L'Erede ~ Fabio

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L'Erede, parte 1:
Identità

I problemi cominciarono quando presi fuoco. E il fatto che la casa fosse infestata dai rampicanti non migliorò la situazione.

Ero chino vicino al divano, e frugavo tra la polvere. Non avevo nessuna voglia di scoprire quali orrori avessero messo radici sotto i mobili della Villa in più di vent'anni, ma il biglietto con la profezia era un motivo valido per sacrificarmi. Avevamo giocato a morra cinese con Sofia per sapere chi avrebbe dovuto occuparsi di sradicare qualche pianta dai muri e chi avrebbe rovistato tra la sporcizia... e ovviamente mi era andata male.

Quando eravamo giovani, infilavi le mani in nugoli di insetti per prendere pezzi di frutto, e ora ti spaventa un po' di polvere?

Avrei voluto ricordarle che quando eravamo giovani non avevo il senno del poi, e nemmeno un principio d'artrosi o grandi probabilità di farmi venire un infarto, ma mi ero trattenuto. Purtroppo.

Stesi il braccio ancora un po', e lo mossi a mo' di tergicristallo tra le ragnatele e qualcosa che somigliava in modo inquietante ad un insetto morto (e fossilizzato, probabilmente), ma di carta con c'era traccia.

Mi alzai gemendo un poco. Era preoccupante che già a quell'età avessi problemi a muovermi.

Tutta colpa del fatto che sei diventato uno stupido professore, mi disse una vocina nella testa. Se solo avessi continuato a fare almeno un po' di palestra... che nerd che sei!

Eccolo, il mio "lato Fabio" che tornava alla carica. Mi pareva quasi che fosse un'anima distinta dalla mia, eppure sapevo benissimo che non era così. Semplicemente, quella parte di me era rimasta sopita per talmente tanto tempo che non ricordavo più quanto quel diavoletto potesse essere insistente. E lì, tra quelle mura, era impossibile ignorarlo.

Mi passai una mano sul braccio per togliere qualsiasi cosa vi fosse rimasta attaccata, e mi diressi nell'altra stanza, dove Sofia stava cercando di sradicare un'erbaccia piuttosto resistente dallo sportello del frigorifero.

- Serve una mano, madame? - sorrisi. Che fossi Fabio o Paul, quando guardavo Sofia, non potevo non sorridere. Era ancora così bella, dopo tutti quegli anni.

- Piantala! Ce l'ho quasi fatta... tu, piuttosto, perché non stai cercando la profezia in mezzo ai ratti? Era divertente guardarti. -

Feci una smorfia. La sua lingua sì che era cambiata, in quegli anni. Ora era un po' troppo tagliente. Quasi mi batteva. Quasi.

Percy, invece, oh, lui sì che mi dava cento punti. Peccato che al momento fosse steso sul letto della vecchia camera di Sofia, privo di sensi.

Era da quasi due ore che non dava segni di vita, e si vedeva che Sofia aveva cominciato ad agitarsi non poco. Ma in realtà non eravamo preoccupati come avremmo dovuto. Eravamo stati piuttosto distratti dalla foresta che ci era spuntata in casa.

Sentii il tonfo ancor prima di riuscire a girarmi del tutto.

In quel momento non stavo guardando Percy. Con la coda dell'occhio, mi era sembrato di vedere un movimento, ma quando mi ero girato verso la finestra non c'era nulla, solo l'ombra di qualcosa che si allontana in cielo. Il tempo di tornare a concentrarmi su mio figlio che lui era già a terra, dietro il divano, svenuto. Ma non era questo che mi aveva colpito di più, in quel momento.

Aveva qualcosa in testa, sulla fronte, proprio in mezzo agli occhi, che brillava tanto da accecarmi. Ero stato costretto a distogliere lo sguardo, per un istante. Giuro, un solo istante.

E mi ero ritrovato con la gamba legata al divano da una pianta di edera.

- ...svillupparli. - Concluse Sofia. Evidentemente le bastò un'occhiata alla mia faccia confusa per capire che non avevo ascoltato una parola di quanto aveva detto: sospirò, tolse la mano dal rampicante che stava cercando di strappare e mi schioccò le dita davanti agli occhi.

La Nuova Generazione // I più grandi Eroi - libro 1Where stories live. Discover now