CAPITOLO 8

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VICTORIA

Dopo pranzo, Richard decise di riaccompagnarmi a casa. Si parcheggiò davanti al cancello e scendemmo entrambi dall'auto, avvicinandoci l'un l'altro.

Mentre torturavo nervosamente le mani, guardai l'ingresso di casa. Appena avrei varcato la porta, mi sarei dovuta imbattere nei miei genitori. Sapevo di dovergli dire tante cose, ma ci sarei riuscita?

Richard si schiarì la gola, riportandomi a prestare l'attenzione su di lui. Mi aveva aiutata ed era stato al mio fianco nonostante avessi provato più volte ad allontanarlo da me. La sua solita insistenza che, normalmente non sopportavo, questa volta mi aveva salvata.

«Non so davvero come ringraziarti» sollevai lo sguardo verso di lui.

«Semplice, non farlo. Non c'è niente di cui devi ringraziarmi, Victoria» un leggero sorriso si stampò sul suo viso.

Scossi il capo in segno di disaccordo.

«Stai scherzando, spero» affermai con sincerità «Se tu non mi avessi cercata e non fossi venuto a prendermi, mi sarebbe potuto succedere di tutto.»

«Ma ora sei qui al sicuro e questo è l'importante. Non avrei mai permesso che ti succedesse qualcosa.»

Ogni sua frase continuava a lasciarmi stupita parola dopo parola. Mi aveva sempre dato modo di pensare che non tenesse a me ma, ultimamente, mi stavo ricredendo molto.

Il nostro rapporto si stava evolvendo. Non sapevo che piega avrebbe preso ma avrei lasciato che fosse il destino a deciderlo. Se in positivo o in negativo, non avrei forzato niente.

Ricambiai il suo sorriso e puntai gli occhi nuovamente verso la porta principale.

«È meglio che vada» dissi.

«Per qualunque cosa chiamami. E mi raccomando, ti aspetto alla Universe Corporation, Fiamma

Ancora non ero sicura di voler tornare ma a questa decisione ci avrei pensato solamente dopo. Il mio unico pensiero, adesso, era quello di parlare con i miei genitori e avere modo di esprimere tutto ciò che stavo provando in questo momento.

Entrai in casa venendo accolta dai passi di mia madre avvicinarsi sempre di più a me. Mi strinse in un abbraccio mentre avvertivo il suo tono di voce tremare ad ogni parola pronunciata. Non ricambiai il suo gesto ma continuai a rimanere con le braccia lungo i fianchi.

«Mi sono preoccupata così tanto» singhiozzò, tenendomi ancora stretta a lei.

«Sto bene» provai ad essere il più convincente possibile mentre mi scioglievo dalla sua presa «Devo parlarvi, sia a te che a papà ma prima ho bisogno di fare una doccia. Ci sono molte cose di cui dobbiamo ancora discutere. Non mi è mai piaciuto tenere in sospeso tutte quelle questioni che reputo importanti.»

Senza attendere troppo, mi recai in camera e chiusi la porta a chiave per prendermi un po' di tempo e riorganizzare i pensieri.

L'acqua della doccia diventava sempre più calda, così tanto da far apparire delle macchie rossicce sulla mia pelle, e mi dava modo di capire cosa volessi realmente dire ai miei genitori.

Non sarebbe mai stata una conversazione facile ma andava affrontata. Solo in questo modo sarei riuscita a far capire loro, una volta per tutte, che l'artefice della mia vita sarei stata sempre e solamente io.

Le gocce d'acqua scivolavano lungo il corpo, proprio come le lacrime sul mio viso. Odiavo trattenere le lacrime e adesso, che mi trovavo sola con me stessa, avevo modo di poter sfogare tutta la rabbia che sentivo addosso e che avevo represso per troppo tempo.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now