43. Morte

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"nonhai parlato per tutta la sera, che c'è che non va?", le chieseAlexander non appena tornarono a casa.

Kittena stento lo sentì. Dopo quella specie di crisi di pianto, si eraattardata in bagno per cercare di rimettere apposto il disastro cheera diventato il suo viso, nel tentativo di non destare sospetti.Tentativo che, ora lo capiva, si era rivelato del tutto vano. Sistupiva ogni volta della quantità di dettagli che notava Alexander.La maggior parte delle sue amiche si lamentava della superficialitàdei loro uomini, e probabilmente sarebbero state ben felici sequalcuno avesse notato un diverso colore di smalto o una diversapettinatura.

Comunquefosse, in quel momento non le importava di dare alcuna spiegazione,non le importava giustificarsi. Poteva inventare da solo la storiache lo gratificava di più, a lei non importava affatto.

Kittennon fece altro che scuotere la testa.

"sonosolo stanca", disse, ed era la pura verità. Non si sentiva stanca,si sentiva stremata, dolorante, quella sensazione di infelicità cheera fiera di avere vinto era tornata a nausearla più potente diprima, forte come mai lo era stata. Era terribile.

Kittenvide annuire Alexander attraverso lo specchio. Si appoggiò allostipite della porta.

"cheeffetto ti ha fatto rivedere il tuo amico?"

"nessuno",rispose lei, complimentandosi con la neutralità del suo tono.

Luiperò non sembrò contento.

"sicurache non è colpa sua questo malumore?"

quellasua curiosità stava cominciando ad indisporla, ma tuttavia cercò difar finta di nulla, continuando ad affondare la spazzola nei suoicapelli, cercando di non lasciare che il risentimento li strappasse

"nessunmalumore, sono solo stanca"

"dunquestasera non vi siete parlati?"

Kittenscosse la testa. Non le piaceva la piega che quella conversazionestava prendendo, non le piaceva non riuscire ad intuire dove volesseandare a finire con quelle sue insinuazioni.

"quindinon sei passata di proposito davanti al suo camerino, non sei rimastainsieme a lui in un corridoio deserto fino a che non è cominciato lospettacolo"

Kittensmise per un istante di pettinare i capelli, la sua voce le misequasi paura. Alla mente sospettosa di Alexander questo piccolodettaglio non sfuggì, e parve interpretarlo come una tacitaammissione di colpevolezza. Cercò subito di correggere il tiro.

"cheorecchie grandi che hai, nonna", disse, per sdrammatizzare.

"nonmi sembra ci sia niente da scherzare. Dimmi che cosa è successo",le ordinò, e Kitten lo sentì quasi ansimare per la collera.

"senti,non l'ho fatto di proposito. Stavo andando in bagno e il backstage èsulla strada, l'ho incontrato per caso, voleva solo sapere come me lapassavo"

"sì,come te la passavi. Guardami quando ti parlo"

Kittensi voltò, cominciando ad essere davvero irritata da lui.

"calmati,non è successo niente"

"nondirmi di calmarmi!", urlò lui, fuori di sé.

Primache Kitten riuscisse a ribattere alcunché, sentì il lato destro delviso bruciarle terribilmente, e realizzò che l'aveva appenacolpita. Non era più successo da quella volta in montagna.

Siportò la mano su quel punto e alzò lo sguardo su di lui, sperandodi trafiggerlo con tutto l'odio che provava in quel momento.

videche Alexander non pareva conscio del suo gesto, anzi la guardava congli occhi iniettati di sangue. Cominciò ad averepaura.

Shots (italiano)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora