24 - Momento da incubo.

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NATHAN

Entrai nel locale cui ci eravamo dati appuntamento e allungai il collo in cerca della chioma biondiccia di Seth Grier.
Mi misi di lato quando un cameriere stava per venirmi addosso e superai due ragazzini che avevano deciso di iniziare una conversazione proprio all'entrata.
Passai accanto ai tavolini di legno posizionati di lato e mi diressi nel punto bar.
Dato che avevo chiesto un permesso, mi pareva brutto andare a passare una serata di chiacchiere proprio nel mio locale, così ci eravamo accordati per venire in questo.
Era sicuramente meno affollato e più intimo del Nightmares.
Non intercettando Seth, decisi di trovare posto intanto. Quando raggiunsi il bar salutai cordialmente il barista e mi sedetti sugli sgabelli in cedro. Era un posto rustico e mi dava l'impressione di fornire tanti tipi di birra, ma di essere meno pratico in merito ai drink, per questo gliene ordinai una e appoggiai sul tavolo il telefono e portafogli.
Alzai il mento e restai a contemplare le luminarie sopra la mia testa,  mi ricordavano tante lucciole incatenate a fili elettrici.
Nel momento esatto in cui mi arrivò la birra sotto al naso, qualcuno mi si sedette accanto. Con la coda dell'occhio osservai la figura mascolina e non ebbi dubbi su chi si trattava. «Ne prendi una anche tu?» inarcai un sopracciglio.
«Alla birra non dico mai no» appoggiò i gomiti sul bancone e richiamò l'attenzione del barista con un cenno di mano, dopo di che ordinò. «Scusa il ritardo, ho avuto un problemino.»
«Grave?» strinsi la bottiglia di vetro fra le dita e lo guardai preoccupato.
Si massaggiò la tempia e trasse un profondo respiro. «Solite cose» non si disturbò ad aggiungere altro, quindi decisi di cambiare argomento. «Mi ha fatto specie la tua chiamata. Credevo di averti spaventato con la mia angoscia.»
Accennò un sorriso e afferrò la birra che gli porgeva il barista. Prese un sorso prima di rispondermi. «Infatti non ti ho più cercato finché non ho saputo che ti sei rimesso insieme con Ruth.»
«Gentile.»
«Non prenderla sul personale, è che quando esco ho voglia di rilassarmi e non pensare ai problemi. Tu eri un problema ambulante e non avevo alcuna voglia di correrti dietro.»
«Qualcuno ti ha mai spiegato come funziona l'amicizia?» risi, lui scrollò le spalle. «Ad ogni modo sono felice che abbiate risolto le divergenze.»
Lo guardai e mi si formò un ghigno quando ripensai alla conversazione con Eliza, attimi prima. «Sicuro ti vada bene andare dalle ragazze, dopo?»
«Sì, perché no. Incrocio le dita e spero di non litigare con Eliza, oggi proprio, non ho la pazienza di sopportare le sue strane allusioni.»
Mi passai una mano sul viso e, quando la feci ricadere, bevvi un sorso. «Non sarebbe Eliza se non lo facesse. Ha il brutto vizio di mettersi in mezzo e dire la sua a sproposito.»
«Vero, purtroppo però la maggior parte delle volte ci prende e alla fine ha ragione su tutta la linea, il che è stressante e deprimente.»
Soffocai una risata. «A chi lo dici.» Se non fosse stato per lei, quel giorno non avrei mai saputo che Ruth aveva fatto le valigie e stava per andarsene. Aveva una lingua tagliente e un carattere risoluto, per questo era un bene averla dalla nostra parte.
«Una volta entrata, ha il dono di non uscirti più dalla testa» sbuffò.
«Ѐ una qualche tipo di allusione, Grier?» lo fissai da sotto le ciglia.
«Puoi forse contraddirmi?» puntò gli occhi grigi sui miei e mi usciiì una risata sommessa. «No, cazzo, è come se ti facesse il lavaggio del cervello ogni volta che apre bocca!»
Giocherellò con la bottiglia. «Te l'ho detto!»
Avevo ancora il sorriso fra le labbra quando bevvi.
Grier si stiracchiò i muscoli della schiena e sospirò. «Stavo pensando a una cosa...»
«Cosa?»
Inclinò di lato la testa e mi sbirciò di sbieco. «Dovresti venire con me in palestra una di queste volte.»
Strabuzzai gli occhi: per Seth Grier quello era forse un modo per farti capire che gli piacevi?
Nel dubbio acconsentii. «Potrei prendere in considerazione questa idea. A una condizione» affermai, il ginocchio prese ad agitarsi e portai una mano sulla coscia.
«Quale sarebbe?»
«Mi offri una birra la prossima volta.»
«Ci sto.»
«Magnifico!»
«Credo di aver visto anche il tuo amico in palestra. Quello del pub.»
«Chi, Roe?»
«Non ricordo il nome, ma c'era anche al tuo compleanno.»
«Sì, Wallace. Ogni tanto mi alleno con lui, ma sarebbe bello venire più spesso: adoro dargli fastidio.»
«Sarà felice lui di averti tra i piedi» mi schernì.
Lo guardai e alzai un angolo della bocca, in un ghigno divertito. «Sai chi sarà più felice?»
Negò con il capo corrucciandosi.
«Ruth» allargai il sorriso e non potei fare a meno di ripensare alla giornata passata con lei. Avevo solo una irrefrenabile voglia di tornare a casa, prenderla e portarla a letto.
«Immagino di sì.»
Inclinai la testa leggermente. «Tu, Grier, hai delle donzelle che ti girano intorno?»
Si grattò la mascella con il pollice e scosse la testa. «No, direi di no.»
«Certo che il tuo temperamento non aiuta affatto.»
«Non m'importa, meglio se resto solo, ho già pensieri per la testa e non ho proprio voglia di aggiungerci una donna nella mia vita.»
Rimasi in silenzio un istante incapace di articolare una frase giusta per quella dichiarazione. Se gli avessi chiesto di parlarne, sicuramente avrebbe chiuso il discorso e sarebbe scappato con qualche scusa. Decisi di finire la birra, di rispondere alle sue affermazioni e di continuare a parlare del più e del meno. Magari con il tempo sarei riuscito a estrapolargli qualche informazione più dettagliata dei suoi soliti monosillabi.
Quando finì anche lui la birra pagammo e decidemmo di andare dalle ragazze, in modo da passare una serata tranquilla senza rischiare di fare troppo tardi.
Dato che eravamo arrivati in macchine separate, ci incontrammo direttamente là.
Parcheggiai, scesi e mi appoggiai con il fianco attendendo che facesse lo stesso.
Quando uscì dall'abitacolo mi venne incontro, così mi spostai. «Pronto a subirti le lamentele di Eliza?» chiesi mentre mi accingevo alla porta.
Salimmo le scale del condominio e risi quando Grier ruggì scettico e mise le mani in tasca.
Mi fermai solo quando mi scontrai con la porta di Ruth e Eliza.
«Aspetta la chiamo per avvisarla che sono qui, altrimenti le viene un colpo» spiegai componendo il numero.
Attesi che rispondesse, ma si azionò la segreteria telefonica quasi subito, e non riuscii a sentire gli squilli da oltre la porta.
«Non risponde» mi accigliai.
«Magari ha il telefono in un'altra stanza, prova a suonare.»
Annuii e feci come suggerito. «Ruth, sono Nathan, sono io!»
Nessuna risposta.
«Magari sono uscite.»
«Impossibile, Ruth è uscita oggi per la prima volta, solo perché c'ero io.» Fissai la porta e cominciai a bussare insistentemente. «Ruth?» urlai. Feci un passo indietro e cominciai a preoccuparmi seriamente. «Seth, qualcosa non va, me lo sento.»
Tolse le mani dalla tasca e si incupì.
Presi le chiavi di riserva e gliele mostrai. «Io apro, tu stai attento.»
«Dovremmo chiamare la polizia, Cross.»
Lo guardai e scossi la testa. «Se lì dentro c'è chi penso io, non aspetto la fottuta polizia!»
Inserii la chiave nella serratura, Grier portò il telefono all'orecchio impegnato a contattare la polizia e, quando girai la chiave, sentimmo un rumore grave, come di padelle cadute, che ci fece sussultare. Non ebbi il tempo di girare la chiave che si sentì uno sparo provenire proprio da quella stanza.
«Aiuto!» era una voce graffiata e tremolante che riconobbi come quella di Eliza.
Grier mi guardò con gli occhi spalancati e leggermente pallido in viso. «Apri, apri questa cazzo di porta, subito!» non aspettai che lo ripetesse due volte che avevo già spalancato la porta.
 

Mostrami il mondo (#1 Nightmares Series)Where stories live. Discover now