CAPITOLO 12

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VICTORIA

Continuai a passare i giorni seguenti immersa nella tristezza e a ripetermi quanto orrenda fossi diventata. Avevo cercato di evitare Richard il più possibile ed anche lui, per mia fortuna, non sembrava per niente intenzionato a rivolgermi la parola.

Avevamo spezzato nuovamente il nostro rapporto, tornando a essere quelli di una volta. Noi eravamo destinati a mantenere questa distanza che sarebbe riuscita a farci solamente del bene.

Sebbene la mia voglia di uscire fosse inesistente, Eloise si trovava nella mia camera per aiutarmi a decidere cosa indossare. Saremmo usciti io, lei, Trent e un amico del mio ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome.

Mentre la mia migliore amica indossava l'abito che si era portata da casa, io continuavo a rimanere distesa sul letto per concludere una campagna pubblicitaria dell'azienda.

«Ti sembra momento di lavorare, Victoria?»

«Sono obbligata a farlo» non staccai gli occhi dallo schermo del dispositivo «La Universe Corporation è stata invitata ad una serata di beneficenza che si terrà la prossima settimana e devo finire questa locandina entro stasera» allontanai il tablet di qualche centimetro per guardarlo. Sembrava quasi perfetta, ma c'era qualcosa che non mi convinceva molto. «Cosa ne pensi?» chiesi consiglio, girando il dispositivo verso di lei.

Analizzò la locandina per qualche secondo e portò il dito sullo schermo, trascinandolo verso il basso. Quando tornai a guardala, appurai che fosse proprio come l'avevo esattamente immaginata.

«Senza di te sarei persa» le sorrisi, salvando il progetto e chiudendo il tablet per lasciarlo sul materasso.

«Non abbiamo tempo per i ringraziamenti» mi tirò un braccio, portandomi davanti l'armadio «Siccome hai finito di lavorare, ti muovi ad indossare qualcosa di decente o hai intenzione di rimanere con quella tuta di un colore non molto gradevole alla vista?»

«Il tuo commento mi spezza il cuore. Come puoi dire che il marrone sia un colore poco gradevole?» iniziai a mostrarle i miei vestiti spostandoli da destra a sinistra «Sai quanto amo vestire di questo colore e non ti permetto di insultarlo.»

«Pardon, mon amour» si finse dispiaciuta con una mano sul petto, usando persino una lingua che non riuscivo a sopportare.

«Ancora ricordo quando facemmo l'esame di francese all'università» risi, afferrando un abito nero e lungo fino al ginocchio «Prendere il minimo al primo colpo è stato il regalo più bello che la professoressa Martin potesse mai farmi.»

«Amo il francese» sorrise con gli occhi a forma di cuore «E poi vogliamo parlare di quanto sia bella Parigi? La prossima volta che tornerò nella città dell'amore devo essere fidanzata con qualcuno.»

«Scusami ma ho smesso di ascoltarti appena hai detto che amavi il francese.»

Prese un cuscino e me lo lanciò addosso, colpendomi in pieno viso. Soffiai e tolsi dal viso una ciocca di capelli, fulminandola con lo sguardo. Non c'era niente da fare, io e la lingua francese eravamo due mondi completamente opposti.

E tale dovevamo rimanere.

«Io smetto di infierire sul tuo amatissimo marrone e tu non insulti la mia bellissima Francia.»

«Va bene, ma almeno adesso siamo pari» andai in bagno e mi cambiai per poi tornare da lei. Arricciai con dei boccoli i miei capelli e mi truccai come sempre. Mi diedi un'occhiata allo specchio e tornai a guardare la mia migliore amica, dicendole che fosse bellissima.

«Com'è quest'amico di Trent?» mi domandò, dandosi una ritoccata al trucco con la spugnetta della cipria.

«Sinceramente non lo so» risposi, sincera «Non l'ho mai visto e non so nemmeno il suo nome. Se non sbaglio erano nella stessa squadra di football al liceo, quindi sono amici d'infanzia e si conoscono da tanto tempo.»

Anima di GhiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora