Capitolo 20

5 1 0
                                    

Ade aveva fatto scaturire delle catene nere come la pece dal nulla e le aveva avvolte ben strette attorno alle braccia e al busto di Neofante e Ambrosio, lasciando loro libere solo le gambe per che potessero ancora camminare. Li teneva al guinzaglio, dicendo loro di fargli strada in quel labirinto fino alla lira.
Forse pensava che i due viaggiatori sapessero dov'era la lira ed era per questo che li aveva salvati dal Minotauro e li tenesse in vita. Neofante era certo però che non appena il Dio della Morte avesse messo le mani sullo strumento sacro, loro sarebbero stati istantaneamente polverizzati da uno dei fulmini magici di Ade perché non gli sarebbero più stati utili.
Il trio procedeva in silenzio lungo i corridoi del labirinto, non perché non avessero nulla da dire, ma perché Ade odiava le chiacchiere inutili. Oltretutto, i ragazzi erano troppo intimoriti per osare parlare o anche solo voltarsi verso il Dio della Morte. Neofante si sorprese quando notò che non incrociavano più il cammino di nessuna creatura nel labirinto. Probabilmente anche loro avevano paura di Ade e come biasimarle? Rispetto al Signore della Morte, quelle creature parevano teneri cuccioli. Il viaggio verso le montagne fu per loro scandalosamente breve. Non perché Neofante e Ambrosio sapessero quale strada prendere per arrivarci, ma perché davanti ogni muro o ostacolo che si frapponeva al loro cammino, Ade lo faceva saltare in aria con un fulmine d'oro.
Così, un giorno, pure l'ultimo muro esplose e i tre riuscirono ad uscire dal labirinto. Una grande parete rocciosa si stagliava loro davanti.
"Le montagne" constatò Ade alle loro spalle "siamo arrivati."
I due amici si guardarono, poi Ambrosio osò parlare:
"Ade... voglio dire, Signore delle Tenebre? Io non dubiterei mai di vo-voi, ma Apollo... voglio dire il sacro Dio del Sole, ha parlato di una grotta fra le mo-montagne che potrebbe essere ov-ovunque, come fa-fate a sapere che sia-siamo arrivati?"
"Lo so perché percepisco la magia dell'Olimpo qui da qualche parte, povera sciocca capra" sibilò lui.
Ambrosio rabbrividì, ma Neofante capì che era giunto il momento di porgli la domanda che da molto tempo lo premeva:
"E noi? A cosa possiamo servirvi noi ora che sapete dove si trova la lira?" Ade lo ignorò.
"Da questa parte" disse, tirando le catene dei due amici, che cominciarono a camminare in quella direzione.
Neofante pensava che Ade non lo avesse sentito o ascoltato ed era pronto a rifare la domanda, quando d'un tratto il Dio della Morte decise di rispondere:
"Quello sciocco di un Dio delle Epidemie è stato chiaro, solo qualcuno dal cuore sufficientemente puro può recuperare la lira. Io, purtroppo, non sono compreso sulla lista perché di fatto non ho neanche un cuore, ma se anche lo avessi, probabilmente sarebbe nero come la notte. Vi ho osservati a lungo e voi due siete gli unici imbecilli che sono riusciti ad avvicinarsi allo strumento di Apollo, ma non potevo lasciare che il Minotauro vi divorasse, così sono intervenuto."
"Quindi volete che recuperiamo la lira per voi, ma perché la volete?"
"Le tue domande mi stanno stancando ragazzino. Voi mortali non avete nessuna idea di quali cose si possano fare con uno strumento che appartiene a un Dio, giusto?" Ambrosio rabbrividì di nuovo, lui, che aveva un flauto magico, poteva forse immaginare meglio dell'amico le terribili cose che avrebbe potuto fare Ade con la lira di Apollo.
"Ma voi siete una delle tre potenze celesti più forti che esistano insieme ai vostri fratelli Zeus e Poseidone" insistette Neofante "non riesco a credere che non riusciate a prendere la lira senza il nostro aiuto."
"E chi ha mai detto che un piccolo scarafaggio come te debba riuscire a capire qualcosa di questo mondo?" ghignò Ade "per cominciare, la mia potenza è limitata in questo corpo mortale e a volte sono obbligato ad usare rimedi alternativi... per arrivare ad ottenere ciò che voglio. All'occorrenza, voi."
"Quindi siete mortale" disse Neofante, ma si era spinto troppo oltre.
"Come osi darmi del mortale! Io sono onnipotente e non posso morire!" inveì il Dio.
"Perdonatemi, è che avete detto..." cercò di giustificarsi Neofante.
"Io non ho mai detto di essere mortale! Sì, i miei poteri sono limitati, ma io non posso morire. Non c'è nulla di terreno che possa ferire questo corpo perché pervaso dalla mia propria magia! E ora state zitti, stiamo per arrivare e io non vi sopporto più" infatti, non fecero che pochi altri passi, e si trovarono di fronte all'entrata di una grotta.
Un buco ai piedi dell'enorme parete di roccia che si stagliava sopra le loro teste. La fessura permetteva a malapena che ci entrasse un uomo e all'interno non si scorgeva nulla.
"Ora" disse Ade "voi due entrerete lì dentro, recupererete la lira per me e uscirete."
"io non so se..." cominciò a dire Ambrosio.
"Oppure vi torturo finché non cambiate idea" lo interruppe il Dio, seccato.
I due amici deglutirono a fatica, si lanciarono un'occhiata e capirono che la prima opzione era quella che preferivano. Così Ade sciolse le catene che li intrappolavano e loro sgusciarono di malavoglia nella grotta buia.
Non si vedeva quasi nulla, fecero qualche passo avanti, ma subito si fermarono. Avevano sentito un rumore, un suono regolare che somigliava molto al respiro di una creatura enorme. Qualcosa era acquattato lì nell'ombra, qualcosa di gigantesco. Neofante e Ambrosio rimasero immobili un paio di minuti, poi, quando i loro occhi si furono abituati al buio, iniziarono a distinguere un'enorme sagoma scura accovacciata a terra. Il suo soffio caldo investiva i nostri due avventurieri ad ogni respiro, ma presto si accorsero che il mostro non si muoveva e capirono che stava dormendo. Ambrosio scalpitò nervosamente.
"Voglio andarmene" piagnucolò.
Ma fu un errore, la sua voce scostò quell'enorme creatura dal suo profondo sonno. Un enorme occhio giallo si spalancò e il terrificante mostro spalancò le enormi fauci in un terribile sbadiglio, scostando leggermente la testa. In quell'istante, l'attenzione di Neofante fu colta da un bagliore luccicante. Il mostro avvolgeva un oggetto che emanava una luce d'orata col suo lungo corpo.
"Svelto" disse ad Ambrosio "il tuo flauto, suona qualcosa per farlo riaddormentare."
"Il mio flauto non funziona così" protestò lui, con gli occhi incollati alle zanne del mostro.
"Muoviti" lo pregò Neofante.
Ambrosio, con le lacrime agli occhi, eseguì l'ordine. Strano ma vero, dal flauto uscì una melodia molto dolce che risuonò nella caverna. A Neofante venne da sbadigliare, ma ricacciò indietro l'impulso e guardò la creatura mentre rimetteva la testa a terra e ricominciava a sonnecchiare.
"Che cosa sta succedendo lì dentro?" udirono Ade gridare.
"Shhhhht" gli fece Neofante, un attimo prima di realizzare che aveva appena intimato al Dio della Morte di fare silenzio.
Poi, preso coraggio, fece qualche passo avanti. Con riluttanza passò a pochi centimetri dalle narici del mostro e un vento umido lo investì quando la bestia sospirò. Oltrepassò la testa e si diresse verso la fonte di luce dorata che aveva visto poco prima. La melodia di Ambrosio continuava, ma Neofante faceva comunque molta attenzione a non calpestare nessuna parte del corpo di quel mostro. Non sapeva cosa fosse con esattezza quella creatura, ma era abbastanza sicuro di non volerlo scoprire.
Neofante arrivò piano piano fino all'oggetto e per poco non urlò di gioia. Era una lira! Ce l'aveva fatta! Non ci aveva mai creduto, ma ce l'aveva fatta! Lui, l'unico che era partito per quella spedizione per il gusto dell'avventura anziché per la mano della principessa, aveva finalmente trovato la lira! Forse era questo quello che intendeva Apollo quando diceva che solo qualcuno dal cuore sufficientemente puro avrebbe potuto recuperarla. Con molta cautela e le mani che tremavano, scostò quella che doveva essere la coda del mostro e recuperò la lira che, quando fu nelle sue mani, smise di brillare e divenne un semplice strumento di legno massiccio.
Così come era entrato in quel groviglio di zanne e scaglie, Neofante, con molta cautela, ne uscì e, facendo segno ad Ambrosio di continuare a suonare il flauto, si attaccò la lira alla cintura e con l'amico si diresse verso l'uscita.
Una volta all'aria aperta, Ambrosio non osava smettere di suonare e Neofante non la smetteva di sorridere.
"Che vi succede?" chiese Ade, acido.
D'un tratto la realtà tornò ad investire Neofante, che posò una mano sulla lira, come per proteggerla dal malvagio Dio. Quel gesto attirò l'attenzione di Ade.
"Eccola qua" disse "ora dammela."
Neofante non sapeva come uscirne perché sapeva che una volta dato l'oggetto a Ade, lui li avrebbe sicuramente uccisi lì sul posto. Poi, con la lira nelle sue mani, sarebbe diventato più potente e temibile dei suoi due fratelli e avrebbe certamente distrutto il mondo o qualcosa del genere.
"Io..." disse Neofante.
"Non rendere le cose ancora più difficili e dammi quella lira, adesso!" Ade stava perdendo la pazienza.
Un'idea improvvisa però balenò nella mente di Neofante. Era un 'idea sciocca, ma era anche l'unica che gli venisse in mente.
"Ambrosio" disse "puoi anche smettere di suonare" il satiro lo guardò preoccupato, ma vedendo lo sguardo sicuro dell'amico, smise di soffiare nel suo strumento.
Non appena le labbra di Ambrosio si scollarono dal flauto, Neofante urlò con tutti i suoi polmoni.
"Per il fuoco degli Inferi, che cosa stai facendo lurido verme?"
Per alcuni terribili istanti il silenzio avvolse tutti i presenti. Ambrosio si gettava discrete ma frequenti occhiate allarmate alle sue spalle, verso la grotta. Neofante invece temette che il suo piano fosse miseramente fallito e stava giusto per rassegnarsi a dare la lira a Ade, quando qualcosa ruppe il silenzio.
Un feroce ruggito si sollevò da dentro la grotta. La montagna intera tremò e Neofante ebbe appena il tempo di prendere il braccio di Ambrosio e trascinarlo a terra, che una lingua di fuoco scaturì dalla fessura attraverso la quale erano passati poco prima, dritta contro Ade. Il Dio però, lo si può dire, aveva dei riflessi divini e con un gesto della mano deviò la traiettoria della fiamma. Questo attacco improvviso gli fece perdere l'equilibrio e cadde a terra, sorpreso.
"Ma cosa...!" esclamò.
"Andiamo!" urlò Neofante all'amico e, rimessisi in piedi, scapparono.
"Dove pensate di andare?" sbraitò Ade, lanciando una delle sue saette contro i due fuggiaschi e mancandoli di poco.
La bestia, che fino a poco prima sonnecchiava tranquilla nella grotta, decise che per lei era giunto il momento di uscire. Così, la parete della montagna si frantumò in mille pezzi, che, come una valanga polverosa, investirono il Dio della Morte.
Ade era sparito e un enorme drago-serpente dalla pelle nera e squamosa si ergeva in tutta la sua grandezza, assaporando la luce del sole. Il mostro scosse tutto il corpo per togliersi i detriti di roccia di dosso, poi spalancò le enormi ali da pipistrello che aveva sulla schiena, cacciò un altro possente ruggito e, con un colpo d'ali che avrebbe potuto sradicare un pino, spiccò il volo e sparì verso Ovest.

La lira di ApolloOn viuen les histories. Descobreix ara