Parte 1. Lo Scorso Portale

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Le foglie secche non scricchiolavano. Benché a terra tutto ne fosse coperto, dalle tane dei serpenti annidati e pronti per l'inverno alle poche reminescenze di quello che, solo pochi mesi prima, era un prato fiorito, nulla si muoveva quando lo scarpone vi passava sopra. La foresta era immobile in attesa del primo gelo della stagione, e i passi del viandante sembravano non voler disturbare quella strana quiescenza. Anzi, quel suo modo di muoversi leggero, felpato, dava quasi l'impressione che il tempo fosse davvero rallentato, che i suoni avessero deciso di non esistere più. Eppure, per nulla incantato, lui incedeva con passo sicuro, senza fermarsi, guardando dritto avanti a se, il capo leggermete chino per tenere ben coperto il volto incappucciato. Non che ce ne fosse bisogno, certo: a quell'ora di notte, con quel freddo inusuale per una giornata d'autunno, nessuno sarebbe stato così fuori di senno da avventurarsi proprio in quella foresta. Nessuno, tranne lui. Per lui si trattava di un posto abbastanza sicuro, uno dei pochi. Probabilmente l'unico altro era quello dov'era diretto. Lì non l'avrebbero trovato, ne era certo. E pensare che la gente ingara che vi alloggiava, magari per una notte o due, neanche sapeva di trovarsi in un luogo così speciale...

Un fruscio. Un unico fruscio tra le foglie. Nell'aria gelida, immobile, c'era stato un singolo movimento, appena percettibile. Una persona distratta, un normale umano, non l'avrebbe nemmeno notato. Ma per il viandante, che nelle vene sangue umano non ne aveva, risuonò come uno sparo. Si girò appena in tempo per vedere una figura, ancora oscurata dalle fronde degli alberi, fiondarsi verso di lui... ma al viandante bastò alzare un braccio per bloccare l'attacco. Mormorò qualcosa, una strana litania che sembrava antica quanto la terra sotto i loro piedi, e dalle sue dita si sprigionarono filamenti dorati che andarono ad avvinghiarsi attorno al predatore, inchiodandolo ad un albero. Una sola parola, poi, uscì dalla bocca del viandante, che si teneva ancora distante dall'estraneo e con il braccio, a cui erano collegati i filamenti dorati, alzato. Una parola, sempre in quella lingua antica e misteriosa, ma che l'aggressore, grazie a precedenti e molteplici esperienze con essa, capì. 'Chi sei?', gli aveva chiesto.
Per un istante, tutto restò muto, e la quiete sonnolenta ormai spezzata che prima regnava intorno al viandante sembrò riprendere il soppravvento. Tremò, così impercettibilmente che nessuno l'avrebbe notato. Forse era il freddo, forse la tensione, o magari il semplice sforzo che doveva aver fatto per evocare l'incantesimo. Più probabilmente, però, si trattava solo di una piccola riverenza verso quella natura immobile: i maghi, ogni volta che usavano la magia, cadevano in preda ad una sorta di timore reverenziale verso la natura stessa. Perché era essa a dargli il potere, era la comunione tra Lei e il mago.

L'aggressore, dal canto suo, parve percepirlo. Si, percepiva quell' immobilità come qualcosa di potente, ma non poteva capirla, questa potenza. Perché decisamente non era un mago.
Piano, con mano ferma, si abbassò il cappuccio, rivelando un volto da... ragazzina. I capelli neri, legati in una comoda treccia, le ricaddero sulle spalle magre. La pelle chiara sembrava quasi brillare alla luce dorata delle corde che la tenevano prigioniera. Era bassa, più bassa delle normali ragazzine della sua età: dal volto, sembrava non avere più di quattordici anni. Ma gli occhi, di un nero denso (di certo non aiutato dal buio circostante) erano occhi di chi ha visto tutto, occhi furbi, da predatrice. Come pure il sorriso scaltro, le mani svelte e sicure e i coltelli che portava alla cintola non lasciavano presagire una personalità tranquilla.

Il mago rimase semplicemente sbalordito. Spalancò la bocca per la sorpresa, poi abbassò il braccio di scatto, facendo sì che i fili dorati ed evanescenti svanissero nel nulla. Dimentico di tenere un passo silenzioso, si fiondò verso l'intrusa... e l'abbracciò di slancio. Sapeva che stava rischiando, che si stava esponendo, che aveva fatto un baccano assurdo e facile da percepire per i suoi nemici, ma non poteva farci nulla: il sollievo era davvero troppo. Dopo mesi di vagabondaggio e ansie, eccola lì, l'unica persona che lo conosceva davvero, l'unica che sapeva cosa aveva fatto e lo accettava. Senza riuscire a trattenersi, prese a tremare, mentre una lacrima solitaria gli solcava la guancia. Quasi subito, però, sembrò pentirsi di quel momento di debolezza: ecco, ora lei lo avrebbe preso in giro per una settimana! E di fatti: - Un uomo che piange? Non è molto eroico, mago da strapazzo! - lui la guardò sognante, e le disse semplicemente: - Mi sei mancata, Amina, non hai idea di quanto. - Finalmente, la ragazzina ricambiò l'abbraccio. - Anche tu. Ti amo. - Fu questa l'ultima cosa che gli disse.

La Nuova Generazione // I più grandi Eroi - libro 1Where stories live. Discover now