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Al mattino, scopre che il suo corpo è ancora in grado di soffrire per una sbornia.

Apre gli occhi e si ritrova in mezzo alle lenzuola, sparse, ovunque, e c'è troppa luce, e addosso non ha nulla. La testa scoppia. Si solleva a fatica, per guardare l'ora, e sul comodino c'è... qualcosa. Un biglietto.

Oh, è vero. Layla.

Si sdraia di nuovo, fissa il soffitto senza vederlo. Oh. Certo. Layla.

Afferra il biglietto, lo legge. Dice: Grazie, una splendida sera. Non parliamone, ok? E poi un cuoricino.

Oh. Va bene. Cioè, meglio così. Certo. Sarà meglio fare una doccia.

Il ritmo delle lezioni è troppo lento. Prova ad ascoltare, rischia di addormentarsi, si alza ed esce. Vaga per la biblioteca, alza il viso verso quegli scaffali immensi pieni di parole. Perde tempo; va in giro osservando gli altri, chiedendosi cosa pensino. Una giornata come tutte le altre, come quelle che lo attendono. Ma è lì che dovrebbe essere, è lì che vorrebbe esistere?


Infine, torna da Nahida. Con lei può chiudere gli occhi e lasciare che il sonno gli tolga di dosso ogni dubbio. Riposa, senza che ci siano domande, e poi insieme passeggiano, fuori città, fra l'erba che profuma di vento e di nulla.

"Penso di aver bevuto troppo, ieri" le sussurra.

"Lo so."

"In che senso, lo sai?"

"Cyno me lo ha detto."

"Mh... che spione. Però non mi hai rimproverato. Non dovresti?"

"Vorresti che io lo facessi?"

Bella domanda. Sospira; si sente un po' ridicolo, perché ovviamente non potrebbe chiederle di fare anche quello, di trattarlo sul serio come se fosse un bambino. E non sarebbe piacevole. Sa di essere libero; vorrebbe solo... esserlo un po' meno. Cioè, magari non del tutto. Magari, vorrebbe che qualcuno si preoccupasse per lui e quindi gli urlasse contro. Funziona così, giusto?

"Non ne ho idea. A volte... non mi capisco."

"Ma questo è normale. Anch'io ogni tanto non riesco a capirmi. Succede a chiunque."

"Mh..."

Non sa cosa sia normale, in effetti. Deve impararlo man mano, stando con gli altri. Prima era tutto diverso; nessuno faceva caso a lui. E quando invece, ancora prima, si sentiva amato... era tutto semplice, il mondo stesso era differente. Ormai ha in testa solo caos.

"Perché fai questo per me, Nahida?"

"Perché ti voglio bene, e lo meriti."

"Ma perché? Perché lo merito?"

"Perché esisti."

"Questo è stupido."

"No, non lo è."

"Invece sì."

"Invece no."

Lui sbuffa e mette il broncio. Riflette, si dondola per un po' come per gioco. "Ieri sera ho... sono... cioè..."

"So anche questo."

Si volta a guardarla, arrossendo. "Eh? E come?"

Una piccola risata. "So tutto, e basta. Scusa, non volevo impicciarmi, ero solo preoccupata. Però ci stai pensando molto."

"Non... non dovresti leggermi di nascosto, non è giusto."

"Hai ragione, non lo farò più. Scusami."

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