CAPITOLO 39

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VICTORIA

«Sei perfettamente consapevole di essere l'unica persona con cui voglio davvero stare, Victoria» non riuscivo più a cacciarmi dalla testa quella frase. Ero scappata via da lui nonostante ciò che mi aveva confessato. Perché mi sentivo così spaventata? L'ansia aveva preso il sopravvento su di me e mi stava facendo credere che le parole di Richard fossero tutte una cazzata.

Gli avevo privato di una risposta quando, invece, avrei voluto dirgli che mi ero innamorata di lui. Il giorno prima ero pronta a confessargli tutto quello che provavo, ora mi ero lasciata fuggire un'occasione più che perfetta.

Stupida, Victoria.

Gli sguardi preoccupati di Robert e Ben attirarono la mia attenzione. «Sei impallidita, Victoria» Robert mi resse, impaurito che potessi crollare da un momento all'altro. Chiesi a tutti e due di andare vie e acconsentirono, seguendomi verso l'uscita. Prima di lasciare la mostra, notai con la coda dell'occhio Aaron. Gli feci un rapido cenno che ricambiò nell'immediato.

Solo quando l'aria fredda si impregnò sul mio viso, riuscii finalmente a respirare di nuovo. Mi strinsi nel mio soprabito e mi poggiai contro l'auto. Robert e Ben non mi chiesero niente, rispettarono il mio silenzio fino a quando non decisi di parlare. «Richard mi ha detto una cosa e...sono scappata» nascosi il viso tra le mani «Che imbarazzo, sono un disastro.»

«Non sei un disastro, Victoria» Robert mi abbracciò, consolandomi «Questo non era il vostro momento ma arriverà e riuscirete a dirvi quello che provate l'uno per l'altra.»

«Grazie per avermi seguita in questa follia» risi «Meritate una ricompensa. Che ne dite di andare a mangiare qualcosa? Offro io.»

Ben si mise sull'attenti, sorridendo. «Accetto volentieri. James Bond ha bisogno di riposto. È stata una missione davvero stancante, ormai ho una certa età» scherzo.

Robert ridacchiò. «Ho sempre pensato che fossi vecchio dentro ma ti ricordo che ha ancora ventisette anni. Se ti lamenti così già da ora, non oso immaginare quello che farai tra qualche anno.»

«Mi dispiace per te che dovrai sopportarmi per il resto della tua vita» gli mandò un bacio volante «Sarò il tuo peggior incubo, amore.»

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Erano passati alcuni giorni dalla mostra. A parte l'immensa sfuriata da parte di Eloise per quello che avevo fatto, ero riuscita a evitare Catherine e specialmente Richard. Non ci eravamo cercati, chiamati o mandati alcun messaggio ma lui continuava a rimanere il solo e unico pensiero fisso nella mia mente.

Ripensai a come mi sentivo dopo aver riportato Ben e Robert in hotel. Il ritorno a casa fu più che disastroso. Dovetti perfino fermarmi in una piazzola di sosta a combattere contro tutte le mie paure e fragilità. Non riuscivo a guidare con gli occhi colmi di lacrime e il cuore che non smetteva di rimbombare assiduamente nel petto.

Stamattina, prima che potessi dirigermi nel mio ufficio, scorsi i miei genitori parlare insieme ai signori Cooper. Nonostante lavorassimo nella stessa azienda, l'edificio era davvero molto grande, quindi le possibilità di incontrali si riducevano al minimo.

Chissà se sarei mai riuscita a perdonarli. Delle volte pensavo di , altre volte no. Probabilmente, a prescindere dal perdono o no, sarei rimasta pur sempre fredda e distaccata nei loro confronti. Era difficile perdonare, ma lo era ancora di più dimenticare.

Non appena mi sedetti, udii il mio telefono suonare. Guardai il mittente di quel messaggio constatando provenisse da un numero privato. Aggrondai le sopracciglia e iniziai a leggere il contenuto abbastanza strano.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now