Capitolo terzo - Attraverso la Marca

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«È vero che vivete negli alberi? Mi sono sempre chiesto come sia possibile».

«mmm ... » Peonia rispose con un cupo brontolio all'ennesima domanda. «Ne hai per molto, erratico?»

«Non è che tu sia stata molto ricca di dettagli. La tua signora ti ha ordinato di soddisfare la mia curiosità se non sbaglio».

«Se qualcosa non ti sta bene puoi lamentarti con lei», la fata indicò Sibilla che guidava il gruppetto. La ragazza sembrava instancabile, tanta era la fretta di arrivare a Dogana ed imbarcarsi sulla prima nave per il Ducato.

«Biancofiore! Aspettami» Ion allungò il passo per riprenderla.

«Qui abbiamo un problema di disciplina» le disse, mentre l'affiancava, «la fata si rifiuta di rispondere alle mie domande».

Sibilla fece spallucce, la testa bassa e lo sguardo fisso davanti a sé, come per rimarcare che quello che accadeva tra lui e Peonia non era un suo problema.

«Se tu ...» provò a chiedere, ma lei lo interruppe ancora prima che potesse finire la frase: «Non la smetti proprio mai di parlare?»

Dietro di loro la fata emise un fischio sommesso.

Come non detto. Le due si erano coalizzate senza essersi mai scambiate nemmeno una parola. Ion sospirò e il suo stomaco gli fece eco con un brontolio profondo. Era vuoto come il suo borsello.

«Siamo vicini ad un villaggio. Potrebbe essere la nostra ultima occasione per procurarci delle provviste ... in modo legale» disse, indicando un cartello di legno malconcio legato ad un palo con del filo di ferro. «Forte della Valle, la sua gente è accogliente e le sue donne sono belle».

Peonia sbuffò ancora. «Pessima rima!»

«Non è una rima, mia signora. Si tratta di un'assonanza. Altre parole farebbero rima con valle. Parole come scialle, gialle, percalle, palle, ...»

In men che non si dica Ion si trovò con un coltello premuto alla gola. «Se non vuoi perdere le tue di "palle", ti consiglio di tacere, Erratico. La mia sopportazione è giunta al limite».

«Passiamo per il villaggio, non ci porterà via molto tempo». La voce di Sibilla arrivò come una benedizione. La fata mollò la presa lasciandolo libero di respirare. A Ion ricordò un cane rabbioso pronto a correre al richiamo del padrone, ma si morse la lingua per non lasciarsi sfuggire il paragone. Era certo che Peonia lo avrebbe ucciso.

***

Forte della Valle era appollaiato sulla cima di una collina e, come lasciava intendere il suo nome, svettava sulla placida vallata sottostante, protetto da alte mura di mattoni.

Ion aveva guidato la compagnia su per una salita, tutta tornanti, che a tratti si avvicinava per poi allontanarsi di nuovo dal paese, come una fisarmonica. Nonostante la fatica le sue compagne di viaggio non avevano protestato e facevano del loro meglio per stare al suo passo.

«Siamo quasi arrivati. In cima alla salita, prima della porta del paese, c'è un fornaio. Ah, il suo pane caldo ...» disse, socchiudendo gli occhi e pregustandone il profumo. «Fa delle crostate che sono una poesia».

Nessuno gli rispose. Forse parlava davvero troppo, ma odiava il silenzio. Gli trasmetteva emozioni negative e lui era un Cantastorie, la musica e le parole facevano parte del suo modo di essere.

«Accipicchia!» esclamò d'un tratto Sibilla dietro di lui. Ion alzò gli occhi e seguì con lo sguardo il dito indice della ragazza puntato verso le alte mura. Tutte le finestre delle case esponevano stendardi colorati. «Non sono i colori del Ducato?»

Sibilla e le leggende della MarcaWhere stories live. Discover now