CAPITOLO 17

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VICTORIA

Ero appena caduta nel vuoto.

Fissavo il soffitto, tenendo entrambe le mani giunte sulla pancia. Per la prima volta in tutta la mia vita, stavo avendo paura. Ero terrorizzata di quello che avrei dovuto continuare ad affrontare completamente sola.

Perché sì, sarei stata sola.

Non avrei trascinato nessuno insieme a me.

Dopo ore intere rimasta stesa sul materasso, decisi di alzarmi e andare al bagno per sciacquarmi il viso. Fremetti appena vidi la mia immagine riflessa nello specchio e il livido violaceo risaltare sulla mia carnagione.

Mi sfiorai la guancia con i polpastrelli e strinsi gli occhi dal dolore.

Non riuscivo più a guardarmi con quello sfregio. Presi un po' di fondotinta e iniziai a tamponare la spugnetta sulla pelle, con tutta l'intenzione di nascondere il più possibile la contusione.

Faceva malissimo ma almeno non avrei dovuto più vedere quella ferita.

Mentre finivo di fissare il tutto con la cipria, sentii la suoneria del mio telefono suonare. Tornai nella mia camera e lessi il nome di mia madre sullo schermo.

Premetti il tasto del volume, spegnendo la suoneria e ripoggiando il cellulare, con lo schermo rivolto verso il basso, sopra il comodino. Da quando avevo lasciato il loro ufficio non facevano altro che chiamarmi, persino mio padre.

Lo stesso uomo che aveva causato tutto il mio male.

Non ebbi nemmeno il tempo di ritornare in bagno che risentii lo squillo. Ero intenzionata a spegnerlo ma, leggendo un nome differente, questa volta decisi di rispondere alla chiamata.

«Ciao, Terence.»

«Victoria, come stai?» fui certa che stesse sorridendo, sebbene non potessi vederlo.

«Meglio» cercai di essere convincente, sperando di non dargli alcuna preoccupazione.

«Ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa? Tipo al McDonald's, è da tanto che non andiamo» mi domandò, schiarendosi la gola «Io, te e Richard, proprio come quando eravamo piccoli» pronunciò l'ultimo nome con un tono di voce più basso come se avesse paura che declinassi subito il suo invito.

«Sbaglio o, l'ultima volta che siamo usciti tutti e tre, hai detto che non saresti più uscito con me e lui perché non smettevamo mai di litigare?»

«Be' ma adesso siete due adulti, grandi e maturi» rise «Sono sicuro che farete i bravi.»

«Non sottovalutarci, Terence» scherzai, mentre pensavo se andare con loro oppure no.

«Quindi, vieni?» domandò nuovamente, sperando di sentire un sì da parte mia.

Pensai alcuni secondi. «Ci sarò.»

I fratelli Cooper vennero sotto casa mia. Prima di uscire dal mio appartamento, controllai che il livido fosse ben coperto dal trucco.

Chiusi il portone alle spalle e li vidi entrambi. Terence distava un po' da suo fratello, tenendosi il telefono sull'orecchio mentre Richard rimaneva poggiato con la schiena contro la sua auto, intento a fumare una sigaretta.

Mi avvicinai a quest'ultimo, osservando la sua espressione rilassata. Fece un tiro e buttò la cicca sull'asfalto, fissando i miei occhi con uno sguardo allietato.

Mi salutò. «Terence deve averti pagato tanto» dissi, trattenendo una risata «Altrimenti non saresti mai venuto insieme a noi.»

Sollevò l'angolo della bocca e si avvicinò, abbassandosi leggermente fino alla mia altezza. Scrutò il mio viso ed ebbi quasi timore che potesse vedere il livido sulla mia guancia.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now