Una Nuova Spada ~ Sofia

63 4 0
                                    


Guardai sbigottita il ragazzo dagli occhi verde mare che mi sorrideva dal fondo della Sala degli Allenamenti. Quanto ci aveva messo a distruggere tutti quei manichini? Forse qualche minuto, ma non ne ero sicura. L'avevo fissato mentre mulinava la spada, quella che era stata la mia spada, come un tornado, uno sguardo predatore negli occhi.

Era molto, molto più agile e veloce di quanto io non fossi mai stata, neanche quando ero nel pieno delle mie forze. Nemmeno durante la battaglia contro Nidhoggr, quando cercavo di proteggere il mio Thuban dalle lame nere della viverna, ero riuscita a muovermi così velocemente.

Fu per questo che sorrisi, un sorriso smagliante e sincero, di rimando al suo. Fosse stata una qualsiasi altra persona, sarei stata un po' invidiosa di tutta quella potenza. Ma sapevo che lui non era una persona qualsiasi. Per quanto non l'avessi visto combattere spesso, sapevo che era potente già prima che succedesse tutto, prima di scoprire il mondo dei Draconiani. Perchè lui era Percy Jackson, ed era un semidio.
Dopotutto, se non fosse stato così, sarebbe stato già morto. E probabilmente, io con lui.

Amavo passeggiare per Central Park. Le fronde degli alberi si muovevano piano, sotto l'effetto del piacevole venticello fresco che spazzava finalmente via il caldo torrido dell'estate. L'erba mi accarezzava il collo dei piedi, coperti solo da un paio di sandali, mentre la luce di metà pomeriggio si rifletteva sui ciottoli del vialetto che stavo percorrendo. In alto, i primi stormi di uccelli che cominciavano a migrare; attorno a me, la pace. Lì non c'era la solita calca che mi assaliva quando ero in città. E a me stava benissimo: odio la calca. Il traffico, il rumore delle scarpe che calpestano l'asfalto, il chiacchiericcio interminabile... io non ero nata in mezzo a tutto questo, e nonostante vivessi a NYC da anni, ancora non mi ero abituata. Mio malgrado, quando pensavo ad un posto da chiamare casa, la prima immagine che mi si profilava nella mente era proprio quella che più di tutte avrei voluto dimenticare, dopo l'incidente: una villa abbarbicata su un pendio, l'albero che spuntava dal tetto (nonostante nell'ultimo periodo questo "piccolo" dettaglio non ci fosse più), il Lago di Albano che scintillava in lontananza. E prima che potessi riconnettermi al mondo reale, una raffica di altre immagini dolorose mi riempirono la mente: la villa distrutta durante la battaglia contro Nidhoggr, la mia casa totalmente cambiata quando tutto era tornato alla normalità, l'incidente... la macchina del prof che sbandava... il mio risveglio in ospedale...

Scossi la testa. No, non era questo il momento di ripensare a quegli eventi. Il passato era passato, e io non avevo intenzione di tornare a viverci. Volevo e dovevo concentrarmi solo sul presente: Fabio che mi aspettava a casa, quella che ora era la nostra casa; il cinguettio degli uccellini sopra la mia testa; il ragazzo dai capelli corvini e l'altra donna in lontananza, uniche due persone nel parco apparte me; l'uccello solitario che dal cielo planava verso terra...
Però, quell'uccello era grande.
Ma proprio grande.
Man mano che si avvicinava, notai che si stava effettivamente ingrandendo un po' troppo.
E poi... no, non stava planando. Stava scendendo in picchiata, le ali grige solo leggermente aperte.
Erano ali lucenti, grandi e apparentemente pesanti. Ali metalliche.
Quello non era un uccello.

In un lampo, un'immagine mi balenò nella mente: un ragazzino un po' grassoccio, con ali metalliche e occhi totalmente rossi, che planava sul Lago di Albano pronto ad assalirmi.
Un Assoggetato.

Non è possibile... feci in tempo a pensare solo questo, prima che l'Assoggettato si posasse davanti al ragazzo moro, evidentemente in procinto di attaccare. Istintivamente, stesi un braccio e comandai i rami degli alberi perché si avvolgessero attorno alle ali del ragazzo, proprio come avevo fatto a tredici anni.
Ma non successe nulla. Ovvio, mi dissi. Non avevo più tredici anni. Non più uno straccio di potere.
Già avevo difficoltà a battere gli Assoggettati quando un drago mi dormiva nella testa. Non avevo possibilità di batterne uno così, su due piedi, senza armi...

Be', a quanto pare la fortuna esiste. A riscuotermi dai miei pensieri fu uno stridìo, metallo contro metallo. Il ragazzo moro aveva tirato fuori dal nulla una spada, e stava cercando di lottare contro l'Assoggetato con quella, mentre lui attaccava, decisamente mirando a uccidere. Peccato che la spada del corvino trapassasse la carne dell'Assoggettato come fosse fatta di fumo, andando a colpire direttamente il metalo delle ali.

Perfetto, pensai. Non mi feci problemi: scattai, come non facevo da anni, e strappai la spada bronzea dalle mani del ragazzo. In un istante, ne saggiai l'impugnatura; l'arma era più pesante della mia vecchia spada, per quanto ricordavo, ma mi sarebbe andata bene lo stesso.

Piantai bene un piede a terra, e caricai il primo colpo: un laterale, una mossa quasi perfetta di cui non pensavo essere più capace dopo tanto tempo e con un'arma diversa, che andò a colpire perfettamente all'altezza del cuore. Sapevo che non gli avrebbe fatto nulla, ma il mio obbiettivo era un altro: la mossa bastò ad attirare l'attenzione dell'Assoggettato su di me. O meglio, sul punto in cui ero un attimo prima. In un istante, mi ero staccata da terra, il corpo memore dei lunghi voli in forma di Draconiana, ed ero atterrata perfettamente in piedi di fianco al ragazzo dalle ali metalliche. Abbasandomi, schivai un colpo di lama, che saettò a un centimetro dalla mia testa come la lingua di un serpente. Se fossi stata più in alto, anche di poco, mi avrebbe trapassato il cranio. Eppure, non mi lasciai scoraggiare: mi sentivo bene, ad impugnare un'arma, a combattere di nuovo, quasi avessi ancora quindici anni. Certo, il corpo non rispondeva più come una volta, ma esperienza e adrenalina bastavano.

Strinsi la presa sull'elsa e mi gettai di peso contro l'Assoggetato.

Come sospettavo, non si aspettava un attacco così diretto, e barcollò all'indietro; io ne approfittai, sfruttando il momento di distrazione per inflargli la spada nel costato e fare leva verso il centro della schiena. Per fortuna, in effetti, il metallo non poteva essere trapassato dalla lama di bronzo: in pochi istanti, lo strano marchingegno dietro la schiena del ragazzo si staccò con un sonoro CRACK e volò per qualche metro. Ancor prima di toccare terra, il familiare ragnetto metallico si era già arrugginito. Le ali dell'Assoggettato gli caddero dalle spalle, ormai anch'esse color ruggine e rattrappite. Gli occhi del ragazzo stinsero dal rosso al verde foglia, poi si chiusero. L'ormai normale ragazzino - non più di quattordici anni, ora che ci facevo caso - cadde sulle ginocchia, e poi a faccia avanti sul prato, privo di coscienza. Non era pallido, però; non sembrava stare malissimo, probabilmente non era Assoggettato da molto. Il che sigifica che il nemico è qui vicino, mi dissi. Ma quale nemico? Nidhoggr era morto, Ratatoskr era morto, Nida aveva deciso di ricredesi (e comunque era morta anche lei). Per quanto ci ragionassi, non trovavo una soluzione. Avrei voluto poter chiedere al prof un consiglio...

Solo allora la realtà mi colpì come un fiume in piena. Io avevo quarant'anni. Il prof era morto, da tempo, e non poteva aiutarmi; non ero più una Draconiana. Ero riuscita a sconfiggere quell'Assoggettato solo per senso di protezione nei confronti del ragazzo moro, e anche un po' per quell'altra signora sconosciuta...

A proposito, che fine aveva fatto? Mi guardai intorno, ma non c'era. Forse era scappata, ma come biasimarla?
Davanti a me, c'era il ragazzo corvino, che mi guardava totalmente allibito. Mi resi conto che non avevo più in mano la sua arma: gli era tornata in tasca, sotto forma di penna a sfera. Non la vedevo, ma sapevo che doveva essere così: Percy mi aveva parlato diverse volte del funzionamento della spada. Di quello, e di tutte le sue avventure. Ero una delle poche persone a conoscerle, a conoscerlo così bene.

Lui continuava a guardarmi scioccato, e poco a poco presi coscienza della gravità della situazione.
Mi aveva vista combattere.
Mi aveva vista come una guerriera.
E l'Assoggetato non aveva attaccato me, ma lui...
Avrei dovuto spiegargli tutto, tutto il mio passato, senza più menzogne. Come mi aspettavo, la fatidica domanda arrivò presto.

- Mamma... - disse Percy guardandomi. -... che significa tutto questo? -

-Philo_Sophia08

La Nuova Generazione // I più grandi Eroi - libro 1Where stories live. Discover now