Conclusione

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Eccoci giunti alla conclusione di questo racconto. Una maledizione annullata, una principessa salvata e un potente cattivo dai poteri oscuri finalmente sconfitto. Niente di più classico, vero? Ci sono alcune cose però che penso teniate ancora a sapere, soprattutto quelle riguardanti i nostri eroi e le avventure che vissero nel corso delle loro vite. Partirei dunque col parlare dei nostri personaggi più seguiti.
Su Pirenea non c'è molto da dire. Partì con Cleopas addentrandosi di nuovo nella foresta con l'intento di attraversarla, per poi scalare le grandi montagne a Nord e andare a cercare la fonte del desiderio. Per raccontarvi questa avventura ci vorrebbero altri quarantasei capitoli quindi per il momento vi basti sapere che la guerriera non fece ritorno per un bel po' al regno di Animalia e visse la sua vita come un'avventura dopo l'altra.
Per quel che riguarda il suo amore perduto, Soccante, ritrovò ben presto il suo branco, che era stato decimato durante la battaglia, e rimase a vivere con loro. Licaone lo accolse come un figlio, istruendolo come suo braccio destro e ben presto divenne un principe anche tra i lupi. Immagino che questo trattamento di favore fosse riservato esclusivamente a chi si faceva mordere dal lupo alfa del branco e Soccante era l'unico a godere di questa particolarità.
A proposito di quel famoso morso, vi chiederete come il principe abbia reagito a quello che Licaone gli avesse fatto. Onestamente i due non affrontarono mai apertamente l'argomento, ma secondo me, infondo, Soccante non lo perdonò mai per quello. Il branco poi trovò un rifugio a Ovest; lontano dai nani, da Plantea, dai centauri e da chiunque fosse un pericolo per loro.
Dal canto loro invece, Neofante e Ambrosio rimasero amici. Neofante aveva finalmente trovato l'ispirazione musicale che cercava e si esibiva ancora a corte. Aveva addirittura cantato qualcosa per il funerale del re! Ambrosio invece non sposò Filomena, che, secondo lui, era una ragazza bella ma sgradevole. Ovviamente le ferite che si procurarono durante la battaglia furono curate nel giro di poche settimane ed entrambi ripresero pienamente le forze in poco tempo. Per la verità al satiro non piacque molto la vita in città e dopo un paio di settimane passate con Neofante, decise di tornare nella foresta. I due rimasero comunque amici, incontrandosi spesso ai margini del bosco e passeggiando assieme. A volte si ritiravano in una radura tranquilla dove cantavano e suonavano insieme. Quando questo accadeva, le naiadi e i satiri venivano a salutarli e a ballare con loro, gli animali si accovacciavano a guardarli e le driadi si affacciavano dalle acque del fiume e li guardavano sghignazzando. Ce n'era una in particolare che, guardando Neofante, arrossiva come un pomodoro...
La nostra bellissima regina Filomena non trovò nessuno che avesse il coraggio di criticare il fatto che era una donna non sposata a governare la città. Fece ricostruire regno e castello, distrutti dalla battaglia, organizzò un funerale degno di questo nome per suo padre e una cerimonia in onore di tutti coloro che erano caduti in battaglia. Quella cerimonia divenne una festività annuale nel regno.
Inoltre, dato che tutti i nobili erano morti e che Filomena aveva bisogno di gente che la consigliasse, decise di dare questo incarico a due persone a lei care: Agnesa la reggente, che aveva perso il marito quella stessa notte, ed Ercolea, che si scoprì essere sopravvissuta all'incendio. Infatti, Ercolea quella sera aveva messo in salvo i suoi bambini facendoli uscire dalla porta sul retro del locale e dicendo loro di andare a nascondersi il più lontano possibile. In seguito, però uno dei fulmini di Ade aveva distrutto il pub e lei era rimasta incastrata tra le fiamme, perdendo i sensi per colpa del fumo inalato. Sta di fatto che in seguito, dato che suo marito non fece mai ritorno dalla foresta, non volle più riprendere in mano il pub e venne a vivere a corte con tutta la sua famiglia, passando dalla povertà alla nobiltà.
Vi chiederete cosa ne fu della bambina del pozzo e soprattutto del figlio di Filomena, o ancora di come avesse reagito Smarrante alla notizia che sarebbe diventato padre. Procediamo con ordine. Veritea, la figlia di Dimitrea, aveva ereditato un non so che di magico dalla madre, ma il suo odio per quello che le aveva fatto, la portò a intraprendere una vita completamente diversa dalla sua e, nonostante la sua giovane età, divenne una saggia bambina che dispensava ottimi consigli a chiunque venisse a chiedergliene. Nonostante di età fosse più grande di Filomena, perché l'avventura giovanile avvenuta tra Bisante e Dimitrea precedeva la nascita della regina (anche se a vedere le due sorelle nessuno l'avrebbe mai detto), non fece mai storie su chi delle due avesse il diritto di essere regina e visse a regno come fosse una principessa.
Un altro principe dai poteri mistici fu il figlio di Filomena, che nacque esattamente otto mesi dopo la battaglia. Filomena non sapeva bene a cosa aspettarsi, magari a un mostro dalla pelle nera come la pece e tentacoli al posto delle braccia, ma quando nacque fu ben felice di scoprire che si trattava di un bambino normale e, almeno nei suoi primi mesi di vita, non esibì nessuna stranezza degna di nota. Appena venne al mondo, la regina amò suo figlio dal primo istante e giurò agli Dei che avrebbe protetto quella creatura anche a costo della vita. Nessuno si sorprese quando decise di chiamarlo come suo padre: principe Bisante II.
Sapete chi non ebbe voce in capitolo nella scelta del nome del bambino? Esattamente, sto parlando proprio del padre, il sacerdote Smarrante. Mentre Filomena col suo animo forte se l'era cavata bene nel mantenere la testa alta quando tutti parlavano alle sue spalle del suo comportamento poco pudico (visto che all'epoca avere un figlio senza un marito era una cosa vista molto male), Smarrante dal canto suo finì col soccombere. Come sapete, per lui la reputazione era tutto e ora che le persone sapevano che lui era il padre del bambino e che quindi di fatto non era la castità fatta a persona come aveva voluto far credere al regno intero, tutta la sua complessa rete di bugie crollò e divenne oggetto di tormento per lui. Non si sentiva pronto per affrontare i suoi doveri da padre e si vergognava così tanto di essere stato smascherato che finì col fare le valigie e partire, ma nessuno seppe dove andò. Poco male, questo non toccò minimamente Filomena se non per la ricerca di un nuovo sacerdote, incarico che finì con l'affidare a sua sorella, Veritea, affiancata da un anziano del popolo, reputato da tutti come la persona più gentile del regno.
Vediamo un po' di parlare di altri personaggi incontrati nel racconto. Ade, Cerbero e le Arpie ripresero i loro doveri come torturatori agli inferi e, nonostante bruciassero di vendetta contro Neofante, non poterono più risalire in superficie perché Zeus, Dio dei Cieli, glielo impedì ogni volta che ci provarono.
La sgradevole Vanitea, che era stata risucchiata dal pozzo, non fu più risvegliata per un bel po'. Ma anche il momento del suo risveglio appartiene ad un'altra storia che non ho né il tempo né le forze di raccontarvi ora. Chissà forse in futuro ci sarà modo di accordarci anche per questo...
Non bisogna dimenticare i centauri, in particolare Chirone, che aveva perso un figlio. Sappiate che il centauro non perdonò mai Pirenea per la sua morte. Non la incolpava per avrgli dato il colpo di grazia, ma la accusava di averlo fatto innamorare, amore che lo aveva portato alla morte. Non c'è niente di cui meravigliarsi in questo comportamento, infondo sappiamo che Chirone non rispecchia i canoni del vecchio e saggio centauro di cui le leggende ci parlano.
Mi duole ammetterlo ma non ho nessuna idea di quello che invece successe a Euclidea dopo che la mandria di centauri l'aveva raggiunta mentre fuggiva da Chiratide. L'unica cosa che so dirvi riguarda Pegaso, il cavallo alato. Venne curato e, rimessosi in sesto, riprese a galoppare e volare felice e beato per la foresta, o qualunque cosa facciano i cavalli alati in libertà.
Quanto a Barsabas, nonostante il braccio amputato, non morì. I nani riuscirono a salvarlo e, ardente di vendetta per essere stato ferito due volte dalla stessa persona, giurò che non si sarebbe dato pace finché non avesse ucciso Pirenea e recuperato il bracciale magico. Nessuno lo aveva mai visto infuriato come allora e tutti quanti iniziarono a trattarlo con maggiore riguardo. Il nano poi si era costruito con le sue stesse mani, pardon volevo dire con l'unica mano che ancora gli rimaneva, una lunga lama che riuscì a legare saldamente al suo moncone. Promise poi che con quella lama avrebbe seminato il terrore nella foresta finché non avesse scovato la guerriera che lo aveva mutilato.
Pitone e Dimitrea vissero insieme sulle montagne del Nord tramando contro gli Dei e contro la terra intera, ma avevano un piano specifico in testa, qualcosa che riguardava il principino Bisante II, e non si sarebbero dati per vinti finché non avessero compiuto quella missione.
Forse vi starete domandando cosa ne fu della lira di Apollo e, perché no, anche del melo che era cresciuto in piazza. Lo strumento sacro venne deposto ai piedi della statua di Apollo nel tempio dedicato agli Dei e venne messo sotto stretta sorveglianza. Nonostante questo, però, un giorno la lira sparì magicamente, un attimo prima c'era e l'attimo dopo la guardia aveva sbattuto le palpebre e la lira era sparita. Personalmente penso che Apollo l'abbia recuperata anche perché da allora nessuna anima viva la rivide.
Il melo invece venne recintato e divenne una specie di monumento in memoria della battaglia. Nessuno sa se il licantropo che era stato trasformato da Ambrosio poteva sentire quello che succedeva all'esterno, ma comunque la gente preferiva girargli alla larga. Ovviamente i frutti non vennero mai mangiati per paura che fossero avvelenati o che trasmettessero la malattia della licantropia a chi li assaggiava.
Ecco, dunque, come l'intera vicenda è terminata e io vi giuro che mi piacerebbe tantissimo poter concludere il racconto come si conclude una qualsiasi fiaba letta al giorno d'oggi, con un bel "e vissero tutti felici e contenti" ma non fu proprio così. Alcuni, infatti, passarono il resto dei loro giorni nella sofferenza e nell'agonia, altri vissero troppo poco tempo per poter effettivamente dire di aver vissuto e taluni avevano altri scopi che si distaccavano di molto dalla ricerca della felicità. Quindi penso che mi limiterò a dire che ognuno visse: chi per poco tempo e chi per molto, ma ognuno a modo suo ebbe modo di vivere. Ebbero tutti momenti di gioia e momenti più tristi, come è normale che la vita riservi, ma alla fine ognuno trovò la sua strada e questa è forse la cosa più importante di tutte.

E dunque concludo dicendo che vissero tutti almeno per un po'.

La lira di ApolloWhere stories live. Discover now