{american boy} Parte due.

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Voi ci credete nelle stelle?
Ci credete nel destino?
Se la vostra risposta è stata un netto no, lasciate che sia io stessa a farvi ricredere.

Avevamo appena finito di cenare, io e Zayn.
Ci eravamo tanto parlati quella sera.
Nulla di concreto in realtà. Mi ero tenuta mille domande per lui, mille punti di domanda.

Non avevamo parlato di come, di quando e del perché avesse deciso di cercarmi. Non gli avevo chiesto di una delle mie più grandi paure: la sua nuova relazione.

Non avevamo parlato di noi due, di New York, e di come ci eravamo lasciati un anno prima.

Non avevamo parlato di me, del presente.
Non aveva fatto domande su Noël.

Avevamo parlato del futuro.

Voleva portarmi a Portofino, in Italia.
A detta sua, era un posto paradisiaco.
Diceva che mi sarebbe piaciuto da morire.

Avevamo parlato del cibo Francese, che entrambi amavamo tantissimo.

Avevamo parlato del suo lavoro e del suo più grande successo del giorno prima. Avevamo parlato anche del mio di lavoro, molto più umile se pensiamo che gli avevo raccontato di quanti Macaron riuscivo a vendere in sei ore di lavoro.

Avevamo parlato così tanto che il tempo era volato.

Avevamo già finito la nostra cena, quando, insieme, mano nella mano, lasciammo il ristorante.

Non chiedetemi come, ma essendo che lui aveva bevuto un'intera bottiglia di prestigioso Champagne, io ben pensai di fargli una domanda:

"Posso guidare io?" Gli chiesi, parlando velocemente.

Avevo preso la patente da pochi mesi, ed ero felice con me stessa. Fu per me, una sfida ed una grande vittoria. Prima di quel passo, avevo guidato (al mio sedicesimo compleanno) la macchina di Jen, distruggendogliela. Mi ritrovai sbattuta contro il muro del palazzo dove abitavamo allora e da quel giorno non avevo avuto più il coraggio di guidare una macchina.

Fino a pochi mesi fa, quando, giunta quasi ai ventidue anni, decisi che dovevo riprovarci.

Guardai sorridendo Zayn, anche se lui aveva un'espressione molto più seria della mia.

"Ora sai anche guidare?" Mi chiese, alzando un sopracciglio. "Quante cose che ti sei perso di me." Un po' sarcastica e un po' dicendo la verità, gli risposi, sfilandogli dalle mani le chiavi della sua macchina.

Mi avvicinai alla portiera della sua Audi, salendo dal lato guidatore e lui salì subito dopo di me.

Vorrei fare una precisione: avevo preso la patente a Parigi, ma non avevo mai guidato se non con il mio istruttore.

Ma Zayn si era fidato di me.

Io, entusiasta come una bambina, misi in moto la macchina e anche se la prima volta mi si spense sotto le mani, al secondo tentativo la accesi ed andai via dal ristorante.

"Vai piano e non correre." Mi aggiunse sin da subito Zayn, mentre aveva portato una sigaretta tra le sue labbra. Io tenevo entrambe le mani sul volante e la massima concentrazione sulla strada.

"So guidare benissimo, vero?" Porsi a lui questa domanda, entusiasta come una bambina. Era la prima persona che mi aveva lasciato guidare la sua auto, dovevo fare massima attenzione.

"Sei molto brava." Mi rispose lui, seduto rilassato sul sedile passeggero, mentre fumava la sua sigaretta. Era una bellissima sensazione vederlo "non preoccupato".

Il discorso lo collego al mio passato e anche un po' al mio presente.
Jen non si era mai più fidata di me (aveva le sue ottime ragioni) ma neanche Noël si era mai fidato di me alla guida.

Call me Daddy 3.Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt