23/06/2015
Quando andavo alle elementari, prima di diventare pacifista, prendevo sempre parte a un gioco chiamato "la guerra delle olive".
In pratica io e i miei compagni, anche insieme a bambini di altre classi, ci radunavamo nei giardini davanti alla scuola per staccare dagli alberi le olive non ancora mature e tirarcele contro. Era un gioco organizzato, ci si divideva in squadre miste e si elaborava una strategia di attacco.
Ovviamente tutto ciò era uno spreco di risorse e di energie, ma noi ci divertivamo moltissimo. A volte c'erano anche dei feriti, ma noi continuavamo imperterriti.
I genitori, per cercare di dissuaderci, tentavano di farci sentire in colpa dicendoci che a Settembre sarebbe venuto un anziano parroco a raccogliere le olive mature per fare l'olio, ma se noi le avessimo colte tutte non sarebbe rimasto niente per lui. Tuttavia neanche questo racconto strappalacrime servì a farci smettere.
In Estate, quando le scuole erano chiuse, questa guerra aveva una tregua: i giardini tornavano a essere un posto rilassante e silenzioso.
Una volta, a Luglio, mi recai in quel movimentato spazio verde con una mia amica, per un picnic: stendemmo una coperta sul campo di battaglia abbandonato e ci abbuffammo di insalata di pollo e crostatine.
Lì, dico sul serio, ci fu un grande salto dentro di me, una fondamentale realizzazione: si stava meglio in pace. I giardini in pace erano sicuramente migliori dei giardini in guerra. Non c'erano questioni morali in mezzo: non mi rendevo conto che la guerra fosse sbagliata, che provocasse morti e feriti, che distruggesse popoli e città. Semplicemente, essere in pace era molto più rilassante e semplice che essere in guerra.
È lì che decisi di diventare pacifista.
Crescendo, però, mi resi conto di una cosa: come potevo amare davvero la pace, se non ero in pace con me stessa?
Su questo ci sto ancora lavorando, quindi per favore consideratemi una pacifista a metà. E poi anche io spesso sclero, quindi la strada è ancora lunga.
BẠN ĐANG ĐỌC
Cercando Marte - Storie di questi giorni
Tiểu Thuyết ChungBreve raccolta di ricordi e riflessioni accumulate in circa sei mesi, da Giugno fino a Dicembre, sia in prosa che in poesia, tra insegnamenti quotidiani, dichiarazioni d'amore ed esami di coscienza.