CAPITOLO 34

3K 128 33
                                    

VICTORIA

I ricordi potevano far sorridere. Far ritornare nella propria memoria tutti momenti più belli con le persone che si amavano. Ma purtroppo anche piangere. Piangere così tanto da sentirsi mancare il fiato, piangere così tanto da capire che le cose non sempre erano come immaginavamo e che difficilmente potranno realmente cambiare.

Un qualcosa non cambiava mai ma tendeva sempre e solamente a evolversi. Rivedere quell'album di famiglia mi aveva distrutta. Altro che regalo di natale, aveva fatto riemergere un passato pieno di falsità.

Cosa me ne facevo di alcune foto se quei momenti non erano reali? Un sorriso all'interno di una foto non rappresentava la sua autenticità. Nella vita si fingeva e, dentro tutte quelle foto, la menzogna era effettivamente la caratteristica predominante.

Anche da lontano, i miei genitori erano riusciti a rovinarmi un altro natale. Un nuovo ricordo di merda era stato aggiunto alla mia ponderosa collezione. In questo momento vorrei andare da loro e sbattergli con rabbia questo album di fronte agli occhi. Non volevo nemmeno che rimanesse dentro casa mia.

«Bevi ancora un po' di acqua» mi disse Richard, porgendomi un altro bicchiere e rimanendo piegato davanti a me.

Il suo pollice mi raccolse l'ultima lacrima da sotto l'occhio e rimase a guardarmi mentre finivo di bere. Riprese il bicchiere e lo poggiò sul tavolo, non mollando nemmeno un secondo la mia mano. «È stato tutto troppo inaspettato» parlai «E non sono riuscita a controllare i miei pensieri.»

Tutto si stava complicando e non sapevo come uscirne. Richard, osservando probabilmente il mio viso nuovamente spaesato, provò a distrarmi. Quando mi strinse a lui, dimenticai ogni cosa. Ogni sofferenza, problema e paura. Lui era accanto a me, sempre pronto a tendermi quella mano di cui avevo bisogno.

«Io sono qui, Victoria. Sappilo.»

Annuii, unendo le mani dietro la sua schiena. «Lo so» sussurrai, risollevando il capo e mettendomi in punta di piedi. Fu un bacio diverso rispetto a quelli della sera prima, un bacio ricco di speranza e nuovi inizi.

Ricambiò delicatamente ma senza toccarmi nemmeno con un dito. Sembrava quasi avesse paura di farmi del male anche con una semplice carezza. Aveva visto le mie fragilità ed era intimorito di potermene creare ulteriori. Proprio per questo, presi una sua mano e gliela feci poggiare saldamente dietro la mia schiena.

«Il tuo tocco può solo curarmi» mormorai, sopra la sua bocca. Mi sorrise, baciandomi il labbro inferiore. Unì le nostre mani e mi tirò fuori dalla cucina.

«Non preparare nessuna colazione» disse, rafforzando la presa «Voglio portarti a mangiare un cornetto in riva al nostro lago.»

Andammo veramente a Central Park e mi comprò davvero un cornetto. Seduti sempre su quella stessa panchina, ci godemmo la vista del JKO Reservoir. L'aria fresca era tagliente ma non mi importava. Fosse stato per me sarei rimasta qui, insieme a lui, per tutta la vita. Ero veramente cotta a puntino.

Tenevo entrambe le gambe sopra quelle di Richard. Mentre mangiavamo la nostra colazione sentivo la sua mano stuzzicarmi il ginocchio e risalire ogni tanto fino alla coscia. Il ventre si accaldava e sentivo formicolare ogni zona del mio corpo.

Eravamo maturati moltissimo in tutti questi mesi. Due persone completamente diverse che un tempo non riuscivano nemmeno ad avere una normale conversazione. Litigavamo tanto e molte volte per grandissime cavolate. Probabilmente, chi ci vedeva da fuori, non ci sopportava.

«Manca poco alla fine dell'anno» disse, intanto che attorcigliava la busta vuota dei cornetti. Si sporse, buttandola nella spazzatura, e tornando a ripoggiarsi allo schienale della panchina. Mi sistemai meglio e mi strinsi a lui, cercando di farmi riscaldare il più possibile dal calore del suo corpo. «Potremmo, non so... uscire?» deglutì.

Anima di GhiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora