Capitolo 32

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Non ci saremo mica dimenticati di quello che successe a Pirenea una volta incontrato il centauro Equimante, vero? Per fare una sintesi del viaggio che lei fece in groppa a lui, se Pirenea non avesse cavalcato un cavallo volante fino a poco prima, avrebbe sicuramente detto che quella era stata la cavalcata più pazzesca della sua vita. Andavano a gran velocità, ben più in fretta di come si possa andare a cavallo. Era incredibile con quanta destrezza il grande e grosso Equimante si muoveva negli angusti spazi della foresta. Schivava alberi, saltava cespugli, galoppava nei campi di fiori senza calpestarne uno solo e attraversò un fiume con un balzo talmente rapido che Pirenea riuscì appena a scorgere l'acqua sotto i suoi piedi che erano già atterrati sull'altra sponda. Certo, il viaggio sarebbe stato più entusiasmante se si fosse svolto in silenzio, ma come Pirenea scoprì in quella mezz'ora di cavalcata, il centauro era un gran chiacchierone.
"Sai solitamente noi centauri non facciamo mai salire nessuno sulla nostra groppa, è una questione di onore, non siamo mica dei cavalli noi" diceva mentre cavalcava "ma mio padre voleva assolutamente vederti così mi ha detto che potevo farti salire. Io non ho mai portato umani sulla mia groppa, è una sensazione bizzarra, è come avere uno zaino, ma gli zaini sono più comodi e si reggono meglio sulla schiena. Non che tu sia scomoda eh... però mi piacerebbe sentirti più sicura sulla mia groppa. Ma le stelle me lo avevano detto che questo ciclo lunare avrei provato sensazioni mai sentite in precedenza. Noi centauri siamo tutti un po' veggenti sai? C'è chi lo sa praticare bene, come mio padre, io devo ammettere che preferisco i combattimenti, poi sono gusti. Ora che ci penso le stelle mi avevano anche detto che sarei migliorato nella chiaroveggenza... oppure mi stavano dicendo che parlo troppo e dovrei darci un taglio? Tu che dici, ti sembro logorroico o altro...? Pirenea... Pirenea... Pirenea ti sei addormentata sulla mia groppa, perché non rispondi?" ma la ragazza semplicemente non lo ascoltava e cercava di godersi il viaggio e l'aria che le sferzava il viso.
Quando arrivarono, Pirenea non credeva ai suoi occhi. Una vera e propria città sorgeva in mezzo ai boschi. E quando dico in mezzo, intendo proprio in mezzo in mezzo. I centauri non avevano abbattuto nessun albero, semplicemente avevano costruito le loro case, fatte di roccia o legna di alberi già caduti, in mezzo a essi. Così magari qualcuno aveva una betulla in cucina o un cespuglio di ortiche in salotto. L'unico posto in cui i centauri si erano permessi di tagliare gli alberi (accertandosi prima che non appartenessero a nessuna driade, ossia le ninfe della foresta) era là dove avevano costruito una grande arena, luogo che, stando a sentire quello che diceva Equimante, usavano per allenarsi nel combattimento e nel tiro con l'arco.
La ragazza non avrebbe saputo dire quanto fosse immensa quella città, che pareva in perfetta simbiosi con la foresta, ma quando passava davanti alle case, vedeva delle teste di centauri che apparivano sulla soglia. In genere i maschi avevano il petto nudo e le donne una specie di corsetto per evitare che il seno fosse loro di impedimento mentre galoppavano. Pirenea poté vedere anche dei centauri puledri che andavano a scuola, o almeno così sembrava perché in realtà erano semplicemente in piedi in una radura all'aria aperta e ascoltavano una vecchia signora centaura che parlava.
"I piccoli che vanno a scuola studiano solo materie utili: medicazione, chiaroveggenza, botanica e astrologia per quel che riguarda le materie teoriche; ma anche tiro con l'arco, caccia e combattimento. Personalmente ero più portato per queste ultime tre rispetto alle altre, ma alla fine ognuno in comunità trova ciò che fa per lui. C'è un solo centauro che si destreggia appieno in tutte queste arti e quello è Chirone, mio padre insomma. Abbiamo guaritori, veggenti, cacciatori, guardiani e tutto quello che serve per una città, non ci manca nulla" le disse Equimante, senza che Pirenea avesse fatto alcuna domanda al riguardo.
Finalmente il centauro si fermò e, guardandosi attorno, Pirenea si accorse che il resto del gruppo che aveva incontrato nel bosco non c'era più. La ragazza scese dalla groppa, aspettandosi di incontrare il famoso Chirone, ma Equimante semplicemente le indicò una casetta fatta di legno poco lontana e le disse:
"Quella è casa tua, l'ho costruita con le mie stesse mani, dentro troverai tutto ciò che ti serve: cibo, acqua, vino, una cucina, una sala da pranzo, un bagno, una camera da letto, e una stanza per gli ospiti."
"Ehmm grazie, suppongo" disse Pirenea, vedendo che Equimante si aspettava visibilmente dei complimenti per quello che aveva costruito "ma non ho intenzione di trattenermi a lungo, non penso che una casa sia necessaria."
"Questo lo vedremo con Chirone" le disse il centauro e uno strano presentimento si insinuò nella mente di Pirenea.
"A proposito, lui dov'è?" domandò.
"Si farà vivo il prima possibile."
"Vedi, io sto seguendo le tracce di una persona e vado di fretta. Pensavo che lui volesse vedermi con urgenza..."
"Sì, ma qui lui è il capo, il fondatore della nostra città, capirai che ha anche i suoi impegni. Ma gli farò presente la tua fretta e ti prometto che si farà vivo appena possibile. Ora, perché non vai in casa e non ti concedi una serata tranquilla?"
Pirenea voleva controbattere, ma notò che il sole stava calando e improvvisamente si accorse che quel giorno non aveva mangiato nulla e lo stomaco le brontolava. Moriva di fame e anche il sonno non era da meno, perché quando si dorme all'aperto, cosa che Pirenea faceva da quando era partita per la spedizione, ci si sveglia sempre all'alba, con i primi raggi del sole. Così acconsentì a passare la notte in quella casetta, che contro ogni aspettativa era molto gradevole.
La vegetazione cresceva anche lì, ma ormai la ragazza era abituata a dormire tra piante e foglie. Al suo interno tutto era adatto alla sua statura. Equimante aveva addirittura pensato ad aggiungere sedie e un letto all'arredamento (cose che un centauro non userebbero mai). Così la ragazza si cucinò un piatto di selvaggina fresca che trovò in cucina e poi si butto sul letto, che altro non era che un soffice giaciglio di erica. Si addormentò ancora vestita e con la spada al fianco.
Quando si svegliò la mattina successiva i raggi del sole erano già apparsi da alcune ore. Pirenea fece una colazione sostanziosa con uova, pane e marmellata, poi si affacciò sulla soglia. I centauri erano tutti indaffarati e trotterellavano in giro per la città. Alcuni avevano arco e una faretra piena di frecce sulle spalle, altri andavano in giro guardando il cielo e parlando da soli.
"Oggi Giove è arrabbiato con me, chissà cosa gli ho fatto" ne sentì uno borbottare proprio fuori dal suo uscio.
"Forse si è svegliato con la luna storta" gli disse Pirenea, con un ghigno.
"Già, forse" rispose lui serio, e se ne andò.
La ragazza decise di fare un giro per la città. Si portò la spada al fianco perché ancora non si fidava ad andare in giro disarmata. Quel giorno in città c'era un grande mercato. Decine e decine di bancarelle erano state allestite lungo una via naturale che si trovava tra gli alberi. C'era chi vendeva pesce, chi vendeva carne, chi strumenti quali telescopi o libri di divinazione, chi vendeva erbe, medicine, legumi, ... Girovagando per le bancarelle Pirenea si soffermò davanti a una dove vendevano armi. Ma le spade erano troppo grandi per lei, così come le frecce erano troppo lunghe o le armature non adatte ad un corpo umano.
"Scusami" sentì dire una voce un po' stridula accanto a lei "vendete qui gli strumenti musicali?"
Pirenea si voltò, ma davanti a lei non c'era un centauro, bensì un uomo che dalla vita in giù era una capra e due piccole corna gli sbucavano dai capelli. Prima che possiate illudervi, no quello non era Ambrosio. Ambrosio non era mica l'unico satiro che viveva in quei boschi! Comunque, lo strano individuo si era rivolto alla centaura che vendeva le armi, che gli rispose con voce gentile, ma priva di calore:
"Forse in fondo alla via, ma non so se è ancora lì, nessuno qui compra strumenti musicali" Il satiro la ringraziò e se ne andò trotterellando. Poi la centaura guardò Pirenea e disse:
"Tu non sei una driade"
"E tu non sei un cavallo" ribatté lei ma la battuta non piacque alla centaura.
Dovete sapere che per un centauro è molto offensivo essere paragonati a cavalli. Però prima di rispondere acidamente, si soffermò ancora a guardarla.
"Tu sei umana" disse, poi volse lo sguardo sulla spada che aveva al fianco "ma certo, tu sei quella umana di cui tutti parlano, quella con cui Chirone vuole..."
"Con cui Chirone vuole fare cosa?" le chiese Pirenea, curiosa.
"Non fa niente, cerchi qualcosa di specifico?" le domandò la centaura, cambiando completamente argomento.
"In realtà sì, ieri un mio amico, Pegaso, è stato portato qui. Era tremendamente ferito e mi chiedevo se potessi indicarmi il luogo dove potrebbe essere ora."
"C'è una macelleria non lontano da qui" rispose la centaura.
Non datele retta, quello era il tipo di umorismo che piaceva ai centauri e Pirenea non l'apprezzò anche se capì di meritarselo dopo la battuta che aveva fatto poco prima.
"Sono seria, Pegaso è un mio caro amico" disse Pirenea, seccata.
"C'è un'infermeria all'entrata di Chiratide" la informò la centaura.
"All'entrata di cosa?" domandò Pirenea, pensando di non aver capito l'ultima parola che aveva detto la centaura.
"Chiratide. La città dove ti trovi attualmente" ripeté lei, spazientita.
"Ma certo, come poteva chiamarsi la città di Chirone se non Chiratide" borbottò Pirenea.
La ragazza si fece indicare la strada per raggiungere l'infermeria, poi partì ringraziando quella centaura ma augurandosi segretamente di non incontrarla più. Camminò per almeno un quarto d'ora tra case e centauri. Incontrò anche qualche ninfa e qualche altro satiro lungo il suo cammino. Le sembrò di scorgere anche una lontra che passeggiava con un cesto in mano mentre chiacchierava con un ornitorinco, ma forse quello era frutto della sua immaginazione.
Tutto sommato la città le piaceva molto. Non aveva mai visto tante creature in vita sua e questo la affascinava, ma una spiacevole sensazione di disagio la pervadeva comunque. Non era tanto il fatto di passeggiare tra quelle creature a farla sentire così, ma era come loro la guardavano. Non li si può certo biasimare, infondo nessuno di loro aveva mai visto un essere umano in carne e ossa prima d'ora, ma se l'avessero guardata solo con curiosità, Pirenea avrebbe anche potuto decidere di ignorare quegli sguardi. Invece, chi la osservava, aveva uno sguardo giudizioso, come se sapessero qualcosa che lei non sapeva e volessero vedere se ne era all'altezza. La ragazza capì che dovesse trattarsi della stessa cosa a cui aveva alluso la centaura alla bancarella, prima che cambiasse bruscamente discorso e sapeva che prima inconrava Chirone, prima si sarebbe tolta quel peso.
Pirenea arrivò davanti all'infermeria, all'entrata della città. Era un edificio fatto di pietra che si estendeva per il lungo e un grosso telo fungeva da porta. La ragazza lo oltrepassò e la prima impressione che ebbe era quella di una stalla. Infatti, c'era un lungo corridoio centrale che attraversava l'intero edificio e sui lati erano disposti dei box. In ogni box c'era un paziente e i centauri guaritori andavano di paziente in paziente, reggendo strumenti, bende o cartelle. Pirenea camminò lungo il corridoio cercando il box di Pegaso, mentre i guaritori erano talmente indaffarati che non le fecero caso.
Passando vide un centauro con la tosse, uno con la zampa fasciata, una che sembrava aver fatto una reazione allergica, un puledro, accompagnato dalla madre ansiosa, che lamentava un gran mal di testa (ma Pirenea capì per esperienza che stava mentendo). Vide parecchie ferite che riconobbe come ferite di battaglia, probabilmente dovuti ai duelli che facevano tra di loro. Era passata davanti a molti box, quando alla sua sinistra ne vide uno dove era sdraiato qualcosa di candido e bianco.
Riconobbe Pegaso al primo sguardo. Era davvero malconcio, aveva una grossa stecca che gli reggeva un'ala, delle bende e dei cerotti un po' ovunque e là dove avevano dovuto ricucire le ferite, gli avevano rasato tutti i peli. Però era cosciente e quando vide Pirenea, nitrì felice. Lei gli si buttò addosso con delicatezza e lo riempì di baci e abbracci. Si scusò per quello che gli era successo dicendo che era tutta colpa sua e che non avrebbe mai dovuto chiedergli di abbassarsi di quota e gli augurò di rimettersi in sesto il più presto possibile.
Un centauro guaritore, giovane e sbarbato, si affacciò al box e le chiese chi fosse. Prima che Pirenea potesse spiegare però, lui aveva già capito e aveva assunto lo stesso sguardo che i passanti lì fuori le rivolgevano. Con sua grande sorpresa però il centauro le disse:
"Chirone aveva detto che saresti passata, mi ha chiesto di dirti che ti attende a casa sua. Un grande onore poterlo andare a trovare a casa sua" poi le diede un foglio "qui ci sono tutte le indicazioni necessarie per andarci, fossi in te non lo farei aspettare."
Ma Pirenea esitò, guardando Pegaso lì disteso.
"Guarirà, gli servono solo alcune settimane di riposo" la rassicurò il centauro.
Così lei diede un ultimo bacio al cavallo alato e uscì, diretta a casa di Chirone. Povera Pirenea, se solo avesse saputo cosa le aspettava, avrebbe probabilmente preso la via opposta e sarebbe uscita di soppiatto dalla città, continuando il suo viaggio e dimenticando di aver incontrato quei centuri. Ma la curiosità della ragazza era stata punta e ora voleva sapere cosa il leggendario Chirone volesse da lei.

La lira di ApolloWhere stories live. Discover now