35. L'anello

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Passòqualche giorno, e Kitten dovette dare ragione a Richie. Era vero, eratutto com'era sempre stato, com'era sempre stato quando si eranoconosciuti, però. Di nuovo, l'imbarazzo tra loro era palpabile, unanube di nebbia che aleggiava sempre sulle loro teste. A stento sirivolgevano la parola, men che meno lo sguardo. Questo ritorno alpassato la faceva... soffrire, dopo tutto. Così, continuando atenere gli occhi bassi, si avvicinò il giorno della sua partenza.Non pensava che sarebbe arrivata a benedirlo tanto. Passò ilpomeriggio a fare i bagagli, ripiegando tutto con cura e moltolentamente per impiegare quanto più tempo possibile. Con la scusa diuna levataccia la mattina dopo, quella sera andò a letto presto,così presto che nemmeno si ricordava l'ultima volta. La verità, erache quello che le serviva era un po' di tregua, e niente la concedepiù del buio.

Comeera prevedibile, le ore passavano una dopo l'altra senza che leiriuscisse finalmente a prendere sonno. In realtà non era poi cosìstanca, ma anche se lo fosse stata quella specie di inquietudine chele attanagliava la gola non le avrebbe permesso di rilassarsi.

Aun certo punto, sbuffò e la diede vinta all'insonnia. Guardò l'ora,constatò che era quasi l'una del mattino e si risolse ad alzarsi,visto che se avesse continuato a rigirarsi in quel letto avrebbefinito solo per innervosirsi. Si augurò di essere sola.

Uscìdalla sua stanza, e vide subito una sottile lama di luce fuoriuscireda quella di Richie, lasciata libera dalla porta semichiusa. Leipreferì restare al buio.

Posarei piedi nudi sul pavimento freddo parve aiutarla a calmarsi, poi andòin cucina, riempì un bicchiere d'acqua e si appoggiò al lavandinoper berla.

Nonsentiva il bisogno di accendere la luce, le piaceva quella realtàcosì trasfigurata, nascondersi in quel buio e condividere ilsilenzio della città la confortava, in qualche modo. Sebbene avessevoluto fare credere a se stessa che fosse tutto a posto, lei proprionon riusciva a sentirsi tranquilla.

Laluce della luna e della strada filtrava attraverso i vetri, e questole fece venire voglia di affacciarsi alla finestra.

Sebbenele temperature di notte fossero piuttosto basse, quell'aria freddache le sferzava sulle braccia nude non la disturbava affatto. Siappoggiò al davanzale e cominciò a contemplare la città sotto disé, sentendosi come un vecchio marinaio che la notte scrutal'orizzonte dal ponte della sua nave tentando di distinguere ilmare dal cielo. Fece vagare lo sguardo sui palazzi che lacircondavano alla ricerca di qualche luce accesa, come se lacondivisione di quell'intimità creasse istantaneamente un legamecon quel collega insonne.

Dopoun po', il freddo smise di essere piacevole e cominciò a darlefastidio, così si risolse a tornare a letto. Chiuse la finestra, ein quel momento le sembrò che dalla camera di Richie provenisse unaspecie di melodia, bassa, appena strimpellata.

Levenne istintivo avvicinarsi, era decisamente troppo poco dura peressere qualcosa ideata da lui.

Sisistemò dietro la porta con le orecchie tese, stando attenta ancheche il suo respiro non facesse rumore. Ascoltò quella musica andareavanti e... era bella. Ad un certo punto però, il suono siinterruppe bruscamente e lei non ne capì il motivo. Per quanto fosseinesperta, non le sembrava avesse stonato o come si dice quando sisbaglia un accordo.

"loso che sei lì dietro"

Kittensi sentì agghiacciare. Per un istante, pensò che non si stessenemmeno rivolgendo a lei, ma poi la sua mente le ricordò che non cipoteva essere nessun altro ad origliare all'una di notte.

Coraggiosamente,decise di far finta di nulla, trattenendo il fiato. Insomma, potevaanche essersi sbagliato.

"hovisto la tua ombra, è inutile che cerchi di nasconderti"
appunto.Kitten sbuffò, decidendosi ad aprire la porta e a mostrarsi,probabilmente in viso doveva avere un'espressione non diversa daquella di un cane colto a smembrare un cuscino.

Shots (italiano)حيث تعيش القصص. اكتشف الآن