Esame (sei come sei)

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3/12/15 

Stamattina ho fatto l'orale dell'esame PET (Preliminary English Test e tutto il resto). Pensare che un'esaminatrice sia venuta da una super università di Cambridge in questa scuola di 300 persone, in una stanza con l'intonaco scrostato, per ascoltare i nostri discorsi alla "My name is Tanino" e che ora ci debba pure mettere il voto mi deprime per interposta persona.

Ci dicono "Fatelo il PET, così vi abituate all'idea dell'esame!". Per la cronaca affermano anche che la maturità sarà la prima grande prova della nostra vita: forse della mia sì, perché io sono una bimbetta che non ha mai dovuto affrontare nessuna disgrazia, ma trovo che sia una frase irrispettosa nei confronti di chi questo privilegio non l'ha avuto.

Per allentare la tensione ho cominciato a perdermi in mille distrazioni: mi è venuta in mente la scena del balcone di Romeo e Giulietta, che mi ha tormentata parecchio in questi pomeriggi di studio. Mi sono immedesimata così tanto che all'improvviso lui era lì, bellissimo, e io sotto la sua finestra. I ruoli si erano inevitabilmente invertiti.

"Oh, amore mio! Mio uomo-angelo, sei proprio tu? Che cosa ho fatto di tanto grande per meritarmi la tua visione? Amor mi colse ormai quasi un anno or sono. Non lo fece in una fresca mattina di Primavera o in un luminoso pomeriggio d'Estate, oppure alla prima foglia caduta quando ancora fa caldo, ma in una notte d'Inverno fredda e buia, che mai avrei accostato a un così nobile sentimento...".

Lui mi ha squadrata dall'alto del suo terrazzo, con un'espressione perplessa: "Ora, intanto evitiamo di prenderci certe confidenze. 'Uomo angelo', 'Amore mio'... ma dove siamo? Seconda cosa: che diamine ci fai davanti casa mia a quest'ora della notte? E per ultimo... C'è la mia ragazza che dorme nell'altra stanza!".

"Oh, mio cavaliere, non volevo disturbarti... È che sai, sto male, avevo bisogno di conforto."

Lui ha esitato e poi, impietosito, mi ha detto: "Va bene, raccontami".

"Sono disperata, mio cavaliere. Sono tanto stressata per lo studio."

Lui ha sgranato gli occhi: "Ragazzina irriconoscente che non sei altro! Lo sai quanti ragazzi nel mondo vorrebbero andare a scuola e non possono farlo?".

"Sì, lo so, ma non ce la faccio più."

"Ehi, non le voglio sentire quante frasi! Dì un'altra di queste idiozie e vengo lì giù a tirarti uno schiaffone, chi se ne frega se ieri era la giornata contro la violenza sulle donne!"

"Sì amore, viene giù! Raggiungimi!"

"Oh, pure masochista, perfetto!"

Lui ha sceso le scale in un battibaleno. Si è piazzato davanti a me con le braccia conserte.

Io, sopraffatta dalla sua bellezza, ho tentato di raggiungere la candida guancia con la mia mano sudata. Lui l'ha fermata prontamente.

"Quella mano, tanto per cominciare, te la metti in tasca", mi ha detto. Io ho obbedito, ma solo per poco.

"Non puoi stare tutto il tempo a pensare a me e venirmi persino sotto casa la notte. Se continui così sarai una fallita." Ha continuato a parlarmi, e la sua voce era una sinfonia straordinaria.

"Sono già una fallita" gli ho detto, di nuovo tentando di aggrapparmi a lui, sul punto di uno svenimento.

"Finiscila" mi ha risposto, tentando di liberarsi dalla mia presa.

"Sì, amore mio, sono una fallita. Però sono contenta di esserlo: ci ho pianto tante volte ma ora ci rido su. Il babbo mi disprezza, dice che il mio massimo obiettivo nella vita è stare in casa a non fare niente. Tu, mio tesoro, a malapena ti ricordi chi sono, e mi disprezzi altrettanto. Gli altri ragazzi, che comunque non potranno mai sostituirti, mi vedono come un individuo asessuato e le ragazze mi guardano dall'alto in basso con disgusto. Le incombenze scolastiche mi distruggono e non so perché, visto che tutti gli altri ce la fanno. I miei amici possono tranquillamente fare a meno di me, perché per quanto ci provi non riesco a portare nessun contributo rilevante alla nostra vita insieme. Mi butto sempre giù e i miei lettori ormai si saranno stufati. Eppure io sono contenta di non essere la prima della classe, di avere l'agilità di uno scarafaggio ribaltato, sono contenta di amare un ragazzo che non mi ricambia, sono contenta di farmi prendere dal panico, sono contenta di non avere grandi obiettivi accademici, sono contenta di non capire nulla della vita. Non chiedermi perché, non lo so neanch'io, però me lo sento."

Lui mi ha guardata per qualche secondo, immobile.

"Hai ragione, sei come sei. E io non ti disprezzo, comunque. Penso solo che tu sia un po' invadente, un po' stalker, nulla di più."

"Sì, me ne rendo conto. Perdonami mio cavaliere."

"Non chiamarmi così, per favore. È imbarazzante."

"Va bene amore mio. Fai bei sogni."

"Siamo già in un sogno."

"Ah, è vero."

Mi sono svegliata di soprassalto.

"The next student please!"

Barcollando un po' sono entrata nella fatidica exam room.

La prima cosa che l'esaminatrice mi ha detto, come da protocollo, è stata: "Good morning! Can I have your mark sheet please?".

Certo che poteva avere il mio mark sheet, era ovvio. Quello che non le avrei mai dato, però, era la capacità di influenzare troppo la mia felicità con il suo mark.

Non avrei voluto chiudere in modo così serioso: vorrei tornare alle avventure vissute ai giardini, al flirt fallito con il cassiere, alle rivoluzioni della piscina comunale e della mensa scolastica, alle pensierose nuotate verso il molo, al sogno della tagliola, all'incidente con il cespuglio, alla bufala di Marte, alla bestemmia lungo la strada, all'aria condizionata accesa e al gatto color cappuccino in mezzo al marciapiede.

Ci tornerò prima o poi. Quando arrivano i tempi duri, quelli degli esami, delle pene d'amore e della bassa autostima, rimpiangiamo la spensieratezza. Ripensare ai momenti tranquilli, quando si è in mezzo alla tempesta, fa molto male.

Però mettiamo via le nostre armi una volta per tutte: non pugnaliamo i nostri crucci, le nostre sfighe, i nostri ostacoli. Non condanniamoli a morte, non odiamoli. Piuttosto educhiamoli, trasformiamoli in qualcosa di positivo, lasciamo che la loro violenza si sfoghi tra le pagine di un diario, nello spazio bianco di una tela, sui tasti di un pianoforte. Che poi alla fine è questo il modo in cui dovremmo trattare gli esseri umani che hanno preso una brutta piega...

Ogni atomo è formato da protoni, energia positiva, ed elettroni, energia negativa. Poi ci sono i neutroni, ma quelli ora non ci interessano. Il fatto è che il numero atomico, ciò che identifica chimicamente ogni elemento, è dato dal numero dei protoni: alla fine è l'energia positiva che ci definisce, non quella negativa.

L'esame scritto ce l'ho questo Sabato e i risultati ce li daranno a Gennaio. Tra poco è Natale. Sono le 23.11 e io devo andare a dormire.

Fidatevi di me mentre vi confesso una verità che mi è costata tanta fatica e che solo ora mi dà tanta soddisfazione: niente è al suo posto, ed è molto meglio così.

Il mio amore ha ragione: sono come sono. Tu sei come sei, e non c'è prova di verifica che possa dimostrare quanto vali. Se esistesse un esame per conseguire la patente di altruismo, di integrità morale o di capacità di amare, sai quanti sarebbero i bocciati? Probabilmente io per prima non passerei, ma ci sto lavorando e questo è l'importante.

Si cambia in fretta, ma almeno per oggi lasciamo che tutto resti in disordine. Rimaniamo scoordinati, affannati, inetti: perché ci hanno insegnato che essere così è sbagliato?

Sipario.



Cercando Marte - Storie di questi giorniWhere stories live. Discover now