Gita in montagna

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25/10/15

Visto che ogni aspirante scrittore che si rispetti deve aver scritto almeno una volta di una gita fuori porta, ho deciso di farlo anch'io.

Avevo circa 10 anni e stavo passando un fine settimana in montagna, con la mia famiglia e alcuni amici dei miei genitori. Conobbi Elena, che frequentava già la terza media e diventò presto un modello per me. Quasi mi ero invaghita di lei.

I nostri ci diedero il permesso di allontanarci un po'. Mentre stavamo camminando fianco a fianco lungo il sentiero, tutto a un tratto lei mi disse: "La mia paura più grande sono gli insetti: non li sopporto! La tua qual è?".

Visto che non volevo confessarle quella che davvero era la mia paura più grande, ovvero la solitudine, decisi di dirle la prima cosa che mi passava per la testa: "Essere risucchiata da una pozza di fango".

Per la verità non avevo mentito completamente, quello era davvero un timore che mi affliggeva, da quando avevo visto "La storia infinita", la scena in cui muore il cavallo.

"Beh, allora mi sa che caschi male", e mi invitò a guardare di fronte a me. Un'enorme pozzanghera fangosa impediva il nostro passaggio. Non c'era altro modo di proseguire. Avrei voluto suggerirle di tornare indietro, ma non volevo fare brutta figura davanti alla mia nuova eroina.

Lei, molto premurosa, mi ripeteva: "Vai piano, un passettino alla volta. E non attaccarti mai alle piante, che si staccano."

Dopo uno sforzo immane, le mie scarpe uscirono vittoriose dalle fauci della grossa pozzanghera. Ne uscirono molto sudicie, ma ne uscirono.

"Elena, vieni anche te!" la incoraggiai.

"Ah no, mi dispiace ma io in quella mota non ci entro. Vado a chiamare i miei, tu rimani lì. Non te la prendere, volevo solo farti superare le tue paure perché non sembri cavartela molto in montagna...".

Rimasi esterrefatta. Come aveva potuto farmi questo?

Non ho mai capito quelli che sostengono di amare la sensazione di essere sotto pressione. Questione di gusti, credo.

Il punto è che la pentola a pressione è uno strumento molto efficiente: grazie alle sue alte temperature cucina carne, pesce e verdura in men che non si dica. Però la pentola a pressione non ha mai scritto una canzone, non ha mai fotografato un tramonto, non ha mai consolato un ragazzo sull'orlo del baratro. Una pentola a pressione non ha mai usato la sua intelligenza creativa, né quella emotiva. Le pietanze che si trovano dentro di essa si sentono sopraffatte e si cuociono, si esauriscono in poco tempo, per poi essere divorate dai padroni di cui sono sempre state alla mercé.

La pentola a pressione gorgoglia di sofferenza, sbuffa di fumo ogni volta che la sfiori. Si vede che non è serena.

In ogni caso i nostri genitori arrivarono poco dopo, mi misero in salvo, mi fecero fare un giro in lavatrice e tutto finì lì.

La sera, neanche a farlo apposta, fui sorpresa da un enorme ragno nero che scorrazzava per la mia tenda.

Chiamai subito, a gran voce, la compagna di avventure che mi aveva tradita così vilmente: "Elena, mi è entrato un ragno nella tenda. Ora è il tuo turno!".

Lei si affacciò dal suo bungalow, mi guardò con sufficienza per qualche secondo e rispose: "Sono gli insetti che mi fanno paura. I ragni sono aracnidi".  



Cercando Marte - Storie di questi giorniWhere stories live. Discover now