cuarenta y siete

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"Dov'è, dov'è, dov'è?" mormorò Pablo, cercando di avvicinarsi al tabellone che riportava gli orari di partenza e arrivo dei vari treni.
Il ragazzo maledisse sé stesso per essere giunto in stazione appena dieci minuti in anticipo rispetto al convoglio sul quale viaggiava Anita: non avrebbe mai trovato il binario corretto accanto a cui attenderla prima che lei scendesse dal vagone. Finalmente, riuscì a mettere a fuoco i caratteri luminosi presenti sul grande schermo e… sì, per fortuna il treno proveniente da Barcellona aveva collezionato un buon quarto d'ora di ritardo! Sollevato, Pablo rallentò il passo e, alzatosi in punta di piedi, si guardò intorno alla ricerca del binario 9, verso il quale si diresse dopo quasi mezzo minuto di ricerche.
Una volta arrivato a destinazione, il calciatore si appoggiò a una colonna, assicurandosi di avere gli occhiali da sole ben calcati sul viso, e incrociò le braccia, assumendo un'espressione indecifrabile. Attese diversi minuti, finché il tanto atteso treno non si fermò proprio davanti a lui, e Anita scese, con aria stanca e anche un poco spaesata. Pablo le si accostò in un attimo, rubandole la valigia dalle mani e facendola sobbalzare dalla sorpresa.
"Beh" esclamò lui ridendo. "Te l'avevo detto che sarei venuto, ricordi?"
"Sì, certo" rispose con tono gentile la ragazza. "È solo che ultimamente non siamo andati molto d'accordo… capisci che intendo… per cui pensavo che alla fine avresti cambiato idea."
"Neanche per sogno" decretò Pablo, poi d'improvviso si fermò, si sistemò il bavero della giacca e cambiò radicalmente espressione, fingendo di essersi imbattuto in Anita giusto in quel momento. "Buongiorno, signorina. Lei è appena arrivata a Barcellona, dico bene? Mi permette di reggere il suo bagaglio? Le scale mobili a quest'ora sono disattivate, ma… un attimo, io credo di averla già incontrata… certo! Quest'estate… non che noi due avessimo conversato a lungo, eppure ricordo distintamente i tratti del suo viso… un viso stupendo, per giunta, assolutamente indimenticabile."
"Ma come parli?" gli chiese la ragazza scoppiando a ridere.
"La sto divertendo?" domandò il calciatore, serissimo. "Ottimo! Essere la causa del suo meraviglioso sorriso mi riempie il cuore di gioia e orgoglio… coraggio, mi dica: da che parte si va?"
"Aspetti un minuto, signorino" lo appellò Anita, decidendosi finalmente a reggergli il gioco. "Discorre con me in questa maniera e nemmeno si presenta?"
"Ah, mi scusi" abbassò gli occhi il ragazzo. "Il mio nome è Pablo, e gradirei molto potermi intrattenere con lei dandoci del tu."
"Volentieri" gli fu risposto. "Beh, io mi chiamo Anita e… sì, possiamo darci del tu. Forza, andiamo, non voglio rimanere imbottigliata in mezzo a tutta questa gente."
I due si fecero largo tra la folla e, spingendo e sgomitando, raggiunsero in quattro e quattr'otto l'uscita.
"Dimmi un po', Pablo" riprese il discorso la ragazza, non appena si ritrovarono all'aria aperta. "Di cosa ti occupi nella vita?"
"Io?" domandò di rimando il calciatore. "Oh, io mi dedico a eccellere in un noto gioco di squadra che ogni anno attira milioni di spettatori e all'interno dei cui mercati vengono scambiati milioni di euro. Tu invece?"
"Studio" affermò Anita.
"Interessante" commentò Pablo. "E dopo aver studiato cosa farai di bello?"
"Ehm… proprio non ne ho idea" disse la ragazza, presa involontariamente in contropiede.
"Mh, capisco" annuì comprensivo il calciatore. "Che ne diresti di accantonare i tuoi dubbi per un pomeriggio e venire allo stadio? Ti ho già riservato un posto, anzi due (uno anche per la tua amica), praticamente da vip… Sai, neanche da dove siede solitamente la famiglia reale si avrebbe una visuale migliore."

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora