18. Verità

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Quandoil mattino dopo si svegliò, Kitten non aveva idea di come fossefinita nel suo letto, ma il taglio sulla mano le riportò alla mentequalche ricordo sbiadito, come la birra, i Guns 'n Roses e la risata diRichie. La risata di Richie? No, di sicuro quella parte doveva averlasognata.

Noncredette più di tanto a quelle fotografie scolorite che le suggerivala sua memoria, così fece per alzarsi, ma subito dovette stendersidi nuovo perché la testa le girò terribilmente.

Chiusegli occhi, sperando che almeno così le tempie le avrebbero pulsatodi meno, e nel frattempo sentì dei rumori provenire dalla cucina.

Controllòl'ora sul cellulare e si accorse che era ancora in tempo per laprima lezione del mattino, così raccolse tutte le sue forze e sialzò dal letto, avendo come unico obbiettivo lo scaffale dellacucina dove teneva le aspirine.

Nonappena entrò nella stanza, subito si scontrò con Richie, e in quelmomento fu sicura che il sorriso della sera prima fosse statosemplicemente un sogno. Un bel sogno, in verità.

"Buongiorno",biascicò Kitten con gli occhi bassi, non riuscendo a vincere iltimore che lui continuava ad incuterle.

"ilcaffè c'è anche per te se lo vuoi"

Kittenrispose al suo tono ruvido accennando un sorriso. Si appoggiò allavandino per sentirsi un po' più stabile, e mentre osservava lepastiglie di aspirina sfrigolare nell'acqua, si chiese se fosse ilcaso di tornare sugli avvenimenti della sera prima.

Tuttavia,Richie non sembrava avere un comportamento diverso dal solito. Stavatranquillamente sorseggiando il suo caffè sfogliando svogliatol'ultimo numero di Rolling Stone, ignorandola del tutto.

Lacuriosità però finì per averla vinta, così Kitten decise dirompere il silenzio.

"checosa... è successo ieri sera?"

"niente",rispose lui immediatamente, non staccando lo sguardo dalla suarivista.

Questogesto la fece innervosire. I postumi di un'ubriacatura non larendevano paziente.

"puoianche guardarmi quando ti parlo"

Richiealzò gli occhi e si voltò verso di lei, come raccogliendo il guantodi sfida.

"nonho niente da dirti", sibilò piantando gli occhi nei suoi. Kittenquesta volta si costrinse a non abbassarli, pur facendo fatica.

"quellebottiglie vuote dicono il contrario", fece lei accennando al vetrodi cui era ricolma la pattumiera.

Questeultime parole parvero esasperarlo. "dio, ma cosa vuoi da me?abbiamo bevuto qualche birra, tu ti sei ubriacata e sei crollata sulmio letto. Contenta? Ah, un'altra cosa, l'alcol ti rende molto, moltoallegra"

lesue parole di scherno le riportarono alla mente ciò che era davverosuccesso.

Comeper magia, si ricordò di averlo toccato, e anche di come lo avevatoccato, di aver provato a slacciargli la cintura e di come luil'avesse fermata. L'aveva fermata? Nessuno l'aveva mai fatto. Poi,più nulla. L'imbarazzo per non ricordare ciò che era avvenuto doposi tramutò in rabbia. Lui non sembrava subire come lei i postumi diquella sbronza, e sembrava divertirsi parecchio a sbeffeggiarla.Questo le riuscì intollerabile. Per la prima volta nella sua vita,Kitten seguì il suo istinto. In un attimo, scattò verso di lui egli strappo la rivista dalle mani.

"orami hai proprio rotto. Sono stata carina, gentile, ho sempre abbassatola testa davanti al tuo disprezzo e mi sono fatta andare bene questotuo carattere del cazzo solo perché mio padre mi ha raccontato latua storia"

Shots (italiano)Where stories live. Discover now