VIII

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«Luca! Si sono io, che è successo? Stai bene?» esclamo preoccupata invitandolo a sedersi al mio posto sulla panchina. Ha gli occhi spalancati, lucidi, e le iridi castane quasi interamente coperte dalle pupille dilatate.

Non ho mai visto una persona in questo stato, e il fatto che alle mie ultime due domande non abbia ricevuto alcuna risposta non mi fa certo stare più tranquilla sullo stato psicologico del ragazzo.

«Luca ehi, mi hai sentita? Tutto bene?» ripeto sconcertata, ma ancora una volta senza riscontro.

Rimane lì, immobile, a fissare il vuoto. A respirare pesantemente con una mano sul petto.

All'improvviso, mentre cerco di capire come agire per calmarlo, mi ricordo di aver portato una bottiglietta d'acqua da casa e gliela porgo immediatamente.

«dai bevi, stai tranquillo»

Luca afferra la bottiglia e ne tracanna metà in pochi secondi, come se non bevesse da anni. Poi finalmente prende un grande sospiro e inizia a balbettare qualcosa.

«ti prego.. aiutali» riesce a dire, scoppiando poi in un pianto incontrollato

«aiutare chi Luca? Matteo.. Federico?» gli chiedo angosciata, guardando verso la direzione in cui era arrivato. Ma non vedo niente.

Cerco di tranquillizzarlo come meglio posso, mi siedo accanto a lui e lo lascio appoggiarsi sulla mia spalla, sfinito e ancora sotto shock per qualsiasi cosa sia successa.

Vorrei correre via, andare a chiamare qualcuno, ma non potrei mai lasciarlo da solo in queste condizioni, e intorno a noi c'è solo qualche lampione acceso e un silenzio assordante.

Sembra essersi ripreso dopo una decina di minuti e improvvisamente scatta in piedi, facendomi prendere un colpo per il gesto inaspettato.

«dobbiamo andare» urla verso di me «veloce»

«dove Luca? Dove?» gli domando alzandomi a mia volta e prendendo la borsa con la quale ero uscita. 

Ed ecco che, infine, riesce a darmi delle indicazioni precise, anche se pensandoci forse non avrei mai voluto sentirle: «all'ospedale»

Due ore dopo

Per la seconda volta nella stessa serata, mi ritrovo ad osservare un orologio che sembra non muovere le lancette da tanto, troppo tempo. Infermieri e dottori mi passano accanto senza darmi alcuna informazione, come fossi un fantasma che passa inosservato a chiunque.

Sono qui da quasi due ore, e ciò che mi è stato detto finora è «le faremo sapere nonappena avremo aggiornamenti». Molto tranquillizzante devo dire.

Accanto a me, sulla destra, c'è Pietro, che da pochi minuti si è addormentato rannicchiato sulla sedia di plastica della sala d'attesa. Di fronte a me un signore anziano, direi sulla settantina, che da quanto ho capito origliando la sua conversazione con uno dei medici sta aspettando che sua moglie si svegli dopo un'operazione all'anca. Alla mia sinistra invece, c'è Matteo, che mi sta tenendo la mano. 

Non ci fosse stato lui a venirmi incontro pochi secondi dopo il mio ingresso in sala d'attesa, sarei crollata immediatamente; lo stress di non sapere cosa fosse successo, l'angoscia di non conoscere l'identità di quei "tre ragazzi in codice arancione", la paura che uno di quelli potesse essere mio fratello o peggio, che sia lui sia Matteo potessero essere in quelle condizioni.. Queste emozioni mi stavano divorando internamente.

Ma poi fortunatamente, come un miraggio in lontananza, vidi Matteo correre verso di me con uno strano sorriso sul volto, misto di tristezza per la situazione e sollievo nel vedermi. Mi strinse in un abbraccio forte e rassicurante, come se attraverso quel gesto si stesse sfogando a sua volta.

«Teo ti prego, raccontami che è successo» gli chiesi con le lacrime agli occhi, contenta di vederlo sano e salvo. Aveva giusto un paio di graffi sulla guancia sinistra e qualche livido sulle braccia.

Presi un lungo respiro per calmarmi: almeno lui stava bene.

«prima siediti, ti porto un caffè»

Si allontanò verso le macchinette automatiche dall'altra parte della stanza, mentre io mi accomodai sulla prima sedia che trovai libera. Mi iniziai a guardare intorno: oltre a Matteo in coda per il caffè e Luca, che era entrato con me ed ora era seduto qui accanto, non vedevo nessun altro membro del gruppo.

L'unica cosa che lo youtuber romano mi era riuscito a dire in quei dieci minuti d'auto verso l'ospedale San Paolo, è che erano venuti in sette (tutti tranne Andrea, che era rimasto a Trento perchè influenzato) per farmi una sorpresa. Matteo aveva pianificato il loro arrivo su un pulmino in stile anni '60, tutto decorato con fiori e festoni colorati: sapeva del mio amore verso gli hipster e la sua intenzione era quella di farmi passare una serata in giro per Milano sul pullman, con tanto di coroncina di tulipani e musica indie.

Mentre erano in viaggio verso il luogo dell'appuntamento, però, un ubriaco alla guida di un'automobile aveva imboccato la strada in contromano, costringendo Federico (che stava guidando) a sbandare per schivarlo; così facendo si sono ribaltati, ferendosi con i vetri rotti dei finestrini e schiacciati dal peso dei sedili.

Insomma, gli unici che sono rimasti coscienti per tutto il tempo, ovvero Luca e Matteo, sono riusciti a liberarsi per primi dalla carcassa del veicolo e a chiamare immediatamente i soccorsi, tentando invani di risvegliare gli amici. Mentre aspettavano l'ambulanza, sono riusciti a far tornare in sè Pietro, ma gli altri quattro ancora nulla.

All'arrivo dei medici, lo youtuber palermitano e Matteo si sono divisi sulle due ambulanze arrivate a dargli una mano, mentre Luca aveva il compito di raggiungermi e avvisarmi della vicenda.

Ed eccoci qui, due ore e mezza dopo, in una situazione di bilico tra la speranza e la disperazione. Dopo poco l'arrivo in ospedale delle due ambulanze, anche Giovanni ha ripreso coscienza e si è stabilizzato, anche se ancora lo stanno tenendo sotto controllo in una delle stanze qui vicine.

Federico, Mauricio e Giorgio invece sono entrati in codice arancione, e nessuno fin'ora ci ha fatto sapere nulla di più. L'unica informazione che abbiamo ricevuto è che i tre non sono in pericolo di vita, ma hanno riportato molteplici ferite e lesioni.

Mentre ci penso mi iniziano a lacrimare gli occhi. Non mi va di farmi vedere in questo stato, dato che da un momento all'altro potrebbe arrivare un medico e permettermi di vedere mio fratello. Non vorrei contagiarlo con la mia preoccupazione.

Ho già ovviamente avvisato mia madre, che si è subito allarmata e ci ha raggiunto pochi minuti dopo la mia chiamata. Dovrebbe essere in bagno in questo momento, anche se effettivamente è un po' che non la vedo.

Come non detto, eccola che raggiunge me e Matteo con due tazze di caffè e una di thè, cercando goffamente di tenerle in equilibrio su un vassoio.

«ho pensato che ne aveste bisogno ragazzi» esordisce lei, porgendoci i due caffè con già una bustina di zucchero mescolata al loro interno «io sono già fin troppo sotto shock, se mi prendessi uno di questi rischierei la tachicardia»

Abbozzo un sorriso, nella speranza di non pensare a quello che da qualche ora mi tormenta: dov'è Federico?


s7ormy || Dreaming of {illuminati crew} [IN REVISIONE]Where stories live. Discover now