CAPITOLO 31

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VICTORIA

Natale era ormai alle porte. Tutti erano partiti tranne me e i miei genitori. Pesino Richard aveva deciso di liquidare il viaggio con la sua famiglia e di partire chissà dove insieme al suo migliore amico. Meglio così, in questo modo non ci saremmo visti per tutto il periodo natalizio.

Mi affacciai dal balcone di casa e sollevai gli occhi verso il cielo. Faceva davvero freddo ma la neve non sembrava per niente intenzionata a voler imbiancare tutta la città.

Un natale senza neve, non era un vero natale.

Dopo aver sistemato casa, nel pomeriggio inoltrato decisi di fare una passeggiata per le tante vie di New York. La città era ornata di decorazioni natalizie e colori accessi e luminosi. Era tutto così estremamente bello.

Strinsi la sciarpa intorno al collo, nascondendoci metà viso. Passando di fronte a un locale sentii l'odore di cioccolata calda invadermi le narici. In quel momento, il mio stomaco si aprì immediatamente facendomi venire voglia di comprarla.

«Una cioccolata calda, grazie» ordinai.

«È un ottima scelta» mi sorrise il lavorante «Con questo freddo è proprio quello che ci vuole» prese un bicchiere, avvicinandolo al macchinario della bevanda dolce. Me la porse, mi diede il resto e lasciai il bar ritornando a passeggiare.

Il Rockeffeler Center si affacciava sulla Fifth Avenue a pochi passi da Central Park. Era proprio qui che ogni anno veniva realizzato il famoso e caratteristico albero di natale della nostra città. Un vasto albero ricco di colori e luci che dava inizio a quello spirito natalizio di New York. Alla vista di tutti, era un vero spettacolo.

Mossi la sciarpa oltre le spalle e, con il telefono stretto in una mano, iniziai a fotografarlo in diverse angolazioni.

Richard: Penso che tu abbia scattato parecchie foto. Smettila di fotografare ancora quell'albero e voltati.

Ma che cazzo.

Rimasi immobilizzata con il telefono sollevato alla stessa altezza della mia faccia. Desideravo fosse uno scherzo ma il dettaglio dell'albero sfasciò ogni mia speranza. Cercai i suoi occhi come una calamita e lo trovai lì, in mezzo alla folla, che mi guardava abbondante divertito.

Dapprima poggiato su un muretto, si spinse in avanti con tutto il corpo per raggiungermi. In tutta la sua bellezza, non staccò gli occhi da me nemmeno un secondo. Stavo provando miliardi di emozioni contrastanti. O forse, stavo per svenire e a breve sarei crollata a terra come una stupida davanti a tutti.

Mi mancava solo questo nella vita, svenire.

Ero certa che fosse partito con Peter, quindi cosa ci faceva ancora qui?

Tutti e due ci venimmo incontro. Tremavo tantissimo, come non mai, ma vederlo lì mi aveva sorpreso molto. Dovevo smetterla di nutrire ogni volta tutta questa convinzione nelle cose. Alla fine, rimanevo sempre fregata.

Non gli permisi nemmeno di salutarmi. Parlai subito, avvertendo quella domanda - più che plausibile - sulla punta della lingua. «Perché sei a New York?»

Sollevò l'angolo della bocca in una risatina. Infilò entrambe le mani nelle tasche e si dondolò sui talloni, scostando lo sguardo da me per qualche secondo. «Ci vivo, sai» proferì, prendendosi palesemente gioco di me.

«Sai che non intendevo questo» sbuffai, ruotando gli occhi verso il cielo «Non dovresti essere in vacanza con Peter in qualche posto sperduto nel mondo?»

Ancora non riuscivo a credere che fosse qui, proprio davanti a me. Per capire se fosse un'immaginazione oppure no, allungai la mano verso il suo braccio e lo pizzicai. Borbottò qualcosa sottovoce e si massaggiò con il palmo l'esatto punto in cui lo avevo toccato. No, peccato. Purtroppo era Richard Cooper in carne e ossa.

Anima di GhiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora