CAPITOLO 40

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VICTORIA

Con il pullman, Conway distava da New York all'incirca cinque, o sei, ore di viaggio. Con la testa poggiata ancora sul finestrino, mi risvegliai dal sonno accorgendomi di essere arrivata a Carroll, una contea dello Stato del New Hampshire. Più precisamente mi trovavo a North Conway.

Dopo tutte queste ore di viaggio mi sentivo così disorientata, che quasi feci fatica a scendere dagli scalini del pullman. Mi avvicinai al portellone, collocato al lato dell'autoveicolo, e presi il bagaglio per poi poggiarlo a terra e sollevare il manico.

Un po' spaesata, mi guardai intorno e iniziai a camminare. Attraversai la strada e mi sistemai accanto al marciapiede, nella speranza che qualche taxi mi notasse. Estrassi dalla tasca il foglietto con su scritto la via del posto in cui avrei alloggiato. Quel luogo in cui sarei potuta rimanere sola a pensare e a schiarirmi le idee una volta per tutte.

Un uomo di mezz'età scese dal suo taxi. «Salve, signorina» mi salutò. Mi aiutò con la valigia e mi permise di entrare in auto. «Dove la devo portare?» chiese, inserendo la freccia verso sinistra per potersi immettere nuovamente sulla strada.

Gli porsi il biglietto, evitando di sbagliare la via.

«Qui, per favore.»

Non ci mettemmo molto ad arrivare, forse circa dieci minuti. Osservai incantata la bellezza della baita che mi si mostrò proprio davanti agli occhi. Era in legno e rustica: immersa nella natura - e per fortuna mi ero decisa di portare una numerosa scorta di antistaminici - mi trasmise un senso di quiete e pace assurda. Ringraziai e pagai il tassista.

Mi avvicinai ai gradini e potei udire il legno scricchiolare ad ogni mio passo. La porta d'ingresso era anticipata da un terrazzo esterno composto da un tavolino e quattro sedie sistemate in ogni lato.

Ero già pronta a godermi tutto questo.

Infilai le chiavi nella serratura e feci due giri all'interno. Cercai l'interruttore della luce e lo premetti, rimanendo davvero sorpresa da quanto fosse bella questa casa. Passai le suole delle scarpe sullo zerbino ed entrai, richiudendomi la porta alle spalle.

Sebbene facesse davvero freddo, il clima caloroso si sentiva. Feci un rapido giro tra varie stanze per poi ritornare in soggiorno. Guardai un camino in marmo e un divano bordò posizionato proprio di fronte a esso. Toccai con le dita i braccioli e mi sedetti, testando quando fosse morbido. Appoggiai la schiena indietro e mi lasciai beare dalla sua comodità per alcuni istanti.

Eloise: Sei arrivata?

Leggendo il messaggio da parte della mia migliore amica, decisi di chiamarla. Dopo solo un paio di squilli, rispose. «Sono appena arrivata» mi alzai continuando a guardarmi intorno estasiata.

«Ti piace?» mi chiese, riferendosi alla baita.

«È tutto perfetto» dissi, mentre tornavo sul terrazzo a godermi lo spettacolo del paesaggio naturale «Veramente, non so come ringraziarti per avermi permesso di venire qui. Tu sono debitrice, Eloise.»

«Ma quale debitrice, scema» mi rimproverò, ridendo «Smettila di ringraziarmi. Hai bisogno di tranquillità e, fidati di me, quel posto è il più adatto. E poi quella baita non la usiamo da tanto tempo, quindi sono contenta che ci sia tu a dargli un po' di vita.»

«Già, ne ho proprio bisogno» sospirai, ripensando per un momento a tutto quello che era successo e cosa mi aveva spinto a scappare da New York. Non sapevo ancora con certezza quanti giorni sarei voluta rimanere a Conway. «Vado a sistemare alcune cose. Ah, Eloise. Credo che terrò il telefono spento alcuni giorni, quindi non preoccuparti se non ricevi mie notizie» mi fermai un secondo «E per favore non dire a nessuno dove sono, specialmente a Richard.»

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now