cincuenta y uno

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Atterrare a Madrid fu semplicemente stupendo. La coltre di nubi che dall'alto pareva aver inghiottito la città venne pian piano lacerata dal muso d'acciaio dell'aereo e, per alcuni minuti, guardando fuori dai finestrini i passeggeri non videro altro che la forma bianca e compatta delle nuvole. Poi, finalmente, ecco il cielo, un cielo azzurrissimo, lo sfondo adatto alla magnificenza della capitale spagnola.
Pablo svegliò dolcemente Anita per permetterle di ammirare quello spettacolo, e lei, ancora assonnata, gli prese la mano, intrecciando le proprie dita a quelle del calciatore, reclinando anche il capo in modo da poggiarlo sul petto di lui. Entrambi sorrisero. Erano solamente le dieci di mattina del primo giorno di quello che non sarebbe di certo stato un semplice weekend fuori città.
"Hey, questa stanza è più grande di casa mia!" esclamò Lisa, non appena a lei e all'amica fu mostrata la loro camera.
In effetti, la si sarebbe potuta tranquillamente definire una suite. Un gran letto matrimoniale troneggiava sulla sinistra, sovrastato da uno specchio gigantesco al quale era accostata una lampada che pareva provenire da un'astronave aliena; sulla destra, invece, c'erano un armadio, una scrivania e una coppia di poltrone dall'aria più che comoda, rivolte verso l'ampia vetrata che occupava tutta la parete di fronte alla porta d'entrata. Si trovavano al nono piano e da lì il panorama era letteralmente mozzafiato; inoltre, non esisteva punto della sala dal quale non fosse possibile notarlo.
Lisa e Anita svuotarono le valigie e sistemarono i vestiti nello spazioso armadio, riuscendo a riempirlo solamente per metà, dopodiché scesero nella hall. Da come si presentava, quell'hotel sembrava proprio uno dei più lussuosi della città; d'altronde, non era mica stato scelto per caso dal Barça come alloggio temporaneo per i suoi giocatori. L'arredamento della sala comune era abbastanza distinto: la scrivania della reception si manteneva piuttosto vicino alla porta d'ingresso, mentre al centro dell'ambiente si trovava un bancone da bar di forma circolare, attivo ventiquattr'ore al giorno. Tutt'intorno, diversi divanetti erano stati disposti in maniera elegantemente ordinata, intervallati fra loro da vasi in cui crescevano rigogliose piante delle varietà più disparate. Incantate davanti a quella sorta di grande salotto, le due ragazze non si accorsero dell'imminente arrivo dei calciatori.
"Che guardi?" domandò piano Pablo, cingendo con un abbraccio i fianchi di Anita. "Qualunque cosa ti piaccia, sai che la puoi avere."
"Ah sì?" sobbalzò lei. "Ma a me piaci tu" gli sussurrò poi all'orecchio.
Il ragazzo le rivolse un'occhiata maliziosa e subito dopo la prese per mano, fingendo di non notare gli sguardi divertiti dei suoi compagni di squadra.
"Il principino ha trovato una nuova compagna..." commentò Pedri, dando di gomito a Lewandoski.
"Che ci vuoi fare?" replicò lui. "Voi siete ancora giovani, siete in grado di attrarre la popolazione femminile di mezzo mondo."
"Ma piantala! Ti lagni dalla mattina alla sera affermando di essere vecchio e poi hai uno stuolo di ammiratrici che va da qui a Valencia" lo zittì Araujo ridendo.
"Forza, andiamo" interruppe tutti i discorsi la voce di Xavi. "Non siamo mica qui per pettinare le bambole: il campo in cui ci alleneremo è fuori dal centro, per cui ne approfitteremo per una corsetta in mezzo alle bellezze di Madrid. Per noi vecchi, invece, e anche per le ragazze, sono pronte qui fuori delle biciclette, così avanzeremo tutti assieme. Domande?"
"Sì, io ne ho una" alzò la mano Depay. "Le vostre bici sono elettriche?"
"No, Memphis" rispose paziente l'allenatore. "Qualcuno ha altri dubbi? No? Benissimo! Forza, tutti fuori: l'allenamento è cominciato!"

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora