvero.
Mi ha morso. Sento ancora il sapore metallico mentre ripenso a poco prima.
Piccola troia..
Una cosa è certa; la lezione che le ho dato non le è servita per imparare le buone maniere.
Ma quando mai mi sono piaciute le buone maniere?
Mi ha fatto incazzare ma allo stesso tempo mi ha eccitato e tanto.
Sono seriamente preoccupato per questo.
Nessuna mai mi ha respinto in quel modo.
In un certo senso dovrei sentirmi offeso ma se vuole fare la difficile, la accontento volentieri.
Entro nel Crave e prendo il mio borsone.
Ho bisogno di andare in palestra e sfogare tutta questa rabbia repressa che ogni ventiquattro ore ricompare come per magia.
Salto nel mio BMW, inserisco uno dei miei CD di Eminem per darmi carica e gasarmi più che mai.
Una volta arrivato, parcheggio al solito posto, prendo il borsone e mi avvio all'entrata.
Una volta dentro mi sento a casa.
Posso sentire l'odore di sudore, di sforzo fisico e aggressività. Conosco quasi tutti o meglio loro conoscono me.
Mi avvio verso lo spogliatoio e incomincio a togliermi i vestiti. Infilo dei pantaloncini neri, una maglia bianca a maniche corte e una felpa grigia sopra.
Passo ai calzettoni neri e gli stivaletti Adidas.
Una volta pronto mi alzo e poso il borsone nel mio armadietto.
I poster di Tyson mi danno carica così alzo il cappuccio della felpa in testa ed esco fuori.
Attacco con le prime macchine, mi scaldo veloce, ripetizioni a raffica, per ammorbidire i muscoli.
Carico poco, il minimo indispensabile.
Vedo uscire una ragazza di fretta con un cappellino grigio mezzo calato sulla testa.
Certo che ce ne sono di persone strane al mondo.
Lì vicino altre due ragazze parlano fra loro e ridono di qualcosa. Forse racconti della sera precedente o di quello che deve ancora accadere.
Una è leggermente truccata, porta i capelli corti mesciati e se li tocca in continuazione.
Ha un bel fisico e sta a gambe larghe perché sa di averlo.
L'altra è più piena e non tanto alta, capello alle spalle.
Ha le mani sui fianchi e una tuta grigia leggermente macchiata dalla quale spunta fuori una striscia di pancia.
La guardo meglio, dice qualcosa all'amica indicandomi con lo sguardo, l'altra mi guarda e la vedo riflessa nello specchio che sorride.
È bella con i capelli corti, ha un seno piccolo perfettamente disegnato sotto il suo body, le s'intravedono i capezzoli.
Lo sa ma non si copre.
Io sorrido e penso ai miei addominali, faccio subito una prima serie da cento.
Quando ho finito le ragazze non ci sono più, saranno andate a farsi la doccia, credo.
Faccio una seconda serie da cento, guardo il soffitto senza fermarmi, uno dopo l'altro, con le mani dietro alla testa, con i gomiti allineati, tesi.. aperti.
Uno dopo l'altro. Ancora più forte.
Non ce la faccio più, il dolore inizia a farsi sentire, penso a mia madre e a quanto mi manca.
Continuo senza fermarmi. 88, 89, 90.
Penso a mio padre. 91, 92.
Lurido bastardo. 94, 95.
Vorrei ammazzarlo. 98, 99, 100.
Finito.
"Brò ti stai ammazzando" farfuglia una voce.
Mi giro, quasi non riesco a parlare dal dolore agli addominali.
"Non contarci troppo" rispondo ridendo.
Mi alzo e gli vado incontro.
"Come stai Clay?" domando salutandolo.
Clay è il proprietario della palestra, mio amico da quando ho incominciato a tirare i primi pugni.
"Bene, amico. Che mi racconti?" chiede.
"Solita merda. Non ti ho visto per un po'. Dov'eri finito?"
"In giro a fare affari" mi fa un occhiolino.
Decido di dare due pugni al sacco così vado nello spogliatoio e dall'armadio prendo delle bende.
Clay mi segue e si siede a fissarmi.
"Allora di che tipo di affari stai trattando?" chiedo avvolgendo il polso destro con la fascia tre volte.
"Lo sai bene con cosa tratto io.." ribatte ammiccando un sorriso.
"Si fanno soldi a palate?" chiedo.
Intanto mi fascio il palmo della mano in modo deciso tenendo le dita allargate.
"Fratello. Mi conosci, io non faccio niente per niente. Tutto quello su cui scommetto mi fa guadagnare soldi a palate. Se ben ricordo una volta ti avevo offerto di affiancarmi" mormora e inizio a fasciarmi le dita.
"Sai come sono fatto. Io sono uno spirito libero.." dico sicuro di me.
Una volta creato attrito giro sulle nocche altre tre volte. Dopo aver finito passo il nastro biadesivo per tenere fermo il polso.
Stringo il pugno con una corretta pressione.
"In verità l'ho sempre saputo.." incrocia le braccia al petto fissandomi le mani.
"La palestra come sta andando?" chiedo e incomincio a fasciare l'altra mano con la stessa procedura di prima.
"A gonfie vele. È una sorprendente rivelazione dato che è soltanto una copertura.." mi fa un occhiolino.
Una volta finito con l'altra mano mi alzo e prendo i miei guantoni. Clay mi segue e io sono già fuori.
Cerco di infilarmi il primo guantone quando Clay mi si avvicina.
"Ti serve una mano campione?" mi chiede.
Mi aiuta ad infilarli, prende i lacci con cura e li avvolge intorno ai guantoni con precisione.
Non ride più, è serio.
Si morde leggermente le labbra mentre i capelli riccioluti gli coprono ogni tanto gli occhi.
Con l'altra mano li butta all'indietro mentre continua a fare il suo lavoro.
Lentamente, con cura, stringendo con precisione.
"Fatto" esclama sorridendo.
Mi alzo in piedi e sbatto i guanti uno contro l'altro producendo il suono della plastica che tanto mi piace.
"Vanno bene?" chiede.
Vuole essere sicuro di aver fatto un buon lavoro.
"Benissimo amico" esclamo su di giri.
Sono pronto, prontissimo.
Vado al sacco e incomincio a dare un paio di ganci irregolari, giusto per scaldarmi.
Adoro questo momento, adoro l'adrenalina che mi scorre nelle vene. Clay prende il sacco e lo tiene fermo mentre do due sinistri.
"E io che credevo che il tuo sport preferito fosse il calcio.." mormora.
"Il calcio è soltanto un passatempo. Ma non mi aiuta a sfogare la rabbia come faccio con la boxe. Sto pensando di mollarlo."
"Amico sai bene che qui dentro si combina molto poco. Dovresti sfruttare il tuo potenziale da qualche altra parte" sussurra.
"So dove andare quando ne ho bisogno" dico con tono serio.
Lui alza le mani in segno di resa mentre io colpisco sempre più forte. Incomincio a sentire caldo e mi sfilo la felpa dalla testa. Quando faccio per prendere fiato vedo che un tipo mi fissa.
Più basso di me, scuro di pelle e con la testa rasata.
Noto che mi fissa e sorride.
"Chi è quello?" domando a Clay indicando il tizio con un guantone.
"Gira in palestra già da un po'. Domanda sempre di te. Lo conosci?" mi chiede.
"No, non lo conosco. Come si chiama?"
"Miguel, Miguel Escobar" precisa sfregandosi il naso.
"Ho sentito dire che è un picchiatore. Ha battuto già un paio dei nostri ragazzi" mormora.
"Cazzo amico.. mi conosci. Io sono un In-Fighter. Studio prima le mie mosse e poi picchio duro. Quello con me non dura venti minuti" ribatto.
"Ah, io non ne sarei così sicuro.." mi provoca.
"Scommettiamo?"
Mi incammino verso di lui e noto che non ha quasi più fiato. Indossa una canotta bianca e un paio di pantaloncini rossi.
I suoi guantoni sono diversi dai miei.
"Hey, il mio amico mi ha detto che stai domandano di me in giro. Cosa vuoi?" chiedo con tono provocatorio.
"De Luca. Che piacere, è un onore conoscerti. La gente chiacchiera troppo in questa città. Miguel Escobar" fa per salutarmi.
E dall'accento capisco che non è di queste parti.
"So chi sei ma non so cosa vuoi" ribatto.
"Tranquillo. Vorrei solo fare due tiri. Mi hanno detto che sei forte a boxare. Ci stai?" domanda.
Già, è vero.
E vorrei tanto toglierti dalla faccia quel sorriso da pezzo di merda troppo compiaciuto di sé stesso.
Escobar sorride della sua proposta, è sicuro di sé e continua:
"Ma se non boxi da tanto e sei fuori forma possiamo rimandare. Sai tutti parlano di questo grande mito e visto che ti ho davanti..." ride divertito, troppo sicuro di sé.
Fin troppo per i miei gusti.
"Se ci tieni così tanto. Vediamo se riesci a mettermi K.O." rido.
"Vado a cambiarmi, torno subito."
Vedo una luce diversa nei suoi occhi, più svegli, più acuti, leggermente socchiusi.
È la sfida che da il brivido e ora vedremo di che pasta è fatto.
Ritorno verso Clay che mi guarda affascinato.
"Non ci è voluto molto" dico sorridendo.
Dallo spogliatoio femminile escono le due ragazze di prima. Quella alta ha un paio di pantaloni neri, un trucco leggero e un rossetto rosso. Quella bassa invece ha una gonna scozzese a quadri blu e marrone, troppo corta per le sue gambe. Dal trucco ha cercato in qualche modo di miracolare il suo viso ma almeno per oggi quelli di Lourdes dovevano essere in vacanza.
Quella alta mi si avvicina.
"Ciao, mi chiamo Davina" si presenta.
"Nathan" allungo il guantone, come per darle la mano.
Lei lo stringe sorridendo: "Lei è la mia amica, Quinn".
"Ciao" la saluto senza troppi preamboli.
Sono troppo concentrato.
"Combatti?" mi chiede guardando i guantoni.
"Si, ci provo.." scherzo.
"Ti dispiace se restiamo a vedere un po' l'incontro?"
"Se fate il tifo per me, perché no?"
Entrambe ridono.
"Va bene, puntiamo su di te. Ma cosa si vince?" chiede.
Nello stesso momento si avvicina Escobar.
Ha un paio di calzoncini blu morbidi e lunghi, quelli da vero pugile. Ha già infilato i guantoni e ha qualche segno sulle braccia e due o tre tatuaggi sparsi per il corpo.
È ben messo, ha un fisico asciutto. Davina mi si avvicina.
"Combatti contro di lui?"
Allora è conosciuto anche lui.
"Si, perché?"
"Mi sa che abbiamo sbagliato a puntare su di te.."
Si certo, come no. Mi guardano intensamente, sembrano realmente preoccupate.
"Non durerà tanto.." le tranquillizzo.
Escobar ci interrompe.
"Allora? Entriamo?" chiede con ansia.
Ha fretta ed anche io. Ho fretta di fargli cadere i denti.
"Come no, vai avanti tu" gli indico la strada.
Entra nella sala dell'aerobica, due ragazze stanno facendo un po' di addominali su dei tappeti di gomma blu e sbuffano vedendoci entrare.
Seguo Escobar, salgo i gradini e attraverso le corde. Mi sfilo la maglia e rimango a petto nudo.
"Tre round serrati, ti va?" me lo dice con tono eccessivamente duro.
"Certo.." lo prendo un po' per il culo.
"Facciamo un bell'incontro" mi sorride in maniera antipatica.
"Come vuoi tu" dico con tono canzonatorio.
Davina è vicina alle corde.
"Ci prendi il tempo?" chiedo.
Sorride annuendo. "Certo, ma come si fa?"
"È semplice, ogni minuto e mezzo gridi 'Stop'.." le spiego.
"Okay, ho capito.." sorride e guarda l'orologio aspettando di dare il via.
Clay mi si avvicina e mi sussurra ad un orecchio: "Amico, fagli sputare sangue" mi sprona.
Lo guardo ridendo e incomincio a saltellare sul posto e scaldo le braccia dando dei pugni all'aria. Anche Escobar incomincia a saltellare, dà di continuo dei colpetti tra i suoi guantoni, fissandomi. Davina alza il viso dall'orologio e incrocia il mio sguardo.
È leggermente preoccupata, in qualche modo vedo che si sente responsabile. Ma poi decide che non può aspettare.
"Via" urla.
Escobar mi viene subito incontro.
Sorrido fra me e me. L'unica cosa che non ho mai smesso di fare è stata proprio quella di allenarmi.
Ma che sto facendo? Mi sto distraendo... appena in tempo. Escobar mi sferra due pugni potenti al viso. Schivo destro e sinistro e mi abbasso al suo tentativo di gancio.
Poi respiro e saltello allontanandomi. Schivo altri due colpi e comincio a saltellargli intorno.
Fa una bella finta di corpo e mi colpisce basso in pieno stomaco. Ho un sussulto, mi piego in due.
Cazzo, mi manca l'aria.
Faccio una specie di rantolo e vedo girare intorno a me la stanza. Si, mi ha preso proprio bene il bastardo.
Faccio appena in tempo ad alzarmi che vedo calare da destra il suo guantone e lo schivo d'istinto. Ma mi colpisce di striscio spaccandomi il labbro inferiore.
Cazzo, cazzo.
Per essere un piccoletto, ha molta agilità.
Che figlio di puttana, lo guardo e mi sorride.
"Allora come va campione?" chiede ridendo.
Fa sul serio lo stronzo.
Mi metto a saltellare. "Ora meglio, grazie" sputo.
Sto recuperando, tutto torna lucido. Gli giro intorno. Alle corde si è accalcata un po' di gente, smetto di guardare e torno concentrato su di lui. Ora tocca a me. Mi fermo.
Escobar saltella e viene in avanti, affonda con un sinistro e carica un destro. Lo lascio passare schivando a destra e poi colpisco forte con il sinistro proprio sopra il sopracciglio.
Rientro e con tutta la forza lo colpisco con un jab in pieno viso. Sento il naso scricchiolare sotto il guantone, non fa in tempo a indietreggiare che lo colpisco due volte all'occhio sinistro, il primo lo para bene, poi abbassa la guardia e il secondo gli arriva diritto come un bolide.
Indietreggia e scuote la testa. Riapre gli occhi giusto in tempo per vedere il mio gancio che arriva. Gli spacco il sopracciglio destro.
Il sangue gli cola giù subito sulla guancia come se piangesse lacrime rossastre.
Prova a coprirsi con i guantoni. Gli do un uppercut in pieno stomaco, si piega in due e lascia andare giù i guantoni.
Errore.
Vedi.. questo è un grave errore coglione.
"Hey pezzo di merda.. e ora a te come va?" domando ridendo.
Non aspetto la sua risposta, lo so già.
Carico il destro e lo faccio esplodere.
Dal basso verso l'alto, sul suo mento, da sotto.
Escobar salta all'indietro, preso in pieno colpo.
Finisce a terra e si accascia con la faccia sul suolo e scivola lento lasciando una leggera scia di sangue.
"Quanto manca?" chiedo a Davina.
"Pochi secondi. Finito" ride.
"Hai visto, che ti ho detto che durava poco.." gli faccio un occhiolino e scendo dalle corde dirigendomi nello spogliatoio.
Ora voglio stare da solo, questo è il momento che più amo. Godermi la vittoria in silenzio. Una volta dentro lo spogliatoio Clay mi segue.
"Fratello sei stato un grande" mi abbraccia.
"Lo so.." rispondo.
"Con questa roba potremmo fare tutti i soldi che vuoi.." borbotta entusiasta.
"Ho fatto soldi a palate. Ma ho dovuto far calmare le acque. Troppi occhi puntati addosso.." spiego.
Mi sfilo i guantoni con il suo aiuto e bevo un sorso d'acqua.
Sputo del sangue e mi tampono la ferita sul labbro con un asciugamano.
Il sangue inizia a colarmi anche dal sopracciglio.
Faccio in modo di chiudere la ferita e prendo il borsone.
"Ci vediamo amico" lo saluto.
Quando esco mi infilo la maglia e la felpa alzando il cappuccio. Non ho la più pallida idea di dove sia andato a nascondersi Escobar, ma non me ne frega un cazzo.
Esco dalla palestra e mi avvio all'auto.
Una volta dentro pesco dal cruscotto il mio telefono.
Mettew non ha risposto ai messaggi che gli ho inviato e tutto per colpa di quella piccola e arrogante mocciosa.
Non riesco proprio a capire il suo accanimento.
Faccio quello che abbiamo sempre fatto e da un giorno all'altro si fa venire i sensi di colpa al posto mio.
È da quella volta al Crave che non lo sento o meglio mi ha evitato del tutto.
Io e lui abbiamo condiviso troppo per farci distruggere da una qualsiasi puttanella.
Ho bisogno di chiarire questa cosa e forse so dove posso trovarlo. A River Curt c'è un piccolo campo di basket, la sua passione. Senz'altro lo troverò lì a palleggiare e a rimuginare su qualcosa. Accendo il motore e metto la marcia, imbocco la strada e in poco tempo arrivo a destinazione.
Parcheggio in uno dei posti liberi qui vicino, scendo dall'auto e mi guardo in giro.
Questo posto sembra Detroit nel novanta, pezzi di strada rotti, sporcizia, gang che ti fissano.
Nonostante tutto io e Mettew abbiamo sempre considerato questo posto come casa nostra.
E poi lo vedo, eccolo lì che mette a segno un tiro libero.
Mi alzo il cappuccio e infilo le mani nella tuta.
Mi incammino e ad un tratto gli cade la palla e la prendo a volo. Provo a fare un tiro libero da tre punti e con mia grande sorpresa ci riesco.
"C'è qualche cazzo di cosa che non sai fare?" mi rimprovera.
"Sono un'autodidatta, so fare tutto. Ma una cosa forse c'è: chiedere scusa quando so di aver sbagliato" ammetto.
Lui smette di giocare e mi fissa per quelli che sono secondi.
"Fratello, me la sono presa con te. Mi dispiace.." mi scuso.
"Non è con me che dovresti scusarti.." prende la palla e prova di nuovo a fare canestro.
Rieccoci sulla stessa storia.
"Sei un cazzo di disco rotto" sputo arrabbiato.
"Io sono venuto qua in segno di pace, sventolando bandiera bianca e tu ritorni sempre sullo stesso argomento?" chiedo infuriato.
"Lascia che ti spieghi un piccolo concetto. Non chiederò mai scusa per qualcosa di cui non mi sono pentito" aggiungo.
"Non ti sei pentito?" mi prende in giro.
"Da quando ti interessa quella mocciosa?" domando infuriato.
"Da quando ho saputo che è una ragazza in gamba, che frequenta il liceo e che meritava di fare sesso la prima volta con una persona che le volesse veramente bene" dice tutto d'un fiato.
Forse ha ragione, forse no.
Non posso mettermi a spiegargli tutti i minuziosi dettagli della mia mente contorta.
Non capirebbe quanto ho goduto a togliere una certa cintura di castità.
Anzi mi riderebbe in faccia o peggio mi direbbe che gli faccio schifo proprio come ha fatto lei nel pomeriggio.
"Comunque.. mi sono scusato per te" mi informa.
"Che cazzo? Cosa?" quasi mi strozzo.
"L'ho incontrata per caso con la sua amica e le ho parlato due minuti. Mi sono serviti due minuti per capire che è: intelligente, sveglia e tutto quello che tu non hai mai avuto" dice rincorrendo la palla e tirando nuovamente.
"Tutto quello che io non voglio. E poi non capisco per quale cazzo di motivo ti sei preso il fastidio di scusarti con una mezza scopata che mi sono fatta un mese fa.." sputo.
"Perché in questo modo si comportano gli uomini" ribatte sicuro di sé.
"Vorresti dire che io non sono un uomo?"
"Non ho detto questo, ma devi migliorare sotto alcuni punti di vista" ribatte.
Ma davvero pensa che sia così facile essere un uomo degno di rispetto, ammirazione e stima?
Queste sono cose che possiedono i bravi padri di famiglia, non un ventunenne che tira pugni ad un sacco per esprimere le sue emozioni represse.
Ho sempre pensato che noi due fossimo uguali, ma oggi mi chiedo dove lui sia proiettato nel suo futuro con la mente.
Ha una morale e questo lo differenzia da me.
Non mi biasimo per quello che sono diventato col tempo e con le ingiustizie della vita, sono quello che sono e non mi nascondo. Solo adesso forse capisco che lui ha sempre recitato un copione, ha sempre finto di non essere se stesso per non eclissare me.
Ha sempre dovuto fare la parte del cattivo ragazzo per non lasciarmi mai solo e mi chiedo se questo sia giusto nei suoi confronti.
"Forse hai ragione.." ammetto.
"Hai boxato di nuovo?" indica il labbro spaccato.
"Si" sospiro.
"Almeno l'hai battuto?" domanda.
"Puoi dirlo forte. Gli ho spaccato il culo" dico sorridendo e faccio un altro tiro libero.
"Sei comunque messo di merda."
"Dovresti vedere lui" rido.
"Non avevi smesso?"
"Io non smetto mai amico" borbotto.
So perché me lo dice, non vuole che io faccia gli stessi errori.
"Jordan ti serve un passaggio?" chiedo ridendo.
"No, preferisco continuare. Ci vediamo amico.." mi saluta.
"Fa come ti pare" mi giro e me ne vado.
Come non detto, è diverso.
Non riesco a capire il perché.
Sono anni che ci conosciamo e da un momento all'altro mi tratta come uno sconosciuto. Salgo nell'auto e guido verso casa. Dallo specchietto retrovisore noto che si è formato un livido violaceo all'altezza della tempia e dell'occhio. Il sopracciglio è spaccato ma il sangue ha smesso di fuoriuscire.
Cazzo, non ci voleva.
Eccomi, sono arrivato.
Casa, se si può chiamare come tale.
Pesco le chiavi dal borsone ed entro.
"Zio Nathan" urla una vocina stridula.
Katy corre verso me e mi salta addosso. Ho tutti i muscoli contratti e per prenderla in braccio fatico un po'.
"Hey bimba che cos'hai fatto di bello oggi?" le domando spostandole una ciocca di capelli biondi dietro all'orecchio.
"Sono andata a scuola, ho fatto la merenda, ho disegnato e guardato i cartoni animati" sorride.
"Che programma interessante" scherzo.
"Dammi un bacio" le chiedo.
Lei mi stampa un piccolo e soffice bacio sulla guancia.
"Zio Nathan, hai fatto a botte?" chiede guardandomi prima la faccia e poi le bende insanguinate che ho ancora legate alle mani. Le guardo accuratamente e stringo i pugni.
Come posso spiegare ad una bambina di sei anni cosa vuol dire fare un incontro di boxe?
"No, non preoccuparti Katy. Sono solo andato in palestra. Ora va' dalla mamma e digli che sono tornato per la cena" le do una pacca affettuosa.
Lei corre in direzione della cucina e io me la svigno in camera mia.
Una volta chiusa la porta mi getto di schiena sul letto a peso morto.
Cazzo se sono stanco e distrutto.
Mi metto seduto e appoggio i gomiti sulle ginocchia.
Guardo il mio riflesso nello specchio e vedo quello che sono da sempre. Il solito Nathan. Quello che non cambierà mai.
Quello che rimarrò per sempre, almeno spero.
Quello a cui non importa se viene massacrato.
Io sono così, mi piace darle tanto quanto prenderle.
Guardo i lividi e i tagli e penso a quanto questo possa riflettere sulla mia anima nera.
Perché questo accade quando stai male, quando vedi nero, quando non hai futuro, quando non hai niente da perdere, quando.. ogni istante è un peso.
Immenso. Insostenibile.
Cerco di mettere tutti questi pensieri da parte e mi sfilo la felpa e la maglia contemporaneamente. Tolgo gli stivaletti e anche i calzettoni. Una volta rimasto in boxer guardo le mani, sfascio lentamente la fasciatura e noto che sono spaccate sulle nocche. Provo a stringerle a pugno e sento dolore.
Ma un dolore confortante, perché significa che gli ho fatto male. E tanto.
Prendo l'occorrente per una doccia e quando esco trovo Vince seduto sul mio letto con le braccia incrociate.
"Ti serve qualcosa?" domando mentre mi infilo un paio di boxer puliti.
"Mi serve che tu non faccia cazzate" sputa furioso.
"Eh?" domando frizionandomi i capelli bagnati con l'asciugamano.
Faccio finta di non aver capito la sua ultima frase, ma l'ho capita benissimo.
"Lo sai bene di cosa parlo. Non prendermi per il culo" sputa furioso.
"Non capisco di cosa parli.."
Forse se lo ignoro, si arrenderà e mi lascerà solo, in pace.
"Puoi prendere in giro una bambina di sei anni, ma non me. Che cazzo sono quei tagli, eh?" mi prende il volto con le mani.
"E le mani? Sono spaccate" urla fissando le mie nocche color viola scuro.
Faccio affidamento a tutto al mio autocontrollo e davvero ci metto me stesso ma non tollero più il fatto di essere trattato come un bambino idiota.
"Non è niente di importante" cerco di tirarle via.
"Hai iniziato di nuovo? Non è così?" mi chiede ancora più incazzato di prima.
Capisco la sua preoccupazione, ma trattarmi come un criminale non risolverà le cose.
"Non ho iniziato un bel niente, ho solo fatto due tiri in palestra" spiego mentre mi infilo una tuta nera e una maglia bianca.
"Due tiri ti hanno ridotto le mani così e ti hanno spaccato il sopracciglio?" ride amaramente.
"Okay, okay. Ho fatto un piccolo incontro con un tizio. Un certo Miguel Escobar. Tre round serrati e l'ho messo K.O. Va meglio, adesso?" ammetto.
"Non mi interessa se sono tre fottuti round serrati, avevamo detto un po' di tempo fa che ti saresti concentrato solo sul calcio e che non avresti più fatto puttanate. Ti ho dato la mia fiducia e tu mi tratti come un coglione? Vengo anch'io dalla strada fratellino, non ci sei cresciuto solo tu.." mi punta il dito contro.
"Puoi smettere per un solo secondo di trattarmi come se fossi un criminale?" abbaio.
"L'hai voluto tu" ribatte.
"L'ho voluto io?" rido istericamente.
"L'ho voluto io? Sai che ti dico? Vai a farti fottere" aggiungo guardandolo in faccia furiosamente.
Prendo la felpa ed esco incazzato.
"Nathan, dove cazzo credi di andare? Nathan" urla alle mie spalle mentre io mi sbatto la porta di casa alle spalle.
Sono fuori e finalmente respiro aria che non mi opprime.
Infilo la felpa e alzo il cappuccio.
Non so dove sto andando, so solo che vorrei uccidere qualcuno, rompere qualcosa... ma i miei piedi continuano a camminare.

Forte come due ma sei solo una. (WATTYS2016) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora