CAPITOLO 9

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VICTORIA

Al mio rientro a casa, la versione di Richard fu confermata da mia madre che aveva persino provato a convincermi a rimanere con lei e mio padre in soggiorno. Avrei atteso gli ospiti da sola e in giardino.

Mi sedetti su quella panchina ricca di ricordi e in cui avevo passato la maggior parte della mia infanzia. Mi lasciai rilassare dal dolce rumore delle foglie che si muovevano grazie alla leggera brezza di settembre.

Mancava veramente pochissimo all'arrivo di ottobre ma ciò che desideravo tantissimo era il periodo invernale. Quando nevicava a New York, la città riusciva a trasformarsi in uno spettacolo mozzafiato. Central Park innevata era stupenda e già non vedevo l'ora di passare tutte le mie domenica a passeggiare tra i vari sentieri del parco.

Presi il telefono, che era poggiato sul grembo, e provai a richiamare il mio fidanzato ancora una volta. Uno squillo, due, tre, quattro e niente. Ancora nessuna risposta.

«Questo è uno scherzo di pessimo gusto» sussurrai, richiudendo il cellulare.

«Anche a me non sono mai piaciuti gli scherzi» la voce di Richard, attirò la mia attenzione. Si sedette al mio fianco, mantenendo un po' di distanza tra me e lui. «Chi ti sta facendo arrabbiare? Il tuo fidanzatino?» ironizzò non sapendo che, in effetti, avevo colto in pieno la persona in questione.

«Non sapevo praticassi la legilimanzia» feci riferimento ad un incantesimo dei film di Harry Potter. Sapevo che anche lui avesse guardato la saga, visto che quando eravamo piccoli i nostri genitori ci avevano permesso di andare al cinema per vedere l'ultimo film.

Sorrise.

«Quindi ho azzeccato colui che ha dato esistenza alla tua incontrollabile ira» incrociò le braccia al petto, portando la schiena all'indietro per mettersi comodo.

«Vorrei tanto sapere perché ti interessa saperlo.»

«Perché solo io posso farti arrabbiare» affermò, ridendo «Anche se si tratta del tuo fidanzato, non mi va che qualcuno mi rubi quest'onore. Ho lavorato tanto per raggiungere il podio delle persone che più ti fanno incazzare.»

«Su questo puoi stare più che tranquillo. Nessuno sarà capace di rubarti il primo posto, Mr. Arrogante.»

«Mr. Arrogante?»

«Non penserai di essere l'unico che può affibbiare soprannomi alle persone?» dissi, ricordandogli come avesse deciso di chiamarmi «Tu mi chiami Fiamma ed io Mr. Arrogante. Credo che adesso siamo pari.»

«Devo ammettere che non mi dispiace» stese il braccio lungo lo schienale della panchina, impossessandosi quasi di tutto il mio spazio.

«Tanto l'avrei usato anche se non ti fosse piaciuto» mi trattenni dal ridere.

La signora Vanessa ci chiamò dalla porta sul retro, sollecitandoci di tornare dentro per cenare. Richard si alzò per primo e tendendomi la mano, mi aiutò facendomi ritrovare a pochi centimetri da lui.

Non interrompemmo nell'immediato quel contatto. Rimasi a guardarlo per alcuni secondi fino a quando non risentimmo la voce della signora Vanessa chiamarci.

Sfilai la mano dalla sua presa e mi incamminai, seguita da lui e dal suo sguardo che percepivo premere contro la mia schiena. Sentivo un formicolio scorrere lungo la colonna vertebrale ma non riuscivo a capire il perché stessi provando questa strana sensazione.

Entrata in cucina, mi proposi di aiutare la nostra governante con la cena. «Non è necessario, mia cara. Vai dagli altri, ci penso io.»

«Niente da fare, insisto» presi i piatti dal tavolo e mi diressi nella sala pranzo, dove ad attendermi c'erano i miei genitori e quelli di Richard. Quest'ultimo mi sorpassò, sedendosi in uno dei due posti rimasti liberi.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now