"Avetevissuto sotto lo stesso tetto per mesi e lui non ti ha mai toccato?Pensi che io ci creda,eh?" Quelle parole sembravano covate da mesi.Rabbia, gelosia e smania di possesso lo stavano possedendo come undemone. Lei lo guardava all'erta, pur sapendo che non sarebbe statain grado di prevedere alcuna sua mossa. Era in trappola.

Alexanderstava ritto davanti alla porta, quasi ansante per la collera. Kittenfece un ultimo tentativo per arginare quel fiume omicida.

"nonmi ha mai nemmeno sfiorato"

Se gliavesse urlato che lei e Richie erano stati amanti, probabilmenteavrebbe avuto la stessa identica reazione. La guardò per un istante,e Kitten vide come in lui ogni traccia di umanità fosse sfumata.Cominciò a temere per la sua vita.

Poi,tutto accadde molto in fretta, senza esitazione, senza nemmenolasciarle il tempo per tentare di difendersi.

Alexanderla prese per i capelli, la trascinò per terra, e le sferrò uncalcio nello stomaco in risposta ai suoi tentativi di liberarsi dallasua morsa. Kitten sentì la punta della sua scarpa penetrarle nellacarne ma non riuscì ad urlare, il dolore le levò il respiro, lavoce, e nemmeno capì quello che lui le stava urlando, percepiva solole sue grida bestiali.

Kittennon fece altro che accasciarsi a terra, raggomitolandosi su sestessa, lasciando ad Alexander la libertà di accanirsi su di lei.

"tifacevi scopare, non è vero? Eh? Dimmelo!"

Kittenquasi non sentiva più la sua voce, ma anche se fosse stata coscienterispondergli non sarebbe servito. Ad ogni riposta che lei gli negava,corrispondeva un calcio, un pugno, ma la furia era tale che lui nonsi curava nemmeno di prendere la mira.

Sentìraggiungere le gambe, il fianco, il petto. Talvolta lo sentì persinomancarla e colpire l'aria intorno a lei. Kitten sperava di perdere isensi, di svenire, ma invece continuava a percepire tutto quello chestava accadendo. Sentiva le sua urla, sentiva la pelle lacerarsisotto i suoi colpi, sentiva il calore bruciante dei lividi appenanati.

Nonriusciva a combattere, non riusciva ad opporsi, le sembrava lavolesse uccidere, le sembrava ci stesse riuscendo. Rimase così, aterra, sperando che quel dolore terribile che pervadeva tutto ilcorpo smettesse il prima possibile.

La suavista era offuscata, ma ad un certo punto le parve di vedere qualcosabrillare sotto la luce. Subito non capì, sperò di non capire cosafosse quell'oggetto allungato e appuntito. Cercò di metterlo afuoco, e le sembrò che quella vista le facesse riacquistare leforze. Era una lama, Alexander aveva in mano un coltello.

"vediamo,vediamo se gli piacerai ancora se sarai brutta, eh?"

Kittenlo vide avventarsi su di lei brandendolo, ma lei non riuscì amuoversi, non sentiva le gambe, si rese conto che il suo corpo non lerispondeva più, doveva averle rotto qualcosa, di sicuro era così.

Alexanderaveva puntato il suo viso, ma lei riuscì incredibilmente ad avere laprontezza di coprirsi. Doveva essere troppo tardi per ritrarsi, cosìKitten sentì quella lama colpirla sul braccio. No, non colpirla ebasta, quel coltello le affondò nella carne, così a fondo chepensava la trapassasse. Forse urlò, ma non avrebbe saputo dirlo. Nonpensava che potesse esistere qualcosa di così doloroso, pensava cheil corpo umano avesse un limite oltre il quale non si potessepercepire, ma invece no.

Provavanausea, voleva piangere, respirare, ma sembrava che ogni cosa lefosse impedita, ma nonostante questo continuava ad essere cosciente,a percepire ogni cosa. il suo corpo era più forte di quel chepensava.

Levenne istintivo coprirsi con l'altra mano quella ferita sul braccio,liberando così il viso da qualsiasi protezione.

SentìAlexander mettersi a cavalcioni su di lei, e il peso del suo corpo laimmobilizzò del tutto.

Lemise una mano intorno al collo.

"chissàquante porcate gli hai fatto con questa bella bocca", le disse,passandole appena la lama sulle labbra.

Sentireil metallo freddo sfiorarla in quel modo le mise i brividi. La suamano cominciò a stringerle il collo e a quel punto davvero Kittenpensò fosse finita. Sentì le lacrime cominciare a fuoriuscirledagli occhi, offuscandole del tutto la vista.

"ah,piangi? No, non essere triste, adesso ci penso io a farti sorridere",le disse, e dopo queste parole lo sentì voltarle il viso di scatto ecominciò a passarle la lama sulla parte destra. Non l'avevapugnalata come sul braccio, la stava... incidendo. Kitten si sentivapiagnucolare, sentiva quella punta affilata premerle sulla pelle queltanto che bastava da scalfirla, da lasciare il segno. Stava agendolentamente, con cognizione, come un chirurgo, partendo dallo zigomo eprocedendo verso il basso. Nonostante la lentezza, il dolore non erameno feroce, e divenne ancora più insopportabile quando raggiunse lapelle sottile sulle labbra.

Come,come si poteva essere tanto crudeli?

Poi,Kitten fu avvolta dalla nebbia.


Quandosi svegliò era ancora su quel pavimento, la stanza era al buio e ildolore che sentiva lungo tutto il corpo non accennava adaffievolirsi. Ciò che la tormentava più di tutti, però, era ilbraccio. Avrebbe voluto voltarsi per constatare l'entità dellaferita, ma non riusciva a muoversi. Si chiese se non fosseparalizzata, se non avesse perso l'uso delle gambe. Tutto intorno alei era in silenzio, l'unica cosa che sentiva era una voce agitataprovenire da un'altra stanza.

"l'hoammazzata, l'ho ammazzata, ti dico! Cristo, non so cosa mi è preso,non so cosa fare! Se mi beccano mi sbattono dentro a marcire, nonvoglio andare in prigione... cosa?"

l'hoammazzata? Era morta dunque? Però... no, non si poteva stare tantomale all'altro mondo.

"ache ora mi passa a prendere allora? Il prima possibile, il piùlontano possibile,cazzo! Ti rendi conto che ben presto cominceranno acercarla?"

benpresto cominceranno a cercarla. Quella frase le risuonò per un po'in testa, e capì che aveva bisogno d'aiuto, doveva chiedere aiuto inqualche modo. Cercò di voltarsi e scorse il suo telefono abbandonatosul comodino vicino al letto. Non era lontano, se fosse riuscita atrascinarsi fino lì, ad alzare il braccio... già, il braccio. Nonmosse altro che gli occhi lungo il suo corpo e vide solo rosso, soloe soltanto rosso. Ora più che mai, sentiva di dover raggiungere queltelefono. Tentò di sollevarsi aiutandosi con il braccio menointaccato, ma non appena riuscì impercettibilmente a muoversi, tuttoil suo corpo fu percorso da fitte lancinanti, che lacostrinsero ad accasciarsi di nuovo sul pavimento. Rimase lì,tremando di dolore ad ogni respiro, pentendosi di aver tentato quellastrada. Non sapeva cosa di preciso la facesse soffrire di più, maquando sentì una specie di calore umidiccio bagnarle il viso, siricordò. Al dolore fisico, si aggiunse il terrore di non avere piùla sua bellezza, quella bellezza che aveva detestato, odiato a volte,dandola per scontata, forse nemmeno c'era più.

Dovevaraggiungere quel telefono. Pensò di strisciare, ma non ne aveva laforza. E poi, a chi avrebbe potuto rivolgersi? A chi, in fondo,importava di lei? Scorsero nella sua testa tutti i volti che le eranopiù familiari, e capì che tutti le avevano fatto del male. Pensòanche a lui, soprattutto a lui, quello che l'aveva vista piùvulnerabile, e quello che le aveva fatto più male. Magari avrebberiso nel vederla così. Questo ultimo pensiero le levò anche quelbriciolo rimasto di istinto di sopravvivenza. Sentì solo un gransonno, un gran torpore impadronirsi lei, e pensò che in fondo erameglio così.

Kittenchiuse gli occhi.


Shots (italiano)Where stories live. Discover now