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Buio.

La sua bocca ha uno strano sapore. Il suo corpo ha ancora consistenza, nonostante il sonno fosse giunto a consolarlo, a renderlo evanescente.

Ma esiste ancora.

Come si chiama, oggi? Qual è l'ultimo nome?


"Buongiorno!"


Apre gli occhi. Tutto è verde.

Ah, giusto, è la sua camera. Il soffitto è verde perché si trova a Sumeru, e lì, per qualche ragione, sembra che tutto debba essere verde.

A lui non piace, quel colore.

Anche se persino Nahida è verde.

E lei non gli dispiace.

"Sei sveglio? Farai tardi."

Il ragazzo senza un nome si solleva dal letto e rimane seduto, con davanti la sua divinità che lo scruta severa.

"Le lezioni inizieranno fra poco, dovresti fare in fretta. Ti ho preparato i vestiti."

Sulla spalliera di una sedia, che lui in effetti non ricordava, ci sono i suoi abiti. Si guarda: ha addosso un pigiama normale, e sì, ora ricorda. Nahida gli ha dato anche quello, come la stanza, e i quaderni, e una penna. Come in una favola che qualcuno, un giorno, gli aveva raccontato, una volta. Chissà quando. Chissà quanti anni fa.

Si alza.

"Iniziano alle otto. Hai venti minuti."

Afferra i vestiti, il cappello, le scarpe. A piedi nudi, senza altre parole, cammina fuori, verso i bagni comuni per gli studenti.

Nahida sgambetta alle sue spalle per raggiungerlo. "Aspetta, dovresti chiudere la porta!"

Gli porge le chiavi, lui si volta e le accetta. Mentre Nahida lo scruta curiosa, lui persino sbadiglia.

"C'è un posto in cui fanno del caffè, qui intorno?" le chiede.

E lei chiude gli occhi in un sorriso, perché quello è il primo giorno e lui, a parte tutto, è già uno studente come gli altri.

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