Capitolo undicesimo - Il sogno

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Tunc ... tunc ...

Sibilla fu risvegliata dal suono sordo di qualcosa che batteva contro gli stipiti della sua finestra ad un ritmo irregolare. Come un lancio di sassi pensò. Aprì gli occhi e li richiuse per strofinarli con forza. Doveva essere ancora tarda notte o le primissime ore del mattino perché la luce dell'alba ancora non filtrava sotto la finestra.

«Ma chi è?» gracchiò, la voce impastata, volgendosi verso la fonte del rumore che aveva disturbato il suo sonno e interrotto il sogno sul più bello. Se fosse stato un sogno premonitore era destinata a non conoscere mai il suo significato. D'altronde come Sibilla fino a quel momento era stata un vero e proprio fallimento. Che sfortuna!

«Biancofiore!» sussurrò una voce fuori dalla finestra. Una voce che lei conosceva bene ma che lì era fuori contesto per cui impiegò qualche istante a realizzare.

«Ion!» esclamò aprendo gli stipiti e rischiando di colpirlo.

«Mia principessa» declamò lui, ricordandole il loro primo incontro, nel carro dei briganti.

«Che cosa fai qui?»

«Sono venuto a salvarti, che altro?» chiese, fingendosi offeso, mentre faceva capolino nella stanza e le offriva una mano per scavalcare.

«Come mi hai trovato?» chiese ancora la ragazza, stupita di vederlo e forse incerta che si trattasse di un sogno dentro ad un sogno.

Ion aggrottò la fronte e incrociò le braccia sul petto. «Pensavo saresti stata felice di vedermi, Biancofiore! Invece te ne stai lì a fare domande sciocche».

Ion, era proprio lui! Sibilla fu tentata di darsi un pizzicotto ma le sarebbe costato la sua dignità. Così alzò un sopracciglio e, senza commentare gli porse la mano con lo stesso modo altezzoso che aveva visto tante volte usare da sua madre.

«Bene, cosa aspetti allora?» disse.

L'erratico represse un sorriso e la aiutò a scavalcare il davanzale della finestra.

«Non pensavo di trovarti vestita di tutto punto. Addirittura con il cappotto. Eri pronta per la fuga ?» sogghignò.

«Nessuno ha pensato ad accendere il camino ieri sera!» brontolò lei mentre raccoglieva le falde della lunga veste in una mano e saltava nell'erba. «A proposito, posso sapere come hai fatto a trovarmi?»

«Ho corrotto uno dei monaci guardiani» rispose lui, prontamente, raggelandola.

I monaci dell'Ordine erano praticamente incorruttibili. Se quello era vero erano finiti in trappola. Fece per imprecare ma il sorrisetto stampato sul volto di Ion la fece desistere. La stava prendendo in giro.

«Nessun tentativo di corruzione, tranquilla. Ricordavo che mi avevi parlato della Schola e del fatto che dalla tua finestra vedevi un Silvano. "Il più brutto di tutto il giardino" avevi detto. Così ho cercato in giro e ho trovato questo», disse, indicando la statua di un Silvano sul prato proprio davanti a loro. La creatura mitologica era stata ricavata dal tronco di un vecchio albero morto da secoli e sembrava contorcersi nella nebbia del mattino, la bocca aperta in un lugubre urlo silenzioso. Sibilla rabbrividì.

«Non pensavo ti saresti ricordato di un particolare così insignificante!»

«Niente che ti riguarda è insignificante, mia signora» rispose lui galante, con quel tono che era sempre una via di mezzo tra il serio e lo scherzoso.

Sibilla fece per rispondere ma, nel dubbio, pensò fosse meglio lasciar perdere.

«Andiamo» gli disse, facendogli cenno di seguirla.

Sibilla e le leggende della MarcaOn viuen les histories. Descobreix ara