Capitolo 34

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Ormai Soccante aveva acquistato il rispetto del branco, ma non sapeva se questo fosse positivo o negativo. Non riusciva a credere a quello che aveva fatto e si sforzava di sentirsi in colpa per il povero nano, ma più lo faceva e meno gli veniva. Arrivò persino a pensare che il nano infondo doveva meritarselo di morire sennò gli Dei lo avrebbero salvato.
"Infondo non era umano" borbottava tra sé e sé "è come se avessi ucciso un animale qualunque in una battuta di caccia" Licaone intanto sorrideva perché anche se camminava diversi passi dietro a Soccante, il suo udito da lupo gli consentiva di sentirlo.
Cammina e cammina, il branco d'un tratto si fermò di colpo. Al contrario dell'altra volta nessuno aveva fiutato niente, semplicemente si erano fermati davanti a uno stagno. Ma di stagno non si può propriamente parlare perché non era sporco e non c'erano alghe o piante che crescessero dentro o attorno. Si trattava di un cerchio perfetto, scavato nel terreno, dentro cui uno specchio d'acqua limpido e privo d'increspature giaceva a filo con la terra. Soccante si sporse aspettandosi che, d'un acqua così limpida si potesse scorgere il fondo, ma si sbagliava. Sembrava essere molto profondo, perché la luce della luna non era sufficiente a rischiararlo.
Uno strano odore si alzava dal pozzo e pervadeva le narici del principe.
"Cos'è questo odore?" domandò.
"Magia" gli rispose Licaone, che teneva gli occhi fissi sullo specchio d'acqua.
"Speriamo di no perché faremo una pausa qui" ordinò il principe.
"Come scusa?" domandò Licaone a cui il tono del principe non era piaciuto.
Soccante non sapeva cosa gli fosse preso di parlare in quel modo, perché le parole gli erano uscite senza che avesse avuto modo di pensarle o di controllarle. Per la verità non gli piaceva l'idea che quello specchio d'acqua fosse magico e avrebbe preferito di gran lunga allontanarsi di lì e continuare la strada, ma ecco che di nuovo le sue labbra si mossero senza il suo controllo:
"Sono ancora sporco di sangue, devo fare un bagno e pulirmi" il lupo mannaro ci pensò un attimo, ma poi, a discapito di quello che Soccante pensava avrebbe detto, acconsentì.
Così il principe, che ora agiva meccanicamente senza poter controllare i suoi movimenti, immerse e lavò la spada, poi la stese sull'erba ad asciugare. Si spogliò e lavò anche i vestiti (con meno successo perché grosse macchie scure rimasero ben visibili sulle vesti reali). Infine, dopo aver steso anche i vestiti, si tuffò nello stagno, e le onde provocate dal tuffo uscirono dall'argine, ricoprendo il terreno. Il pozzo era abbastanza largo da farci stare quattro persone, ma nessuno si tuffò con lui. L'acqua era fredda, molto fredda e in quanto alla profondità, nonostante il tuffo, il ragazzo non riuscì a capirla perché non toccò il fondo. Non appena si era tuffato, le tenebre lo avevano avvolto e provò l'impulso di dover tornare a galla, uscire di lì e scappare, perché aveva sentito che un pericolo imminente stava per abbattersi su di lui. E così guardò in su e con sollievo si accorse che l'apertura dello stagno era solo a un paio di metri sopra la sua testa. Fece una bracciata per risalire, ma picchiò la testa contro una superficie. Non capendo cosa fosse, la tastò con le mani e con orrore si accorse che una spessa lastra di ghiaccio si era formata e si era frapposta tra lui e l'uscita del pozzo. I lupi non potevano aiutarlo perché evidentemente non lo vedevano e non potevano sapere che era in pericolo.
D'un tratto il livello dell'acqua intorno a lui cominciò ad abbassarsi e Soccante poté prendere una grande boccata d'aria. Mentre l'acqua si abbassava, il ragazzo provò anche ad urlare per chiedere aiuto al branco, ma loro non sentirono nulla perché la voce era attutita dalla lastra di ghiaccio e dall'acqua che essa sorreggeva. Più l'acqua si abbassava, più il principe vedeva allontanarsi il cerchio luminoso che era la superficie dello stagno.
A furia di scendere, ben presto Soccante si ritrovò avvolto dalle tenebre, e non vedeva più che un lontano puntino luminoso là dove c'era la superficie. Il principe non seppe quanto durò la discesa nell'oscurità, ma ad un certo punto i suoi piedi toccarono la roccia fredda e l'acqua sparì, come assorbita dal terreno.
Proprio mentre si stava chiedendo cosa avrebbe dovuto fare ora, una voce familiare proruppe nell'oscurità e disse:
"Fotià" improvvisamente un cerchio di fuoco della stessa larghezza del pozzo si tracciò attorno a Soccante e un altro individuo incappucciato.
Nonostante si sentisse in trappola, al principe il fuoco non dispiacque perché là sotto l'aria era molto fredda e lui era ancora bagnato fradicio.
"Tu" disse il principe guardando l'individuo e riconoscendo i tratti di Cleopas "non puoi fare a meno di rapirmi, dico bene?" lo stregone sogghignò.
"Mio caro principe Soccante, ho fatto qualche ricerca su di te e ti ho osservato a lungo, so quali crudeltà hai commesso. È interessante l'influenza che i lupi hanno avuto su di te, non trovi?"
"Cosa vuoi?" tagliò corto il principe, a cui essere paragonato ad un licantropo non piaceva affatto.
"Non è ovvio? Tu mi hai rubato una cosa e io la rivoglio" Soccante sapeva benissimo perché Cleopas lo stesse cercando visto che Licaone lo aveva avvertito che lo stava cercando.
"Il bracciale" disse "non ce l'ho più, l'ho regalato."
"Regalato?" Domandò Cleopas, come se non credesse alle sue orecchie.
"Esattamente."
"Fammi capire. Tu eri in possesso di uno strumento magico che aveva il potere di far innamorare chiunque di te, compresa la principessa Filomena di cui sei perdutamente innamorato, e hai deciso di regalarlo?" Soccante non l'aveva mai vista in quel modo, aveva sempre pensato che quel bracciale fosse un male anziché un bene, ma ripensando all'uso che avrebbe potuto farne, si sentì stupido per averlo dato via.
"Forse non lo sai" gli disse lo stregone "ma il nano più crudele del popolo dei Pigmei mi sta dando la caccia per via di quel bracciale. Ho dovuto far esplodere casa mia per poter fuggire al suo piccolo gruppo sanguinario e da allora sto usando tutte le mie conoscenze magiche per cancellare le mie tracce e dare la caccia a te. Adesso che ti ho finalmente trovato tu mi dici che hai dato via il bracciale, non dire sciocchezze e dammelo!" lo stregone era furioso e Soccante in tutta risposta allargò le braccia e fece un giro su sé stesso.
"Sono completamente nudo, dove vuoi che lo nasconda?" Cleopas stava per dire la sua su dove se lo fosse infilato, ma poi ci ripensò e con più calma gli domandò:
"A chi lo hai regalato?"
"Te lo dirò" gli disse "a patto che tu aiuti un mio amico."
"No, piuttosto che scendere a compromessi con te preferisco torturarti finché non me lo dici." gli disse lo stregone.
"Non penso che tu possa farlo" gli rispose Soccante, facendo spallucce "vedi, i miei amici lassù sono lupi mannari e a quest'ora si saranno accorti della mia prolungata assenza. Ora staranno trovando un modo per arrivare fin qui, per salvarmi e tra non molto un branco di cinquanta lupi assalterà questo posto. Mi è parso di capire che hai paura dei nani, sappi che loro ne fecero una strage, quindi dovresti temerli ancora di più." Cleopas lo guardò intensamente, mentre rifletteva sul da farsi, poi acconsentì.
"E va bene" disse "chi devo aiutare?"
"Il capobranco, Licaone" disse il principe, sorridendo.
"Ovviamente" borbottò Cleopas, poi mise una mano sulla spalla del principe e disse:
"Pigaine me ekei!" ci fu un lampo rosso che illuminò le pareti del pozzo, poi Soccante, che sentiva ancora la presa ferrea dello stregone sulla spalla, si sentì spingere verso l'alto e in un attimo risalirono in superficie, oltrepassando la parete di ghiaccio e l'acqua senza bagnarsi, come fossero fantasmi. I loro piedi toccarono il suolo, erano di fronte a Licaone e ai lupi. Il licantropo e lo stregone si guardarono un istante e subito si riconobbero.
"Tu devi essere Cleopas, lo stregone" constatò il capobranco.
"E tu sei Licaone il re maledetto da Zeus molti anni or sono" ribatté l'altro, togliendo la mano dalla spalla di Soccante.
Poi si rivolse al principe:
"Tu ti scegli proprio degli strani amici principe di Animalia" Licaone ghignò sentendo quelle parole.
"Amici?" sussurrò, guardando Soccante.
Quello divenne rosso per la vergogna e andò a vestirsi mentre i due parlottavano tra loro, cercando un accordo. Quando il principe si avvicinò di nuovo a loro, sentì lo stregone dire:
"Come faccio a sapere che se ti aiuto poi il ragazzo manterrà la parola?"
"Lo farò" disse Soccante "non ho nessun interesse nel mantenere il segreto di dove si trova il bracciale, non vedo perché ti mentirei" al che Licaone fissò Cleopas, incuriosito.
Per alcuni istanti lo stregone sembrò riflettere, ma finalmente si decise a parlare.
"Va bene" disse "cosa vuoi che faccia?"
Licaone gli raccontò la storia di come Zeus maledisse lui e tutta la sua famiglia e gli domandò un rimedio magico per annullare la maledizione. Al che Cleopas, serissimo, gli rispose.
"Caro mangiatore di uomini, se tu mi stessi chiedendo un rimedio contro la licantropia io potrei forse inventarmi qualcosa, ma tu mi stai domandando di annullare una maledizione con cui ti ha colpito il re dei Cieli."
"Quindi non puoi aiutarmi?" ringhiò Licaone.
"Non io, i miei poteri mai e poi mai potranno essere alla pari con quelli di un Dio, ma posso indicarti il nome di una veggente, che si destreggia abbastanza bene con le arti oscure a cui potrai chiedere consiglio o aiuto."
"Ho già provato ad andare da un oracolo, ma non è servito a nulla perché Apollo, loro protettore, su ordine di Zeus è sempre intervenuto per tenermi lontano."
"Quindi Zeus non vuole che tu veda un oracolo, non lo trovi sospetto?"
"Sì, deve esserci un modo per annullare la maledizione, ma Zeus fa di tutto per tenermelo nascosto."
"Questa veggente di cui ti ho parlato non è protetta da Apollo né da alcun Dio perché il suo cuore è avvelenato dalla malvagità. Se andrai da lei stai certo che nessuno ti fermerà."
"Come si chiama?" Domandò Licaone, avidamente.
"Si chiama Dimitrea e vive tra gli uomini, nel regno di Plantea."
"È proprio dove sono diretto io" constatò Soccante.
Cleopas sorrise e finalmente si rivolse al ragazzo.
"Ora è il tuo turno, chi ha il mio bracciale?" il principe gli raccontò quello che era successo dopo che era scappato dalla casa dello stregone e, con vergogna parlò anche della storia che aveva avuto con Vanitea e di come le avesse promesso di sposarla e in pegno aveva dato il bracciale. Purtroppo, non seppe dire con esattezza dove l'aveva incontrata. Gli disse che era andato verso Nord e che ad un certo punto aveva incontrato il fiume, così lo stregone, gli chiese il nome della ragazza.
"Si chiama Vanitea, è una donna bruttissima e fa la contadina" ma non riuscì a dargli più dettagli.
"Bene" disse un po' deluso dalle scarse informazioni "allora vado, ma ho come l'impressione che i nostri cammini si incroceranno di nuovo." Al che Licaone scoppiò in una fragorosa risata.
Soccante e Cleopas lo guardarono con interesse.
"Cosa c'è di divertente?" domandò lo stregone.
"Mio caro Cleopas, quanto sei ingenuo" gli rispose il licantropo "pensi davvero che ti lascerò andar via in questo modo? I miei lupi non sono abituarti a lasciare la vita salva a chi incrocia il nostro cammino" Soccante non capiva perché Licaone volesse uccidere Cleopas, ma ben presto si rese conto che la domanda era futile visto che lui era semplicemente fatto così. Detto ciò, si meravigliò dall'atteggiamento di superiorità che assunse Cleopas in quel momento.
"Mio vecchio lupo mannaro, lascia che io ti dica due parole in privato."
"E perché dovrei?" domandò lui.
"Perché io ti ho riconosciuto e so cosa facesti quella fatidica notte. Hai capito a cosa mi riferisco, vero? Mi sorprende che non ne hai ancora fatto parola con nessuno del tuo branco, ma se vuoi posso farlo io per te." Soccante era confuso e ora guardava intensamente Licaone, che fece correre lo sguardo su tutti i suoi lupi.
"No non lo farai" ringhiò Licaone "e ora vai via prima che io cambi idea e ti faccia inseguire dai miei lupi, maledetto stregone."
Cleopas aveva un'aria vittoriosa, ma prima di andarsene si rivolse ancora a Soccante:
"Sai cosa mi ha sorpreso più di tutto" gli disse "che laggiù nel pozzo tu potevi chiedermi qualunque cosa, compreso di allontanarti da questi lupi crudeli che ti hanno rapito, ma no, hai preferito chiedermi di aiutare Licaone" il principe non seppe cosa rispondere, ma non ne ebbe il tempo, perché in un attimo Cleopas aveva pronunciato una formula magica e si era volatilizzato.
Licaone ordinò di riprender il cammino e mentre tutto il gruppo si muoveva mettendosi lo stagno magico alle spalle, Soccante lo vide avvicinarsi.
"I tuoi vestiti sono ancora fradici, non pensi che sia meglio fare come noi e toglierli del tutto?" gli domandò.
Soccante si sorprese nel sentirsi rispondere:
"Non lo so, ci penserò."

La lira di ApolloWhere stories live. Discover now