Guidare ~ prof Schlafen

26 3 2
                                    

Guardai la spada che pendeva al fianco della ragazza. Mi ero allenato molto con la spada, dopo la mia morte. Nonostante avessi i muscoli rigidi e una corporatura sottile, pensavo di essere riuscito a diventare abbastanza bravo. Non è che ci sia molto da fare, dopo essere morti. Soprattutto considerando che io non sono l'anima del vero me, ma solo dei miei ricordi. Non sapevo che i ricordi potessero avere una coscienza, o addirittura acquisire un corpo. Sembrava contro ogni logica. Come tutta la tua vita, mi dicevo.

Logica o non logica, ero abbastanza sicuro di essere ancora cosciente, seppur non più realmente vivo sulla Terra. Per quasi un anno, avevo osservato il mio alter ego vivere al posto mio: potevo vedere le cose con i suoi occhi, ma non influenzare le sue scelte. Io ero solo una parte della sua coscienza, una parte che doveva rimanere nascosta, che non sarebbe dovuta più esistere. Spesso mi chiedevo se anche il resto dell'umanità avesse in se questa parte, celata agli occhi degli altri, che conservava i ricordi della Catastrofe, ma ne dubitavo. Io ero sempre stato speciale, purtroppo. Mi ero quindi limitato a smetterla di lottare e a lasciare che quel me senza ricordi si prendesse la mia vita. Forse era giusto così, forse semplicemente quei ricordi, la versione 1.0 della mia anima, erano destinati a rimanere celati per l'eternità.

Poi, c'era stato l'incidente. Nonostante mi dicessi da decenni che non era successo a me, che non poteva essere successo proprio a questo me, lo ricordavo come se mi fosse successo giusto il giorno prima.

Eppure erano passati più di vent'anni, ne ero certo.

- Quanto manca? -
Guardai il ragazzo seduto dietro, così impaziente e testardo, attraverso lo specchietto. Teneva la mano a Sofia, la mia "piccola" Sofia ormai sedicenne, che osservava il paesaggio fuori dal finestrino, persa nei suoi pensieri. Nelle sue fantasie. Nonostante la conoscessi da molto, non potevo farmi a meno di chiedermi ogni volta dove la sua mente se ne andasse in momenti come quello. La mente di un sognatore può compiere straordinarie acrobazie e viaggi interminabili, lo sapevo bene.

Non potevo che farmi prendere da una piccola fitta di gelosia ogni volta che vedevo le dita dei due ragazzi intrecciarsi, ogni volta che li sentivo ridere assieme, così spensierati, ogni volta che li beccavo a baciarsi, più o meno appassionatamente. La parte di me che comandava conosceva quell'insolente ragazzino da solo un anno, e non capiva come mai fosse portato a tenere tanto a lui. Io lo sapevo, oh, se lo sapevo, ma ciò non serviva. Non avevo più il comando delle mie azioni.

Io sarei stato molto più paziente, io non mi sarei trovato in quella macchina in quel momento. Io sarei stato a casa, a rimuginare su ciò che era successo, a cercare di calmare Sofia. Non sarei corso all'aeroporto così di fretta, non avrei seguito i miei istinti, nonostante la rabbia. Anche se, credo, se al posto del me senza ricordi ci fossi stato io il dolore sarebbe stato meno sopportabile.

Il me senza memoria aveva dato a Lidja meno di un anno d'affetto, e nemmeno molto forte. Era la migliore amica di sua figlia, basta. Per me, invece, Lidja era una vera e propria figlia da quasi tre anni. Sapere che era scappata mi aveva spezzato in due un cuore che nemmeno sentivo più mio.

Avevamo trovato un biglietto quella mattina, in camera della ragazza. C'erano scritte giusto due parole, in cui lei ed Ewan ci comunicavano la decisione di andarsene in America. Così, senza un apparente motivo. Lidja era una ribelle, e lo era anche il suo ragazzo, ma non avrei potuto mai immaginare fino a che punto.

Nel biglietto, Ewan affermava di voler scappare dalla madre, troppo apprensiva, e di voler andare alla ricerca del padre. Lidja diceva di volersi fare una nuova vita, diceva di essere stufa di stare chiusa alla Villa per tutto l'anno, con così pochi amici. Sapeva che Sofia, Fabio, Karl e Chloe erano amici speciali che non avrebbe mai dimenticato, ma anche che le avrebbero sempre ricordato un periodo "anormale" della sua vita, e che lei per una volta voleva sentirsi una ragazza "normale". "Non la ragazza a cui sono morti i genitori, e la nonna. Non la ragazza cresciuta in un circo, mai andata a scuola. Non la ragazza con l'identità scritta sulla fronte. Solo una semplice sedicenne." Così si era congedata.

La Nuova Generazione // I più grandi Eroi - libro 1Where stories live. Discover now