33: Litigi futili.

971 80 0
                                    

GIULIO'S POV

Io ed Ema avevamo appena finito di fare l'amore nell'oscuro di quel paesino, avanti agli occhi di qualsiasi persona sarebbe passata in quel momento, in quelle situazioni un'altra persona si sarebbe portato una ragazza da una botta e via, invece per me quella fu una delle esperienze più belle che io avevo mai fatto nella mia piccola vita con la ragazza che volevo per tutta la mia vita. Per un ragazzo come me che di esperienze stupende ne aveva passate solo sopra ad un fottuto palco con la gente che urla le parole scritte da me, con gli occhi lucidi e le braccia che cercano di raggiungerti per capire se quello è un sogno o meno. Iniziai a cercare i suoi occhi per capire se quel che era successo tra di noi lo aveva visto come un obbligo o una cosa voluta anche da lei. Dopo un po' si rese conto che la stavo guardando insistentemente così si girò e mi guardò dalla testa ai piedi.
Ema: che c'é?
Io: sei così bella.
A quelle parole Ema rimase un po' perplessa, poi però si avvicinò a me lentamente e appoggio una delle sue piccole mani al mio petto, continuava a guardarmi finché non iniziò a spingermi verso il muro, appena fui a contatto con il freddo della parete di quella casa che si affacciava a quella stradina, presi Ema per le spalle, la portai verso il muro e iniziai a guardare la sua camicetta ancora mezza sbottonata. Le presi la chiappa destra stringendola e poi con molta calma arrivai alla coscia che portai verso il mio fianco in modo da unirci ancora di più e spinsi la mia erezione verso di lei avvicinando il mio al suo naso.
Ema: ancora non sei stanco?
Io: Io di te? Mai.
Ema prese a baciarmi, appoggiò le sue mani alle mie guance e iniziò ad accarezzarle, trasformando quel momento erotico in qualcosa di maledettamente dolce. Le lasciai la gamba e portai una mano al suo fianco iniziando a perquisirlo e l'altra mano iniziò a nascondersi nel suo ciuffo nero. Sentivo le sue labbra più calde del solito, le nostre lingue non si facevano avanti, in quel momento le nostre labbra volevano il loro protagonismo e si sfioravano facendo quegli schiocchi rumorosi ogni tanto.
Ci staccammo solo quando mi arrivò una chiamata da Ginevra. Risposi cercando di non far vedere il nome a Ema.
Io: pronto?
Ginevra: carissimo Giulio.
Io: cosa vuoi?
Ginevra: mmmh lo sai cosa voglio da te.
Io: ma che ti è successo così all'improvviso?
Ginevra: sto solo facilitando la nostra unione, so qual'è il tuo punto debole caro.
Io: beh è cambiato il mio punto debole.
Ema si avvicino a piccoli passi aggrappandosi leggermente al mio braccio e sfiorò il mio collo con le sue labbra facendomi rabbrividire.
Ema: chi è?
Le accarezzai una guancia, le diedi un bacio e le feci sogno che gliel'avrei detto appena staccata la chiamata.
Ginevra: se non è il sesso allora è la puttanella con cui ti stai sentendo.
Io: la puttana qui sei tu, cosa vuoi?
Ginevra: ah ora fai anche il tipo romantico che te la difendi?
Io: sono cambiato.
Ginevra: vedremo quando tornerai carissimo.
Staccai la chiamata, non volevo sentire neanche più una sua parola. Mi girai verso Ema che aveva la faccia di qualcuno che voleva capire qualcosa.
Io: era Ginevra.
Ema abbassò la testa, scosse le spalle e si incamminò verso la Lirsa, camminai dietro di lei per qualche minuto finché annoiato della situazione la girai verso di me e la guardai dritto negli occhi.
Io: non devi fare così. L'ho mandata. Io voglio te ok? Non possiamo fare questo sempre, devi avere fiducia di me.
Ema: credi che io non abbia fiducia in te?
Io: per i tuoi comportamenti si.
Ema: ti stai sbagliando, mi sono girata e sono andata avanti perché a me di quella non me ne frega nulla, ti vuole scopare? Mi sorprendo che non sei già lì a Roma, anzi sai che ti dico? Vacci almeno lei ti rende felice per davvero e non ti farà mai trovare in situazioni come queste che dopo aver fatto l'amore in una via desolata, fa restare solo la desolazione.
Si girò e iniziò ad andare avanti a passo svelto, mi chiuse davvero il cesso, in effetti tutto quello che provavo non glielo avevo mai detto, forse quello che pensavo dopo aver fatto l'amore con lei se lo voleva sentir dire.
Io: stronza vieni qui.
Ema: ah ora anche stronza sono?
Disse mentre si girò con uno dei suoi sguardi assassini.
Io: vuoi davvero che vada da Ginevra?
Lei rimase un po' a guardarmi mentre io iniziai ad abbassare la testa.
Ema: no.
Mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sul collo stringendola a me facendole da scudo con le mie braccia.
Io: forse devo iniziare a dirti quello che mi fai dalla mattina alla sera per farti capire che non mi serve nessun'altra.
Ema: no.
Io: troppe persone ti hanno illusa immagino, e farti capire ciò che mi fai provare già sarebbe un bel passo avanti non credi? Ora sali sulle mie spalle su, andiamo dagli altri.
Senza dire una parola in più Ema appoggiò le mani sulle mie spalle, si diede una spinta e si aggrappò a me come un koala tanto che iniziai a sentire il battito del suo cuore tramite la schiena. Dall'ultima volta che l'avevo presa sulle spalle si era fatta molto più leggera, forse troppo.
Ema: ti amo, scusa.
Io: non dirlo neanche.
Appoggiò la sua testa su una mia spalla e iniziò a sfiorare il mio collo più e più volte con le sue labbra.

-continua-

Beautiful disaster || LOWLOWWhere stories live. Discover now