CAPITOLO 29

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VICTORIA.

Sotto la coperta calda, riscaldavo il mio corpo dal freddo invernale. Mi trovavo in soggiorno, seduta sul divano in totale tranquillità, a guardare qualcosa alla televisione. I miei occhi ricaddero verso la finestra, notando che avesse incominciato a piovere.

Pioveva ma ancora non nevicava.

Ancora non ero riuscita a realizzare che avrei passato le vacanze di natale completamente da sola. Solitamente il periodo natalizio era sempre stato il mio preferito ma questa volta non riuscivo a sentire quella stessa magia. Sarebbe stato tutto diverso.

Prima di poter decidere il film da guardare, qualcuno bussò al citofono di casa. Borbottai sottovoce e mi alzai, pentendomi di averlo fatto. Avrei dovuto fingere di non esserci. «Sono io» disse mia madre «E sono da sola.»

Il fatto che abbia specificato di essere senza mio padre, cambiava qualcosa? Forse sì perché, senza neppure pensarci attentamente, le permisi di salire e raggiungermi dentro casa.

Non ricambiai il suo saluto ma mi limitai a mettermi di lato e farla passare. Era la prima volta che veniva qui. Si guardò intorno con un tenue sorriso mentre si complimentava su quanto fosse bello il mio appartamento.

«Mamma, cosa sei venuta a fare?» mi strinsi nelle mie stesse braccia come per proteggermi da lei. Non tenevo una conversazione con mia madre da troppo tempo e probabilmente non ero nemmeno ancora pronta a volerla affrontare.

«Mi manchi tanto, Victoria» mi confessò con gli occhi colmi di lacrime che lasciò ricadere subito sulle guance. Pianse come non mai. Raramente avevo visto mia madre in questo modo. «Penso a te ogni giorno, figlia mia.»

Stavo piangendo anche io.

Ma non quanto lei.

«Quando papà mi gridava contro, tu dove ti trovavi?» parlai, trattenendo i singhiozzi «Eri al suo fianco, accanto a lui in silenzio. Hai sempre evitato di prendere le mie difese per paura che potesse inveire anche contro di te. Sei rimasta indifferente durante tutti gli scontri che avevo con papà, lasciando che mi uccidesse giorno dopo giorno.»

Fino a un po' di tempo fa se avessi visto mia madre piangere così, mi sarei fiondata su di lei per abbracciarla. Ora invece non riuscivo ad avvicinarmi e sentire niente. Ogni emozione si era spenta lasciando spazio solamente alla mia impressionante insensibilità.

«Dammi modo di rimediare ai miei errori.»

«È troppo tardi ormai, mamma» feci un passo indietro, tagliando ogni vicinanza «Credo sia meglio che tu vada a casa.»

Rimase zitta alcuni secondi e si avvicinò verso la porta. «Io e tuo padre non partiremo per le vacanze di natale quest'anno. Abbiamo deciso di rimanere a New York.»

Mi stava davvero proponendo di andare da loro?

«Io sono già impegnata» declinai subito il suo invito, stringendo con molta tensione la maniglia della porta «Ti auguro di passare una buona giornata, mamma» conclusi.

Quando mia madre andò via, mi ritrovai a dover lottare contro me stessa. Rannicchiandomi a terra e con le ginocchia strette al petto, dentro quella casa risuonavano i miei singhiozzi. Il petto mi faceva male, il fiato si spezzò e alcune gocce di sudore segnavano il mio corpo pallido. Questa ansia mi stava asfissiando, non riuscivo più a controllarmi.

Mi spostavo come non mai mentre cercavo un appiglio di distrazione. In preda a ciò che stavo vivendo, ripensai ai consigli del dottor Lopez durante la mia prima seduta nel suo studio. «La musica aiuta tanto» mi aveva detto.

Cercai come una matta il mio telefono. Tastai il davanti della mia felpa ed estrassi il cellulare dalla grande tasca. Digitai la riproduzione causale della mia playlist preferita e portai la cassa del volume vicino all'orecchio. Mi tappai quello opposto, in modo da potermi concentrare solamente sulla melodia e non sul mio pianto assordante.

Breathin di Ariana Grande.

«...Times goes by and I can't control my mind.
(...Il tempo scorre e io non posso controllare la mia mente)

Don't known what else to try, but you tell me every time.
(Non so che altro provare ma tu mi dici sempre)

Just keep breathin' and breathin' and breathin' and breathin'.
(Continua solo a respirare e respirare e respirare e respirare)

I known I gotta keep, keep on breathing.
(So che devo continuare, continuare a respirare)»

C'erano momenti in cui nella vita mi continuavo a ripetere che domani sarebbe andata meglio. Poi effettivamente il giorno dopo arrivava, ma mi rendevo conto che quella specifica frase servisse solamente a convincermi che il dolore provato fosse semplicemente passeggero.

Il mio cuore si coordinò al ritmo della musica. Mi concentrai a regolarizzare il respiro mentre ascoltavo con attenzione ogni singola parola. Avevo ancora le guance umide ma il peggio era finalmente passato. Sentivo ancora la testa girare, evitai di alzarmi e rimasi seduta sul pavimento freddo quanto me.

Sebbene il mio attacco di panico fosse passato, continuavo a stare troppo male. Quella visita improvvisa da parte di mia madre mi aveva destabilizzata. Dovevo distrarmi, premere il pulsante di spegnimento del mio cervello.

Scrissi alla mia migliore amica sperando fosse libera di poter uscire. Stava tornando adesso da lavoro e si sarebbe fatta accompagnare direttamente a casa mia da una sua collega.

Mi buttai dentro la doccia, cercai di riprendermi e mi sistemai attendendo che arrivasse. «Ciao, tesoro» si bloccò, scrutandomi il viso «Sembri sconvolta, ti senti bene?»

«Sì, mi ero solo appisolata» diedi la colpa alla stanchezza, cercando di sviare le altre future domande che mi avrebbe potuto porre. Chiusi la porta di casa e ci dirigemmo verso la mia auto. «Oggi è uscito al cinema un nuovo film. Che ne dici di andare?»

«Oh sì, ti prego andiamo» disse tutta contenta, salendo in macchina dal lato passeggero e mettendosi la cintura di sicurezza «È da tantissimo tempo che non andiamo insieme.»

Nonostante in sala non ci fossero molte persone, accanto ai nostri posti c'erano altri due ragazzi. Solo quando mi avvicinai a loro, notai quelle iridi azzurre scontrarsi furtivamente alle mie. Per quante volte ci eravamo guardati negli occhi, ormai riuscivo a riconoscerli perfettamente.

«Victoria?»

Accanto a lui c'era Peter che, appena notò Eloise, stampò un ampio sorriso sulle labbra. «Ciao, ragazze» disse a entrambe, alzandosi e avvicinandosi verso la mia migliore amica che era già finita nel mondo dei sogni. Le lasciò un rapido bacio sulla guancia facendola arrossire di fronte ai nostri occhi.

Era immobilizzata. «Puoi prendere il mio posto» mi rivolsi a Peter con un sorriso.

«Sei sicura?» mi chiese, rivolgendo un rapido sguardo al suo amico che era rimasto seduto alle nostre spalle. Richard mi stava guardando, esaminava tutto il mio corpo da cima a fondo. Scacciai quella sensazione ricca di brividi e mi limitai ad annuire.

Mi dovetti sedere alla sinistra di Richard. Seguì ogni mio movimento e cercai di non scontrarmi con le sue gambe lunghe che rimanevano divaricate davanti a me. Passai rapidamente e mi rilassai sulla poltroncina rossa, poggiandomi allo schienale morbido.

Entrambi i nostri gomiti finirono sullo stesso bracciolo. Per evitare di doverlo sfiorare durante tutta la durata del film ritrassi con rapidità il braccio, lasciandolo ricadere sopra la mia pancia. Si accorse immediatamente del mio gesto, lui notava tutto di me. Ogni singola cosa.

Proprio per questo, strinse la mia mano nella sua riportandola nella stessa posizione di prima. Una scarica elettrica mi percorse tutto il corpo. «Non mordo mica, Fiamma.»

Non mordeva ma era capace di mangiare ogni pezzo della mia anima.

«Possiamo parlare?» sussurrò, cercando di non disturbare i nostri amici.

Le luci si abbassarono. «Sta iniziando il film, Richard» dissi sottovoce, indicandogli il grande schermo. Volevo scansare la nostra conversazione. «Non possiamo parlare.»

Anima di GhiaccioNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ