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-Gli hyung stanno arrivando! Hyung! Hyung! Hyung!

Scarlett lasciò che un sorriso le sollevasse gli angoli della bocca mentre si stendeva sul materassino. Per l'ultima notte, ricordò a se stessa. Finalmente sarebbe tornata a dormire nel suo amato letto.

Il pensiero... non la confortava affatto.

Quando pensava al momento in cui sarebbe tornata nel suo appartamento accogliente, che aveva sempre adorato, non sentiva alcuna nostalgia. Sembrava che solo uno spiacevole senso di vuoto le riempisse il petto.

Scarlett sospirò, voltandosi verso i corpi intenti a saltare sul letto come bambini eccitati.

-Ragazzi, andate a dormire se non vorrete essere distrutti domani- li redarguì dolcemente. Tre visi imbronciati si sporsero oltre il letto per guardarla.

-Possiamo scendere?

La ragazza scosse il capo, trattenendo una risata.

-Ai vostri Alpha non piacerà ritrovarvi immersi nell'odore di un estraneo.

I tre visi sembrarono allungarsi in bronci ancora più evidenti.

-Ma tu non sei un- iniziò a replicare Taehyung, prima che una mano di Jimin posata sulla sua spalla fermasse la sua protesta. I due si guardarono negli occhi e parve che il maggiore stesse dicendo all'amico di darsi una calmata. Taehyung, allora, si accasciò sul letto senza abbandonare l'espressione imbronciata ma con aria leggermente frustrata. Scar fece per aprire la bocca quando la suoneria del cellulare le fece distogliere l'attenzione.

Sentì i tre Omega mettersi sull'attenti, guardandola con attenzione mentre afferrava il dispositivo.

-Ah, sono i miei genitori- annunciò lei, sollevandosi in piedi mentre i tre corpi si scioglievano come se avessero perso ogni energia. Dovevano aver sperato che fosse il capobranco, pensò Scarlett con un'accenno di dispiacere. Chiudendosi la porta del bagno alle spalle, strisciò il pollice sullo schermo prima di appoggiare il cellulare all'orecchio.

-Ehi.

-Ehi?- fu la replica sarcastica che sorse dal dispositivo. La ragazza si lasciò sfuggire una risata.

-Signorina, ti prendi forse gioco dei tuoi vecchi?

-Scusa, pa'. Lo so, avrei dovuto chiamarvi.

-L'accordo era una volta a settimana almeno. Ti stai forse dimenticando di noi?

Un velo di tristezza rese il sorriso sulle sue labbra un po' più amaro.

-Lo so, lo so. È stata solo... una settimana molto impegnativa a lavoro.

Inoltre, pensò fra sé, sentire la voce di suo padre era sempre terribilmente difficile. Ma non aveva il coraggio di dirglielo. Era una donna adulta, con un lavoro, un affitto e un'assicurazione sanitaria. Non poteva mettersi a piagnucolare come una bambina perché le mancavano i suoi genitori.

Sopratutto perché quando avevano deciso di trasferirsi a Seoul per il lavoro di suo padre era stata lei a insistere per rimanere in America. Aveva giurato loro che se la sarebbe cavata, che tutto sarebbe andato bene. Che anche se erano lontani nulla sarebbe cambiato.

Eppure...

-Che è successo, pulce? Un caso difficile?

Strinse le palpebre. Le mancava così tanto. Sentire la voce apprensiva di suo padre le faceva sentire di più la mancanza. E non poter stare stretta nell'abbraccio di sua madre a volte la spediva in un baratro di sconforto. Forse era così difficile quella sera perché era già particolarmente emotiva. Le sembrava di essere incastrata in un singolo punto, incapace di muoversi mentre persone importanti per lei continuavano a scivolare lontano.

Vaniglia e caramello Where stories live. Discover now