Capitolo nono - Venti di guerra

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All'improvviso la situazione era cambiata. Niente era più come prima. Guardata a vista dai monaci, Sibilla era silenziosa, aveva evitato i suoi occhi nonostante Ion avesse cercato il suo sguardo per capire le sue intenzioni. Gli sarebbe bastato un suo cenno per prenderla per mano e scappare insieme, ma lei sembrava essersi rassegnata all'idea di dover ritornare a Sarnus, seguendo quel maledetto frate come un docile gattino. Di conseguenza anche il suo proverbiale buonumore sembrava averlo abbandonato improvvisamente, così si era limitato ad assicurare la sua sacca alla sella del cavallo e a saltare in groppa, troppo preso dai suoi pensieri per curarsi di Giovannino che poco più in là cercava di non cadere mentre il suo ronzino faceva del suo meglio per liberarsi di lui.

Ion rimase ad osservare la scena, spento come una candela dopo una notte troppo lunga.

«In marcia!» La voce di Frate Adelmo lo risvegliò dai suoi pensieri cupi ricordandogli che dovevano andarsene da lì al più presto o avrebbero fatto brutti incontri. Quindi, di malavoglia spronò il suo cavallo inseguendo il gruppo di cavalieri. I monaci sembravano conoscere la via da seguire ed in pochi istanti si lasciarono il porto di Dogana alle spalle, gli zoccoli che risuonavano sul lastricato delle strade come il battito frenetico di un cuore pazzo di paura. Si disse che doveva annotarsi quel pensiero per una delle sue ballate.

«Erratico!» Peonia si accostò al suo cavallo affiancandolo. Lui le rivolse uno sguardo interrogativo.

«Volevo dirti di stare attento» gli disse con tono neutro stranamente privo del solito sarcasmo che faceva presagire solo guai.

«Attento?»

«Ho visto come la guardi, ma lei è fuori dalla tua portata. La Regina Maga deve tornare a Sarnus e prendere il suo posto alla guida dell'Ordine».

Si era aspettato qualcosa del genere ma nonostante fosse preparato sentì comunque la rabbia salire come l'onda di un fiume in piena. Serrò la mascella per impedirsi di risponderle e lasciò che completasse il suo discorso.

«Lei è un frutto proibito. Da oggi sarà circondata solo da donne e se Frate Adelmo pensa che tu possa essere un ostacolo, non ci penserà due volte: ti ucciderà».

«Io, un ostacolo? Io sono solo un Erratico, un menestrello analfabeta che gira la Marca per il divertimento di un pubblico pagante. Un vagabondo. Non potrei mai essere un ostacolo». "Lei non mi guarderebbe mai, non in quel modo".

«Per favore! Non sono stupida e ci vedo ancora bene».

Ion scosse la testa per protestare, ma lei gli posò due dita sulle labbra con un gesto che gli sembrò di affetto. «Dimenticala!» disse soltanto, prima di spronare il suo cavallo e allontanarsi al galoppo, diretta alla testa del gruppo.

Il ragazzo rimase a fissarla da lontano per quello che sembrò un tempo interminabile, prima di riscuotersi. "Io sono un Erratico, Fata! Non sono stato educato a rispettare le regole" pensò. Non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro, ma avrebbe fatto di tutto per mantenere la promessa che aveva fatto alla sua amica: sarebbe stato lì per lei, a ricordarle che aveva un sogno.

«Il mio amico Ion è triste» disse la voce di Giovannino, proprio dietro di lui.

«No, tranquillo». Non più. «Va tutto alla grande. Torniamo a casa!»

«Si, Giovannino rivedrà la sua mamma» rispose gagliardo il gigante.

Sai che affare! «Non so come tu faccia a sopportare ancora quella strega. Non ha fatto altro che chiederti soldi per tutta la vita ... e picchiarti se non gliene portavi abbastanza».

Sibilla e le leggende della MarcaOnde as histórias ganham vida. Descobre agora