Capitolo settimo - Mitì

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Il silenzio tra loro era pesante ma Sibilla non aveva alcuna intenzione di essere lei a romperlo per prima. Peonia di solito non parlava molto quindi non si sarebbe di certo offesa se andava a letto senza augurarle la buona notte.

Davvero a volte faceva difficoltà a capirla.

«Sibilla? Sei tu Sibilla Biancofiore?» si sentì chiamare. Una ragazza più o meno della sua età, vestita con la divisa delle cameriere di palazzo faceva capolino dietro ad una cesta di biancheria.

«La signorina Polimnia mi ha detto di prepararti la stanza e che avresti avuto bisogno di biancheria pulita. Se mi segui ti mostro la camera».

Sibilla fece per entrare nella stanza che le veniva indicata quando un'altra cameriera uscì dalla porta e quasi la travolse.

«Quante volte devo dirti di dare del lei ai nostri ospiti?» disse, rimproverando la poveretta con un tono tanto acido da competere con quello di Sorella Sabatina.

«Non c'è speranza di insegnarti le buone maniere! Nessuna possibilità che tu capisca come ti devi comportare!»

Poi, rivolta a Sibilla si scusò per il comportamento della cameriera che, nel frattempo, era arrossita fino alle punte dei capelli e stava fissando i propri piedi come a voler cercare una macchia di polvere sulle scarpe immacolate della divisa.

«La prego di perdonarla, mia Signora, ma Mitì è nuova. È la figlia di un pescatore e il suo povero padre era fuori tutto il giorno con la sua barca, non poteva di certo occuparsi della sua educazione! La Doganiera è stata generosa con lei e le ha dato un posto di lavoro, nonostante tutto!»

Di certo Sibilla non aveva bisogno di tutte quelle informazioni non richieste e stava per dirglielo quando Mitì si scusò, impedendole di fare una brutta figura.

«Mi perdoni signorina, Azzurrina ha ragione. Non so cosa farei senza di lei!» disse inchinandosi, «ora, se vuole seguirmi nella stanza, sarà mia premura prendermi cura di lei».

Senza proferire parola Sibilla la seguì all'interno della camera da letto, passando davanti ad un'impettita Azzurrina. La ragazza si chiuse la porta alle spalle e, solo allora, tornò a respirare.

«Ma fa solo a me questo effetto?» chiese, incapace di tenere a freno la lingua.

«Non ti preoccupare. Scusi! Non si preoccupi signorina!» rispose Mitì, in evidente difficoltà tra il tu e il lei. «Conosco Azzurrina da anni e, ecco, tra noi non corre proprio buon sangue».

La cameriera si strofinò le mani sul grembiule in modo nervoso. Sibilla notò per la prima volta che la ragazza era molto graziosa, aveva dei capelli biondi lunghi e lisci come seta trattenuti da una piccola treccia che le passava intorno alla testa come una corona, i suoi occhi erano azzurri come il cielo e la pelle forse ancora più chiara della sua che poi era tutta coperta di lentiggini quindi non aveva niente di bello.

Mitì si mise a prepararle il letto per la notte quindi prese una camicia da notte dalla cesta e la stese sopra alle lenzuola. «Ecco, può usare questa, dovrebbe essere la sua taglia» disse, lasciandola con le mani. Poi prese a riordinare la biancheria nei cassetti.

Sibilla sbadigliò. Ormai la luna era bassa all'orizzonte e stava per tuffarsi nel mare. «Posso fare da sola, ti ringrazio Mitì». Altro sbadiglio.

La cameriera si guardò intorno, sembrava cercare qualcosa da riordinare. In mancanza di altro da fare si fermò a guardarla, le mani che si sfregavano nervose. «Mi scusi signorina, volevo solo darle un consiglio» disse, abbassando il tono della voce. Il suo sguardo era corso verso la porta per poi tornare a posarsi su Sibilla che ora iniziava a sentirsi leggermente ansiosa.

Sibilla e le leggende della MarcaWhere stories live. Discover now